GIOVANNI PAOLO II
San Giovanni Paolo II, prima di celebrare Messa andava davanti all’altare e pregava a lungo
Ricordiamo oggi la morte di un uomo diventato Papa al quale noi dobbiamo dire grazie per tutto ciò che ci ha insegnato. A servire la vita e la famiglia innanzitutto ma anche ad amare la Vergine come Madre premurosa e la Chiesa come maestra e luce per i nostri passi. Quest’anno celebriamo dieci anni dalla sua canonizzazione e vogliamo ricordarlo come redazione di Punto Famiglia con una serie di articoli, interviste e ricordi degli anni del suo splendente sacerdozio sfociato poi nel pontificato. Oggi lo facciamo attraverso le parole di due amiche di san Giovanni Paolo II che ho intervistato nel 2010: Danuta e Maria.
Nel 1949, nella parrocchia di San Floriano a Cracovia, arriva un giovane sacerdote polacco, don Karol Wojtyla. Intorno a lui si radunarono ragazzi e ragazze, studenti delle diverse facoltà di Cracovia e un gruppo di ministranti, che diedero vita al gruppo Środowisko, cioè Ambiente. In quel contesto meraviglioso fatto di canti, gite in montagna, celebrazioni tra la natura, molti giovani si sono fidanzati e poi sposati. Alcune di queste coppie hanno già festeggiato il 50° anniversario di matrimonio. Abbiamo incontrato Danuta e Maria. E attraverso le loro parole abbiamo capito meglio perché Giovanni Paolo II è stato il grande papa della famiglia.
Danuta è la moglie di Stanislao Rybicka. Una tra le prime coppie di fidanzati e poi sposi che sono stati guidati da Karol Wojtyla. Cosa vi ha trasmesso durante gli anni della giovinezza?
A scegliere il sacrificio, a vivere la vita in pienezza. Ci diceva: “È più comodo al mattino continuare a dormire dolcemente. Alzatevi prima, venite a Messa”. Celebrava l’Eucarestia anche per diverse circostanze della nostra vita: per l’onomastico, il compleanno, anche quando avevamo un esame difficile, e secondo le circostanze della nostra vita.
Quando vi ascoltava che cosa vi diceva, cosa vi consigliava, come si poneva?
Don Karol ascoltava molto, diceva la sua opinione, però non ci costringeva mai a scegliere questo o a fare quello. Ci lasciava liberi e spesso diceva “La libertà è un dono che Dio c’ha dato”. Anche dopo un colloquio o una discussione lui ci ripeteva: “Vedi cosa è più giusto, se vuoi ritornare ne riparliamo” e anche per iscritto a volte dava le risposte, proprio per dare la possibilità di lasciar riflettere a lungo.
Come vi aiutava a vivere i momenti di sofferenza e di difficoltà?
Appena sapeva che qualcuno era in difficoltà o in sofferenza, don Karol subito si informava e celebrava una Messa secondo questa intenzione. Ci sono due episodi al riguardo che posso citare. Il primo mi appartiene molto da vicino. Ebbi un incidente e fui costretta a rimanere con le gambe ingessate per tre mesi. Era il tempo di Pasqua ed io non ero potuta andare in chiesa per celebrarla, così don Karol venne a casa mia per celebrare la santa Messa e mi disse “anche tu devi celebrare la Pasqua del Signore”.
Un altro episodio riguarda uno dei nostri amici, Clemente, fu ricoverato in ospedale e don Karol andò a trovarlo. Si sedettero su una panchina e per due ore non si sono detti una parola. Così chiedemmo al nostro amico che cosa avesse provato dopo questa visita e lui ci disse soltanto “quel silenzio di due ore insieme al sacerdote mi ha guarito fisicamente e spiritualmente”.
Quanto la sua amicizia è stata importante per il vostro matrimonio?
Tantissimo. Insieme a lui ci siamo preparati molto a lungo, molto seriamente, con la preghiera, con i colloqui personali. Spesso ci lasciava riflessioni scritte e ci invitava a ritiri spirituali proprio per rafforzarci nella vita matrimoniale. Dal gruppo Ambiente «Srodowisko», di tutte queste famiglie, la maggior parte delle coppie hanno già festeggiato 50 anni di matrimonio. La cosa più importante è che nessuna di queste coppie ha divorziato, eppure hanno avuto tutte diverse difficoltà, e anche molto serie ma l’educazione di Karol Wojtyla, la nostra amicizia tra di noi e con Dio è stata più forte di ogni difficoltà.
Quando è nato suo figlio che cosa vi ha detto Mons. Wojtyla?
Il primo figlio è nato quando don Karol è stato eletto vescovo. Sapeva quanto avevamo desiderato un figlio e ci scrisse dal santuario di Częstochowa, di guardare a come Dio è Padre per il difficile compito di genitori e di essere saldi nell’amore per riuscire ad accogliere questa grazia di Dio.
C’è un ricordo particolare che lei conserva di papa Giovanni Paolo II?
Da giovane, quando era parroco nella chiesa di San Floriano a Cracovia, prima di celebrare la Messa andava davanti all’altare, pregava a lungo e poi andava in sagrestia, si vestiva e celebrava. Così l’ho visto fare anche al Vaticano e a Castel Gandolfo quando ci recavamo in visita. Inoltre, Giovanni Paolo II tirava fuori sempre il meglio di ogni persona, era anche questo un “trucco” per avvicinare le persone, appena si accorgeva di una cosa positiva nell’altro lui lo aiutava a tirar fuori quell’aspetto.
Maria, si ricorda come è entrata a far parte del gruppo di giovani che si riunì intorno a don Karol?
Avevo 16 anni, un mio amico mi ha presentato un gruppo guidato da un sacerdote giovane, molto simpatico, molto attraente. Dopo un po’ mi hanno invitato per una gita in montagna. All’inizio tutti lo chiamavano zio, ma io non avevo il coraggio di chiamarlo così perché lo conoscevo da poco. Lo osservavo molto e mi rendevo conto che non erano semplicemente delle gite quelle guidate dal giovane sacerdote. C’era qualcosa di profondo. Ogni volta durante queste passeggiate in montagna o ai laghi si iniziava la giornata con la santa Messa, durante la quale don Karol Woytjla ci dava sempre uno spunto sul vangelo del giorno, invitandoci a riflettere tutta la giornata su quella Parola. Ma quello che più mi colpiva era il modo in cui egli pregava e mi dicevo “si può vivere una gioia così profonda, ci si può divertire in una maniera così bella e così attraente?”.
Tutto questo avveniva in un clima storico tutt’altro che sereno…
Sì, tutto questo accadeva di nascosto. Non si poteva dire dove andavamo, solo ai nostri genitori. Abbiamo cominciato a parlare di questo gruppo e delle nostre uscite insieme quando lui era già Giovanni Paolo II. Non voglio dire che noi eravamo speciali, ma eravamo semplici ragazzi che avevamo l’unica fortuna di poter stare con lui e di conoscerlo.
Qual è il ricordo più forte che le è rimasto?
È difficile rispondere a questa domanda. Noi all’inizio più di tanto non capivamo. Però quando è stato eletto Santo Padre e ha evangelizzato in tutto il mondo, noi ci incontravamo proprio per studiare le sue encicliche, per leggere e riflettere.
Da cosa avete percepito che don Karol era un sacerdote speciale?
Non con le parole, ma con il suo stile di vita. In attimo si metteva da parte a pregare per incontrare il suo Signore. E questo ci stupiva. Forse voi pensate che sia un po’ troppo semplice, ma noi così capivamo che era una persona grande. Noi lo osservavamo e ci piaceva ascoltarlo quando parlava, ma soprattutto noi osservavamo lui e lui osservava noi. Molto spesso ci risentivamo, eravamo un po’ arrabbiati per certe cose che lui diceva ma la cosa bella è che potevamo dire liberamente cosa pensavamo. Don Karol ci ascoltava, ci spiegava e chinava la testa, lasciandoci sempre la libertà di scegliere.
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Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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