Adozione

“Dammi la mano Didi”: un toccante romanzo sull’esperienza dell’adozione

affido familiare

Una mamma adottiva si racconta: “Una donna sente di voler essere madre, poi è Dio che la mette sulla strada verso suo figlio. Per alcune donne è la gravidanza questa strada, per altre è l’adozione. Non si tratta di un piano B, ma di una vera e propria chiamata vocazionale. Maternità e adozione per me non sono due mondi: maternità è il mondo, adozione è la strada per arrivarci”.

L’adozione è una vera e propria chiamata vocazionale. “Dammi la mano Didi” (Editore Progedit, costo 18 euro) è un libro di “speranza”: racconta di un uomo e una donna e di una bambina che diventa loro figlia attraverso l’adozione. Questo è il primo romanzo di Michela Napoli, docente di storia dell’arte. Le abbiamo chiesto di raccontarci meglio la stupenda e travagliata storia d’amore di cui parla.

Michela, ho letto il tuo libro ed è stato una meravigliosa scoperta. Vorrei parlarne un po’ con te e partirei chiedendoti cosa ti ha spinta a scriverlo. È la tua prima pubblicazione, hai raccontato la storia di un’adozione ed immagino che questo tema ti coinvolga da vicino. Di cosa parla “Dammi la mano Didi”? La scelta del titolo che significato ha per te? 

“Dammi la mano, Didi” potremmo definirlo un romanzo di formazione. Uno di quelli che racconta un cambiamento. È la storia di come una donna cambia diventando mamma, di come un uomo diventa papà e di come una bambina diventa figlia, attraverso l’adozione. È basato sulla mia esperienza familiare, ma avrai certamente notato che non ne parlo in prima persona. Questo perché la mia è una storia che può essere tua, o di chiunque altro, a prescindere dal fatto di essere stati toccati o meno dall’adozione. Perché, in realtà, è una storia d’amore, in cui tutti possiamo riconoscerci. Perché l’adozione è questo: una grande, stupenda e travagliata storia d’amore. Il titolo ha un significato importante e simbolico, che è il nocciolo del libro. Rimanda alla consapevolezza cui finalmente la protagonista giunge al termine del viaggio verso sua figlia. Si collega ai temi dell’accogliersi vicendevolmente, del fidarsi, del potenziarsi l’un l’altro, di cui questa storia è impastata. Lascia, inoltre, aperto un varco sul futuro di questa famiglia, che continua a camminare lungo i sentieri della vita verso nuove rotte, nuove disponibilità.

 Quanto c’è della tua vita in questo libro? 

C’è tanta mia vita in questo libro. È un libro nato inizialmente solo come un album di ricordi da tramandare a mia figlia. Poi, pian piano, questo memoriale ha iniziato a fare di testa sua, è divenuto un libro ed ora eccoci qui. Del resto, scrivo da quando ero bambina di tutto ciò che mi ha “toccato la pelle”, non saprei spiegarlo meglio. Sì, abbiamo avuto questa enorme opportunità di vivere, di pensare e provare emozioni. Non me la sentirei di lasciarle scivolare via da me senza aver almeno provato a lasciarne traccia, a comunicarle, perché anche fra cento anni, magari, qualcuno potrebbe riconoscersi in quelle emozioni e chissà, esser meno solo. 

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Maternità e adozione: che legame c’è tra questi due difficili e meravigliosi mondi? Come l’uno accoglie e modella l’altro e viceversa? 

C’è una letteratura immensa sull’argomento e davvero non sarei in grado di sintetizzarla in poche parole. Però posso darti la mia esperienza: una donna sente di voler essere madre, di mettere la sua vita a disposizione di questa vocazione, e poi è Dio, con vari segnali e avvenimenti, che la mette sulla strada verso suo figlio. Per alcune donne è la gravidanza questa strada, per altre è l’adozione. Non si tratta di un “piano B”, ma di una vera e propria chiamata vocazionale. Maternità e adozione per me non sono due mondi: maternità è il mondo, adozione è la strada per arrivarci. Quando ci si incontra non si è “genitori adottivi” e “figli adottati”, ma solo genitori e figli. L’esperienza adottiva non può identificarci, perché quello che sperimentiamo ogni giorno è un amore materno e filiale integro e autentico. Nella mia esperienza, attraverso l’adozione sono divenuta mamma e, come si legge nel libro, questo ha comportato una vera e propria rivoluzione esistenziale, perché la maternità cambia gli obiettivi, gli sguardi, smussa gli angoli e mette davanti i propri limiti. Pensi di avere la responsabilità della crescita dei tuoi figli, e invece si cresce insieme, si impara insieme, senza manuale di istruzioni.

Quale messaggio vuoi trasmettere con il tuo libro? 

Il mio editore, che ringrazio profondamente per aver creduto in queste pagine, descrive il mio libro come un libro “di speranza”: credo sia questo il messaggio principale, che prescinde dall’esperienza personale di adozione. Però mi piacerebbe tanto se il mio racconto, goccia nel mare, possa contribuire a far crescere una “cultura dell’adozione” di cui il mondo ha tanto bisogno per evitare incomprensioni e abbattere pregiudizi e luoghi comuni. Ti faccio un esempio: mi sento spesso dire “che bravi, che buona azione avete fatto salvando questo bambino dal suo destino”. Ecco, questi sono i pregiudizi che vorrei abbattere, perché questa storia dimostra che l’adozione non è una buona azione, ma il miracolo di due desideri che si incontrano: quello di un bambino di essere figlio e quello di una coppia di essere genitori. 

Prima hai detto che è Dio a mettere i genitori sulla strada verso i loro figli. Qual è il rapporto con Lui nella tua vita e in che modo ha accompagnato te e tuo marito durante il percorso lungo e avventuroso dell’adozione? 

Mi fido di Dio. Sento che mi vuole bene. Mi impegno per capire dove voglia portarmi e quali siano i suoi segnali. Mi lascio condurre e ho imparato a far tesoro di tutte le esperienze, anche quelle di sofferenza. Ho ricevuto un’educazione cristiana e ho scelto, da grande, di vivere insieme a mio marito questo rapporto “da vicino” con Dio. La strada verso nostra figlia ce l’ha mostrata Lui, tortuosa e piena di probabilità e imprevisti come il Monopoli. Credo però che sia stata proprio la fede, il fidarci di Lui a non farci mai mollare durante l’attesa, a non farci perdere mai la speranza. E così, dalla nostra diagnosi di sterilità, e dalla ferita d’abbandono di nostra figlia, eventi di grande sofferenza che sembravano definitivi, è scaturita una storia d’amore filiale che più bella non avrei saputo immaginarla.




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Angela De Tullio

Angela De Tullio, nata a Bari il 25 aprile 1985, è sposata e madre di tre ragazzi. Da vent’anni è impiegata nella grande distribuzione. A 36 anni nel tentativo di non soccombere alla vita in casa con quattro uomini che ama alla follia, ha deciso di dare concretezza alla sua grande passione: la scrittura. Ha pubblicato due libri: “Nuvola, perdersi per poi ritrovarsi” edito da Florestano Edizioni e “Vite al di là” edito da Nep Edizioni. Tramite delle storie accarezza tematiche che le stanno a cuore. È inoltre un’artigiana del macramè, l’arte di annodare. Insieme alla scrittura, sono passioni che diventano un balsamo nella frenesia delle giornate.

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