È bastata una frase di Papa Francesco per scatenare un putiferio mediatico e scoperchiare il vaso di Pandora dell’ipocrisia imperante. Perché, parliamoci chiaro, non interessano a nessuno veramente le persone con attrazione verso lo stesso sesso, come non interessano a nessuno i seminaristi che si preparano al sacerdozio e sono una ricchezza immensa per tutta la Chiesa.
A chi impugna la spada del giudizio, a volte anche con il garbo e la finta eleganza dell’intellettuale di turno, interessa solo sfoggiare e utilizzare questi momenti per fare propaganda ideologica. Della dignità delle persone – di tutti – solo la Chiesa si è sempre occupata nei secoli. E con una grande libertà, chiamando le cose per nome e non avendo paura di farlo. Poiché a me interessa poco di quello che il mondo fa o dice per gonfiare il proprio ego, prendo l’occasione dell’uragano che ha investito il nostro Papa, per proporre una riflessione alla comunità ecclesiale: a noi i seminaristi interessano davvero?
Ci preoccupiamo di pregare per loro? Riconosciamo che un’attenta e doverosa educazione all’affettività e alla sessualità sia indispensabile per la loro formazione? Diamo loro gli strumenti per stare nel mondo non da eroi senza cuore e senza sentimenti ma al contrario da uomini così profondamente empatici, così intimamente consapevoli delle proprie fragilità e delle tentazioni che possono incontrare, da imparare ad aggrapparsi a Dio solo? Quale amicizia offriamo loro? Quanta preghiera innalziamo per loro?
“Divino Gesù, ascolta la preghiera che ti rivolgo per chi vuole essere tuo Missionario: custodiscilo in mezzo ai pericoli del mondo; fagli sentire sempre più il niente e la vanità delle cose passeggere e la felicità di saperle disprezzare per tuo amore. Il suo sublime apostolato si eserciti già su coloro che lo circondano, che egli sia un apostolo, degno del tuo Sacro Cuore… O Maria dolce Regina del Carmelo, a te affido l’anima del futuro Sacerdote, di cui sono l’indegna piccola sorella. Degnati di insegnargli fin d’ora con quale amore tu toccavi il Divino Gesù Bambino e lo avvolgevi in fasce, affinché egli un giorno possa salire il Santo Altare e portare nelle sue mani il Re dei Cieli”.
È santa Teresa di Gesù Bambino a scrivere questa preghiera per il seminarista Maurizio Bellière che le era stato affidato da Madre Agnese. Innanzitutto, in questa preghiera c’è tutta la bellezza e la dolcezza della donna, vocata strutturalmente a farsi dono per gli altri: “con gioia ti offro per essa [la santificazione di un’anima chiamata al Sacerdozio] tutte le preghiere e i sacrifici di cui posso disporre”. Teresa sa da subito che quella che le è stata affidata è una vera e propria missione, un lavoro cui dedicarsi attraverso la preghiera e i sacrifici.
Un lavoro che continuerà anche dopo la sua morte, tanto che nelle ultime lettere a Bellière scriverà: “Non conosco l’avvenire; tuttavia se Gesù realizzerà i miei presentimenti, le prometto di restare anche Lassù la sua piccola sorella. La nostra unione, invece di esser spezzata, diventerà allora più intima, non ci sarà più clausura, non ci saranno più grate e la mia anima potrà volare con lei nelle missioni lontane. I nostri ruoli resteranno gli stessi: a lei le armi apostoliche, a me la preghiera e l’amore…” (LT 220). Già si vede, novella Giovanna D’Arco, in preghiera nel Carmelo a supplicare Gesù di dare vittoria al fratello che combatte per conquistare a Lui i cuori: “l’anima alla quale ti degni unirmi con i dolci vincoli della carità andrà a combattere nella pianura per conquistarti dei cuori, e io, sulla montagna del Carmelo, ti supplicherò di dargli la vittoria”.
E infine si rivolge alla Madre celeste perché fin da subito insegni al seminarista la dolcezza e l’amore con cui un giorno da sacerdote toccherà tra le sue mani il “Re dei cieli” nell’Eucaristia, allo stesso modo di come la Vergine avvolgeva dolcemente tra le fasce il suo piccolo Gesù. Quanta delicatezza nelle parole della piccola santa carmelitana e di quanto amore si sarà ricolmata l’anima del seminarista Bellière leggendole.
Di queste amicizie spirituali, belle, semplici orientate a Dio oggi ne avremmo certamente bisogno per quanti vivono il tempo del discernimento spirituale. Bellière era animato dal santo proposito di custodire la vocazione ricevuta, forse perché si sentiva ancora molto fragile e indegno rispetto alla chiamata a diventare missionario. Santa Teresa vedeva in questa adozione spirituale invece realizzare in pienezza il sogno di avere un fratello sacerdote e di consumarsi per la santificazione dei presbiteri.
Certamente non possiamo pretendere di dispensare lettere e consigli al pari di Teresa ma possiamo e dobbiamo accompagnare il cammino di quanti si preparano al Sacramento dell’Ordine sentendo la responsabilità di pregare per loro in un tempo storico che non aiuta certamente a scegliere la strada del sacerdozio. Potremmo adottare spiritualmente o concretamente (nel senso di sostenerlo negli studi per esempio…) un seminarista, impegnarci a pregare per lui e offrire dei piccoli sacrifici a Dio. I tempi sono cambiati è vero ma il sogno di una Chiesa dove ognuno si prende cura dell’altro e custodisce la vocazione dell’altro è sempre attuale e comporta l’impegno di tutti.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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