Il Vangelo letto in famiglia

Lo Spirito, il fulcro della vita cristiana

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 15,26-27;16,12-15

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

IL COMMENTO

di don Gianluca Coppola

Siamo giunti alla domenica di Pentecoste, alla Pasqua dello Spirito Santo.

Oggi, forse più di ogni altro giorno, dobbiamo avvicinarci all’Eucarestia con la voglia e il desiderio di chi incontra, ancora una volta, il senso della propria esistenza, la persona più cara della propria vita: Gesù di Nazareth. Il cristiano non è colui che compie gesti vuoti o fa qualcosa solo perché si sente costretto a farla. Un cristiano è colui che va incontro a una Persona, con la P maiuscola, che si propone come senso della vita: «Io sono la Via, la Verità e la Vita», e questo non vale soltanto per i preti o le suore, ma vale anche per le persone sposate, per i consacrati, per tutti. Siamo cristiani perché è in Gesù di Nazareth, reso presente dallo Spirito Santo, che abbiamo trovato il senso della nostra esistenza, perché abbiamo capito che senza Gesù, senza Colui che indica la via giusta, la nostra vita sarebbe priva di significato. Potremmo anche condurre una vita equilibrata, potremmo anche ottenere numerose soddisfazioni, ma l’esistenza umana si rivela insensata se vissuta senza la guida di Cristo.

Oggi celebriamo Colui (perché è una Persona, non una cosa) che rende presente proprio quel Gesù che dà senso alla nostra vita: nel Battesimo è lo Spirito Santo che ci rende cristiani e ci dona il sigillo della salvezza; nella Cresima, lo Spirito Santo ci conferma; nell’Eucarestia, è sempre lo Spirito Santo che, attraverso le mani del sacerdote, viene e trasforma il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Cristo; nella Confessione, è lo Spirito Santo che perdona i peccati attraverso l’assoluzione sacerdotale; nel Matrimonio è ancora una volta lo Spirito Santo che fa dei due, nella promessa matrimoniale, un’unica carne e un unico corpo, e infine, nell’Ordinazione Sacerdotale, è lo Spirito Santo che fa di un uomo un altro Cristo. Dunque lo Spirito Santo, costante presenza nella Chiesa, rende possibile la vita cristiana, come conferma San Paolo dicendo: «Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare» (Romani 8). È lo Spirito stesso che prega in noi e fa dire ai nostri cuori che Gesù è il Signore.

Di conseguenza, se riconosciamo che Gesù è il Signore, allora accettiamo che la nostra vita sia sottomessa alla Signoria di Cristo. Spesso fuggiamo dinanzi al concetto di sottomissione, ma nel caso di Cristo, più accettiamo di essere a Lui sottomessi e Lui più ci innalza. Di contro, se ciò non avviene, è automatico che ci sottometteremo ad altre potenze del mondo, perché nessuno è in grado di vivere senza padroni. Scegliamolo bene, questo padrone, perché se è di questo mondo, saremo schiavi, ma se il nostro padrone è Cristo, allora saremo veramente liberi, perché Lui non vuole altro che la nostra libertà, la nostra gioia, la nostra felicità.

Eppure, nonostante lo Spirito sia il fulcro della vita cristiana, spesso non gli conferiamo la giusta importanza. Innanzi tutto, lo Spirito è Persona Divina, insieme al Padre e al Figlio, e dunque non è una cosa. Già nelle iconografie, non gli rendiamo giustizia. Tradizionalmente, la rappresentazione iconografica di Dio Padre mostra un Uomo anziano, distinto, bellissimo, con dei tratti somatici molto simili ai nostri, perché tendiamo a occidentalizzare tutto, persino Dio. Gesù appare ancora più bello, raffigurato con la barba folta, ben curata, i capelli lisci e gli occhi azzurri, addirittura con un fisico muscoloso e allenato. Ma, in realtà, si tratta di un uomo mediorientale, così come mediorientale è la nostra religione: chi si reca in Terra Santa conosce le radici del Cristianesimo e osserva con i propri occhi come esse siano lontane dal mondo occidentale. Dunque, risulta facile rendersi conto che Gesù non doveva apparire così, soprattutto fisicamente.

Non soltanto, quindi, abbiamo sostituito i tratti mediorientali con i nostri tratti tipici, rappresentando Dio Padre e Gesù come due bellissimi uomini occidentali, ma siamo anche caduti nell’errore di raffigurare lo Spirito Santo in modo scorretto: Egli è solitamente rappresentato come una piccola colomba, come una fiammella o come il vento che soffia. Abbiamo trasformato, e dunque confuso, questa Persona Divina, potentissima, che rappresenta l’amore che lega il Padre e il Figlio e che lega noi al Padre, con un elemento della natura. Questo, in modo particolare oggi, è ancora più rischioso, perché viviamo in un’epoca di neo-paganesimo, un’epoca in cui la natura diventa una divinità: spesso sento molti cristiani parlare di “Madre Natura”. Confondere lo Spirito Santo con un elemento della natura è dunque azzardato, perché si rischia di trasformarlo in una divinità pagana. Invece Egli è l’Unico Dio, insieme al Padre e al Figlio.

Nonostante ciò, lo Spirito viene sempre più dimenticato e non gli si conferisce la giusta rilevanza. Già nella Genesi, nella Creazione, lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque, ed era dunque presente fin da quel momento. Quando, nel primo capitolo del Vangelo di Luca, la Vergine Maria chiede spiegazioni all’angelo, questi le risponde: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo». Ancora, sotto la croce, Gesù spirò e consegnò lo Spirito. Ci sono tante Pentecosti, ma in modo particolare lo Spirito viene ad annunciare che c’è una Pentecoste per ciascuno di noi. Viene ad affermare che dobbiamo lasciarci trasformare in persone nuove, viene a dire a ognuno di noi che, se non ci lasciamo plasmare dallo stesso Spirito, non capiremo mai che il senso della nostra vita è proprio Gesù di Nazareth.

Gli Apostoli, il giorno di Pentecoste, erano chiusi nel cenacolo per paura dei Giudei. Allo stesso modo, spesso anche noi siamo chiusi nei nostri timori, nelle nostre paure, ma lo Spirito viene a tirarci fuori da quei cenacoli di paura per donarci una vita nuova, una vita nello Spirito. Il Cardinale Léon-Joseph Suenens, arcivescovo belga e Padre Conciliare, anni fa sostenne che la Chiesa, se non si presenta come Chiesa dei carismi, inevitabilmente morirà, sottolineando come una Chiesa che non vive della potenza dello Spirito è destinata a scomparire. Se continuiamo ad essere cristiani non pentecostali, cristiani non mossi dalla Potenza dello Spirito, non persuasi del fatto che Gesù è vivo e agisce nella nostra vita, allora la nostra fede è nulla. Il filosofo Heidegger sosteneva, con una similitudine significativa, che gli uomini di Chiesa sono paragonabili a dei pagliacci che corrono per le strade, gridando che il circo sta andando a fuoco. Un’immagine forte, soprattutto perché detta da un cattolico. Ovviamente, poiché sono dei pagliacci, poiché indossano abiti bizzarri e trucchi stravaganti, nessuno presta loro ascolto. Una Chiesa che non vive dello Spirito, che vuole andare avanti con preghiere sterili, con conferenze e incontri infruttuosi, teologie intransigenti, è una Chiesa che è destinata a fare la fine di quei pagliacci, una Chiesa che va a fuoco, ma a cui nessuno crede, perché i nostri abiti da pagliaccio non trovano corrispondenza in scelte di vita serie e coerenti, non annunciano il Vangelo di Gesù Cristo, non testimoniano una vita vissuta realmente nella Parola. Lo Spirito viene per risvegliarci, per porre fine alla nostra apatia e tepidezza, al nostro essere cristiani soltanto in Chiesa, e ci esorta a vivere di carismi.

La verità è che spesso utilizziamo l’aggettivo “carismatico” in modo inopportuno, perché tendiamo ad associare questa parola con i doni mistici di qualche santo, o addirittura con la magia. E non è vero che soltanto noi preti siamo carismatici, perché la Chiesa lo è, ma soprattutto perché il Battesimo e la Cresima ci donano i carismi. Siamo chiamati a vivere questi carismi, e ciò si realizza soltanto tornando alla Parola di Dio, in modo serio e deciso. Se non ripartiamo dal Vangelo, saremo proprio come quei pagliacci che gridano per le strade, a cui però nessuno crede. Dunque, a partire da oggi, dobbiamo prendere la ferma decisione di orientare la nostra vita in base alla Parola di Dio. I primi a farlo dobbiamo essere proprio noi, noi che facciamo un cammino di fede, perché siamo quelli che più spesso dimostrano di essere arcigni e meschini, quelli che sui social diffondono le notizie più insulse, quelli che nel modo di parlare, agire, pregare, non attirano né ispirano nessuno, quelli che vivono in una sterilità impressionante. Lo Spirito viene a dirci di tornare alla Parola, e se noi ripartissimo da lì, allora non basterebbero i posti in nessuna parrocchia, sarebbe necessario celebrare le Messe nelle strade.

Ripartiamo dalla Parola, onoriamo la Pentecoste, prendiamo la solenne decisione di meditare il Vangelo ogni giorno, con fedeltà quotidiana. Gesù dice, infatti: «Chi è fedele nel poco sarà fedele anche nel molto», ed è così. Se vuoi uscire dalla tua timidezza, se vuoi affrancarti dalla tua paura, dal tuo dolore, dalla tua prigione mentale, allora devi scegliere il cambiamento. Se oggi, in questa Pentecoste decidiamo di vivere della Parola di Dio, allora tutta la nostra vita sarà mossa dal vento dello Spirito Santo. È come andare in barca a vela: il mare è insidioso, il vento cambia spesso. Ma se impariamo a seguire il vento dello Spirito Santo, nessuna tempesta potrà farci del male. E allora, impariamo a orientare la vela in modo da seguire il vento dello Spirito. Questi soffia dove vuole, va dove vuole e così accade nella nostra vita: impariamo a muovere la vela facendo nostra la Parola di Dio. Quando la nostra esistenza è orientata sulla Parola di Dio, la nave segue le correnti dello Spirito. Solo allora tutti vorranno salire sulla nostra barca, perché è salda e sicura. È ciò che vi auguro in questa Pasqua dello Spirito: prendere la ferma decisione di orientare la vita sul Vangelo, ogni giorno. Tutte le mattine, leggiamo il Vangelo e chiediamoci cosa ci sta dicendo Gesù, quale direzione lo Spirito ci sta indicando: soltanto allora avremo la certezza di star vivendo giorni degni di essere vissuti.




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Gianluca Coppola

Gianluca Coppola (1982) è presbitero della Diocesi di Napoli. Ha la passione per i giovani e l’evangelizzazione. È stato ordinato sacerdote il 29 aprile 2012 dopo aver conseguito il baccellierato in Sacra Teologia nel giugno del 2011. Dopo il primo incarico da vicario parrocchiale nella Chiesa di Maria Santissima della Salute in Portici (NA), è attualmente parroco dell’Immacolata Concezione in Portici. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato Dalla sopravvivenza alla vita. Lettere di un prete ai giovani sulle domande essenziali (2019) e Sono venuto a portare il fuoco sulla terra (2020).

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