La Bibbia per i piccoli: parliamo loro di Giuseppe, di come vincere gelosia e invidia

Avvento - pregare con i genitori

(Foto: mnoa357 - Shutterstock.com)

di Angela De Tullio

Abbiamo attraversato il mare in tempesta ma ci sentivamo al sicuro, nell’arca con Noè e la sua famiglia, certi che avremmo visto sorgere un meraviglioso arcobaleno. Oggi parliamo di Giuseppe, “figlio preferito di Giacobbe”, nella vita del quale Dio, provvidenzialmente, ha compiuto meraviglie proprio attraverso lo scarto da parte dei fratelli… Insegniamo ai figli che questo accade per tutti coloro che si affidano a Dio! 

Fidarsi di Dio e della storia che sta facendo con ciascuno di noi ci dà la certezza di non essere soli, di avere un Padre che ci ama e che ha mandato suo figlio sulla terra per noi, per la nostra salvezza. Ed è così che ci troviamo di fronte ad un altro padre, Giacobbe, padre di Giuseppe, undicesimo figlio venduto ai mercanti dai suoi fratelli per gelosia.

Giuseppe era l’ultimo e a detta dei suoi fratelli, il “preferito” di Giacobbe. In realtà Giacobbe gli voleva particolarmente bene perché era “il figlio della vecchiaia”, lo proteggeva, era il più piccolo, gli regala addirittura una veste bellissima, la stessa veste che i suoi fratelli decideranno di mostrare a Giacobbe sporca di sangue, dopo aver venduto Giuseppe ai mercanti, fingendo che fosse stato ammazzato da una bestia feroce. 

La gelosia era aumentata quando Giuseppe aveva raccontato di aver fatto un sogno in cui tutti loro, incluso il padre, si inchinavano a lui. Come non comprendere la reazione dei fratelli di fronte a questo sogno? Avranno pensato: “Ma chi si crede di essere!”

Ogni volta che ho letto o ascoltato questa storia però mi sono detta: “Che reazione esagerata e cattiva, decidere di venderlo, assurdo!”, scandalizzandomi del loro comportamento. È molto facile scandalizzarsi per il comportamento degli altri, siamo molto più obiettivi sulle situazioni che non ci riguardano

In realtà, quante volte ci è capitato di essere gelosi di qualcuno? Anche in famiglia, tra fratelli, quante volte si dice ai propri genitori, forse scherzando o magari no: “Ammettilo, lui è il tuo figlio preferito!” (alzi la mano chi non l’ha mai pensato). 

Bene, i fratelli di Giuseppe sono andati oltre, hanno dato concretezza ai loro pensieri più bui, mentendo al padre coscienti del dolore immenso che gli avrebbero causato. 

Nulla li ha fermati! 

È una storia molto dura, come tutte le storie del vecchio testamento della Bibbia. Non dobbiamo però perdere di vista quello che le stesse possono trasmetterci. La gelosia è un sentimento umano, a volte riusciamo a contenerla, a volte acceca.

È importante avere il controllo su questo sentimento, ridurlo, chiedere a Dio di farci vedere le cose sotto una prospettiva diversa

Di certo, come abbiamo più volte detto, i figli stanno a guardarci ma soprattutto ci ascoltano. Prestiamo attenzione a come parliamo degli altri quando siamo arrabbiati o gelosi in presenza dei nostri figli perché poi non accada il famoso “predicare bene e razzolare male” che ci fa perdere di credibilità ai loro occhi. 

Dobbiamo insegnare loro ad accettare i sentimenti negativi, ridimensionandoli. “Ma mio fratello mi prende in giro, starei meglio se fossi figlio unico”, “Ma a lui avete regalato questo e a me no!”. C’è un bisogno di unicità in ognuno di noi, è normale, perciò servono rassicurazioni, spiegazioni e pazienza perché non si arrivi ad un sentimento di esasperazione, sono pensieri che, se accolti e metabolizzati, poi passano. 

Qui parliamo dei fratelli, ma è un discorso che si potrebbe allargare moltissimo. Detto questo, torniamo alla storia di Giuseppe per mostrare come Dio tragga il bene dal male e si serva anche delle cose negative per compiere una storia di salvezza. 

Chissà che sconforto avrà vissuto Giuseppe, venduto dai suoi fratelli di carne, senza poter immaginare cosa gli avrebbe riservato il futuro. È stato strappato via dal suo mondo e per anni non ha saputo nulla della sua famiglia.

Tuttavia, aveva ancora una cosa che nessuno avrebbe potuto togliergli: la fede.

Dio gli è stato guida in tutti gli anni successivi. Non ha ceduto a Potifar, moglie del faraone, quando ha cercato di sedurlo. È finito in carcere, anche lì avrebbe potuto ribellarsi a Dio dicendo: “Perché mi fai questo? Perché mi hai abbandonato?” Invece, proprio lì in carcere, mostrerà di saper interpretare i sogni. 

Questo gli permetterà di interpretare il sogno del faraone sui sette anni di abbondanza in cui bisognerà fare provviste, a cui seguiranno sette anni di carestia. 

Giuseppe saggio e giudizioso com’è, diventa il primo ministro dell’Egitto, dopo anni di ingiustizie subite e di umiliazioni. Passano altri vent’anni da quel momento, avrebbe potuto incattivirsi nel frattempo, desiderare la vendetta e forse per qualche istante l’ha desiderata seriamente. Invece, cosa fa quando si ritrova davanti i suoi fratelli? Non li perdona immediatamente, per nessuno sarebbe semplice farlo. Loro non lo riconoscono e lui decide di metterli alla prova. 

Leggi anche: Trasmettere la fede ai figli: come parlare loro della Creazione? (puntofamiglia.net)

Dopo varie vicissitudini, comunica loro che tratterrà con lui come schiavo il fratello più piccolo, Beniamino (nato durante la sua assenza). Si tratta del momento chiave di tutto il racconto perché Giuda, uno dei fratelli più grandi chiede a Giuseppe di prendere lui come schiavo al posto di Beniamino in quanto non potrebbe dare questo ennesimo dolore a suo padre.

È a questo punto che Giuseppe realizza che i suoi fratelli hanno compreso i loro errori, si rivela a loro convincendoli a scendere con tutta la famiglia in Egitto. Potrà riabbracciare suo padre Giacobbe e riconciliarsi con i fratelli e con la sua storia.

Il perdono segna una rinascita, sempre. Se i fratelli non l’avessero venduto, non sarebbe arrivato in Egitto e non sarebbe stato in grado di salvare prima l’Egitto, poi la sua famiglia dalla carestia. Tutto è stato “provvidenziale” anche se per nulla semplice da vivere. Pensiamo alle nostre vite, quante vicende che ci accadono nell’immediato non capiamo? Quante ne abbiamo superate e ci hanno resi più forti o ci hanno aperto strade diverse? Sicuramente abbiamo molti memoriali nella nostra vita. Forti di essi possiamo aiutare anche i nostri figli ad entrare nelle sofferenze, ad attraversarle e comprenderle. Io da madre, umanamente vorrei evitarle tutte, ovvio, ma non è in questo modo che li aiuterei nella loro crescita. Perciò, mi unisco a mio marito, nella nostra debolezza ci aiutiamo a vicenda e chiediamo a Dio di esserci guida ogni giorno, di illuminare le nostre scelte, soprattutto quelle che riguardano i nostri figli.




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