Qualche volta viaggiando si fanno esperienze che restano per la vita. Ero sull’aliscafo che mi portava ad Ischia per il Convegno diocesano, il mare era molto mosso e tanti, me compresa, hanno cominciato a provare paura e ad agitarsi. Solo un assistente di bordo è restato in piedi ad osservare il mare, imperturbabile. Gli ho chiesto: “Lei è abituato per questo è così tranquillo?”. Lui mi ha risposto: “Signora, quando il mare è così bisogna guardare verso il sole e lasciare la tempesta alle spalle”. È vero quando arrivano i momenti di difficoltà bisogna saper guardare oltre, non fermarsi, certi che la tempesta prima o poi si calmerà e tornerà il sereno nel nostro cuore.

La paura ci fa dubitare e spesso prende il sopravvento sulla speranza. Sembriamo soccombere sotto il peso del male che ci circonda. Ma ha anche un pregio, focalizza l’attenzione sulle cose che contano. Personalmente ho un debole per le lampade. Fossi in me eliminerei tutti i lampadari. Adoro la luce che permette di vedere distintamente i contorni delle cose, che aiuta a focalizzare le cose essenziali. L’amore così fa, non abbaglia così tanto da dimenticare il resto. Non tutto ha la stessa importanza nella vita.

Ci sono gli spazi vitali e le cose futili che possono e devono restare in ombra o in penombra. Quali sono gli spazi vitali? Il perimetro della nostra vocazione, per esempio, il perimetro della nostra famiglia, la dignità del lavoro, la gratuità dell’amicizia, la carità che non aspetta il contraccambio… tutte queste cose se vissute sotto la lampada della preghiera, ci ricordano l’essenzialità della vita.

Arriva un momento nella nostra vita che non abbiamo più bisogno di idee, di concetti, di teorie. L’unica cosa che conta è che Gesù è con te, non sappiamo quale sarà la nostra vita, come andrà quella malattia, quanto ci costerà restare fedele alle nostre promesse, desideri solo che Lui resti con te, che resti con noi. Perché insieme a Lui possiamo staccarci finalmente dal sepolcro, possiamo riprendere la via della fuga e trasformarla nella strada del ritorno, proprio come hanno fatto i discepoli di Emmaus.