È il 1969, un giovane professore di teologia, Joseph Ratzinger, svolge un ciclo di lezioni radiofoniche dall’università di Ratisbona dove si è ritirato dopo l’esperienza di Tubinga. Sono gli anni della contestazione studentesca, dello sbarco sulla Luna, ma anche delle dispute sul grande Concilio Vaticano II da poco concluso. Ebbene in questi cinque discorsi, che sono stati tirati fuori solo dopo la morte di Benedetto XVI, il futuro papa, nell’ultima lezione, letta il giorno di Natale ai microfoni della “Hessian Rundfunk”, pronuncia parole precise circa il futuro dell’uomo e della Chiesa. Parole che sono state definite la “piccola profezia” di Ratzinger.
Il giovane teologo affermava che la Chiesa si trovava ad un punto di svolta e paragonava il momento presente con il tempo di Papa Pio VI, rapito dalle truppe della Repubblica francese e morto in prigionia nel 1799. La Chiesa allora aveva visto crollare molte certezze: i propri beni erano stati confiscati e gli ordini religiosi dissolti. Insomma aveva combattuto contro una forza che voleva estinguerla ad ogni costo. Questa condizione “potrebbe attendere la Chiesa odierna”, secondo Ratzinger, riducendo i preti ad “assistenti sociali” e la propria opera solo come azione politica.
Affermava inoltre: “Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diverrà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare gli edifici che ha costruito in tempi di prosperità. Con il diminuire dei suoi fedeli, perderà anche gran parte dei privilegi sociali”. L’analisi però sfocia in una prospettiva di speranza: “Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell’esperienza e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica”. E ancora: “Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la Sinistra e ora con la Destra. Sarà povera e diventerà la Chiesa degli indigenti”.
Queste parole quasi fanno rabbrividire se si considera l’attuale cotesto storico: “Si deve fare i conti con grandi sommovimenti. Ma io sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico, che è già morto, ma la Chiesa della fede. Certo essa non sarà più la forza sociale dominante nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa. Ma la Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà come la casa dell’uomo, dove trovare vita e speranza oltre la morte. La Chiesa cattolica sopravvivrà nonostante uomini e donne, non necessariamente a causa loro, e comunque abbiamo ancora la nostra parte da fare. Dobbiamo pregare e coltivare la generosità, la negazione di sé, la fedeltà, la devozione sacramentale e una vita centrata in Cristo”.
Le ultime parole suonano quasi come un vademecum di vita spirituale, di vita santa. In un altro passaggio significativo, infatti, Ratzinger dice: “Per dirla in modo più positivo: il futuro della Chiesa, ancora una volta come sempre, verrà rimodellato dai santi, ovvero dagli uomini le cui menti sono più profonde degli slogan del giorno, che vedono più di quello che vedono gli altri, perché la loro vita abbraccia una realtà più ampia”. Facciamo bene dunque a volgere i nostri occhi e il nostro cuore alla testimonianza dei santi non per idolatrarli ma semplicemente per imitarli sulla via della felicità piena.
Il Caffè sospeso...
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Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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