SICUREZZA SUL LAVORO

Il bracciante indiano lasciato morire per salvare l’azienda: gli ultimi che saranno primi

carabinieri

“Il padrone ha preso i nostri telefoni per evitare che si venisse a sapere delle condizioni in cui lavoriamo. Poi ci ha messo sul furgone togliendoci la possibilità anche di chiamare i soccorsi”, racconta Sony, la moglie dell’uomo, che è stato amputato da un macchinario agricolo. Le istituzioni facciano di più per controllare e prevenire queste tragedie.

Pensando alla vicenda del bracciante indiano lasciato morire dal proprietario dell’azienda in cui lavorava in nero, dopo aver perso un braccio, mi è subito venuto in mente il brano del Vangelo in cui Gesù ci assicura che gli ultimi saranno i primi e molti primi saranno ultimi (Mt 20,16).

La fede ci permette di non perdere la speranza, di avere fiducia che la nostra sete di giustizia – soprattutto per questi fratelli meno considerati e abbandonati – sarà saziata (Mt 5,6).

Mentre attendiamo il giorno della mietitura (Mt 13,36-43), però, è sacrosanto mostrare il nostro sdegno davanti ad ogni atto di violenza e di sopruso. È nostro dovere, qui e ora, fare di tutto per dar voce agli oppressi, ai perseguitati, ai poveri.

Ecco perché oggi vogliamo dedicare questo spazio alla storia di Satnam Singh, morto in una stanza dell’ospedale San Camillo di Roma, dopo essere stato abbandonato gravemente ferito – dal suo datore di lavoro, perché le condizioni in cui la vicenda si è svolta era fuori da ogni principio di legalità.

“Il padrone ha preso i nostri telefoni per evitare che si venisse a sapere delle condizioni in cui lavoriamo. Poi ci ha messo sul furgone togliendoci la possibilità anche di chiamare i soccorsi”, racconta Sony, la moglie dell’uomo, che è stato amputato da un macchinario agricolo. È lei è toccato raccontare i dettagli dell’accaduto ai carabinieri di Borgo Podgora, una frazione di Latina.

La donna ha sperato fino all’ultimo in un risveglio miracoloso del suo amato. “Ho solo te, non te ne andare”, queste le parole strazianti che gridano giustizia.

Per il marito non c’è stato nulla da fare perché ha trascorso ben 90 minuti accanto al braccio amputato prima di essere soccorso dall’ambulanza arrivata davanti a casa sua. In ospedale hanno provato a salvarlo per due giorni, ma alla fine, mercoledì 19, la donna ha dovuto chiamare i suoceri dall’altra parte del mondo e dare la triste notizia: “Non ci credo, Satnam è morto, non è possibile. E io che faccio?” 

L’uomo, un trentunenne indiano, si era ferito il 17 giugno lavorando in nero nei campi tra Borgo Santa Maria e Borgo Montello (Latina). Anche la moglie, di 26 anni, era arrivata in Italia tre anni fa con lui ed era sfruttata nella stessa azienda, non aveva neppure il permesso di soggiorno per il lavoro, così come tanti altri “dipendenti” stranieri. 

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Il proprietario dell’azienda, dopo l’incidente avvenuto con un macchinario agricolo, li aveva accompagnati a casa anziché in ospedale: ora è indagato per omicidio colposo, omissione di soccorso e violazione delle norme sulla sicurezza. Lui si è difeso dicendo che era stato “colto dal panico”. E il panico, probabilmente, era dovuto al fatto che sapeva benissimo in che condizioni lavorassero i suoi operai.

Infatti, iniziano a emergere i particolari dello sfruttamento vissuto da queste persone: 12 ore giornaliere di lavoro per 5 euro l’ora, a raccogliere zucche, zucchine e insalata.

“Ho visto l’incidente, ho implorato il padrone di portarlo in ospedale, ma lui doveva salvare la sua azienda agricola. Ha messo davanti a tutto la sua azienda agricola”, sono le parole della moglie.

Il comune di Latina si costituirà parte civile nel processo che vedrà coinvolti i responsabili di questa tragedia, mentre il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, e l’assessore all’Agricoltura, Giancarlo Righini, esprimendo le condoglianze, a nome dell’Amministrazione regionale, alla moglie e ai familiari del bracciante agricolo indiano, hanno annunciato che la stessa Regione si farà carico delle spese funebri e, una volta individuati i responsabili, si costituirà parte civile nel processo a loro carico. “Ribadiamo la nostra ferma condanna per l’accaduto e confermiamo il nostro impegno – hanno sottolineato Rocca e Righini – nella lotta al caporalato e per la sicurezza dei lavoratori di ogni comparto produttivo.”

Anche i sindacati hanno annunciato la mobilitazione, dopo la tragica notizia della scomparsa di Satnam. 

Una prima forma di mobilitazione, annunciata dalla Flai Cgil, c’è stata giovedì mattina, con un presidio in piazza della Libertà a Latina, davanti alla Prefettura. “Quello che è accaduto in questi giorni non può rientrare nella fattispecie di incidente sul lavoro ma dobbiamo avere il coraggio di chiamarlo con il proprio nome: un vero e proprio omicidio di un giovane lavoratore abbandonato al proprio destino. – ha esordito il segretario generale provinciale della Cisl Roberto Cecere – Ci colpisce l’efferatezza del mancato soccorso che poteva salvare la vita di Satnam Singh. […]. È evidente che occorre urgentemente un piano strategico concreto ed efficace da parte di tutte le istituzioni, occorrono più risorse economiche ma soprattutto umane per un controllo capillare sul territorio, affinché si garantisca il rispetto delle norme relative alla sicurezza e alla qualità del lavoro”. 

La Cisl sarà al fianco della comunità indiana del Lazio nell’attesa manifestazione giù fissata per il 25 giugno 2024 davanti la Prefettura di Latina: “Chiederemo un intervento immediato non solo per far luce sulla triste vicenda ma soprattutto per scendere in campo finalmente con azioni concrete ed efficaci.”“Profondo dolore e sgomento per la tragica scomparsa” del giovane bracciante indiano di 31 anni sono stati manifestati dal sottosegretario al ministero dell’Economia, Sandra Savino: “È inaccettabile che, in un contesto di emergenza, a Satnam Singh non sia stato garantito il soccorso immediato e adeguato, ma sia stato scaricato fuori dalla sua abitazione, privato della dignità che ogni essere umano merita”.




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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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