SPOT BLASFEMO

Spot di patatine offende l’Eucaristia: censura dall’Istituto di autodisciplina pubblicitaria

telecomando

Una nota azienda che produce patatine ha pensato di creare uno spot pubblicitario blasfemo, dove un prete offre patatine al posto delle ostie consacrate. Come era prevedibile, si sono generate polemiche, che, purtroppo, hanno contribuito a rendere il marchio ancora più noto e visibile. Era impossibile e ingiusto, tuttavia, non protestare. La pubblicità, dopo varie segnalazioni, è stata rimossa.

Ha generato scalpore la pubblicità di una nota marca di patatine che ha paragonato l’Eucaristia a delle semplici patatine. È importante, a livello educativo, che i giovani sappiano che esiste un confine tra libertà di espressione e offesa o vilipendio.

Peri i cristiani, Gesù è realmente presente in corpo e anima nel Santissimo Sacramento: a prescindere dal fatto che si creda o meno in questa realtà, è fuori da ogni dubbio che con un simile spot si offendendo tutti i credenti cattolici che su quel dono d’amore hanno fondato la loro vita.

Ecco perché la pubblicità ha suscitato varie iniziative di boicottaggio e, dopo numerosissime segnalazioni, la versione giudicata blasfema è stata censurata dall’Istituto di autodisciplina pubblicitaria.

La pubblicità incriminata comincia mostrando delle suore novizie intente a ricevere la comunione. In sottofondo, l’Ave Maria di Schubert. Quando la prima riceve l’eucaristia dal prete subito sgrana gli occhi e in lontananza si vede una suora più anziana, all’interno della sagrestia, mentre mangia un pacchetto di patatine. Una voce fuori campo chiude lo spot con il nome della marca di patatine e in aggiunta la frase “il divino quotidiano”. 

Molti tra parroci e rettori hanno fatto ritirare il prodotto dalle loro macchine di distribuzione automatica. “A volte servono anche questi piccoli gesti per dimostrare il nostro disappunto”, ha scritto don Andrea Cattaneo, il sacerdote a capo della scuola varesina, la prima che ha ritirato il marchio.

Un altro prete, don Natalino Bonazza, parroco a Mestre, in provincia di Venezia, sulla sua pagina Facebook aveva invitato al boicottaggio: “Non comprate nulla di quest’azienda! Che la paghino cara”, ha scritto il sacerdote, ricevendo commenti di appoggio ma anche dubbiosi sull’utilità di fare ulteriore pubblicità all’azienda.

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“L’azienda capisce solo il linguaggio del profitto – sostiene Bonazza rispondendo ai commenti – e lì va colpita: nessuno compri nulla, e se al bar vi presentano patatine o affini di quella azienda, rifiutateli. Boicottare l’azienda rifiutando ogni suo prodotto: questo capiscono, è il loro ‘divino quotidiano’”.

Dopo le segnalazioni ricevute, l’Istituto di autodisciplina pubblicitaria “ha ingiunto le parti coinvolte di desistere dalla diffusione di tale campagna ritenendola in contrasto con l’art. 10, quello sulle ‘Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona’ del Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale”,  secondo il quale “la comunicazione commerciale non deve offendere le convinzioni morali, civili e religiose”.

Per una volta, la voce dei cristiani non è rimasta inascoltata. Per gli autori e i partecipanti di tali atti sacrileghi, invece, non resta che pregare e chiedere per loro il perdono. D’altronde, il sacrificio della Messa che loro hanno deriso rende sempre attuale il perdono dei peccati operato sulla Croce, da dove Gesù disse, con le sue ultime forse: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”




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