DIGNITÀ DEL CORPO
Hai un corpo per amare: ci avevi mai pensato?
Domenica scorsa, il 10 marzo, sono stata chiamata a parlare con un gruppo di ragazzi che si prepara a ricevere la Cresima sulla dignità del corpo a partire dal libro “Amore, sesso, verginità. Le risposte (e le domande) che cerchi” (Editrice Punto Famiglia). Con loro abbiamo riflettuto su una domanda fondamentale, che ripropongo anche a voi lettori: “Perché abbiamo un corpo?”
La nostra vita, le nostre relazioni, il nostro stesso esistere su questo pianeta passano attraverso un corpo.
Non potrei scrivere in questo preciso momento se non avessi delle mani, un cervello, degli occhi. Tutto ciò è così ovvio che spesso non ci pensiamo, dando per scontata la nostra corporeità.
Eppure, il corpo non è affatto qualcosa di scontato. È fondamentale sapere come funziona, cosa mi permette di “fare” e “comunicare”. Occorre interrogarsi sul perché abbiamo o, meglio, sul perché “siamo un corpo”.
È una domanda grande, dalla quale dipende gran parte della nostra felicità.
C’è chi vede il corpo come una “cosa”, un “oggetto” di cui si può disporre liberamente, senza particolari ripercussioni sul proprio mondo interiore. E, soprattutto, lo vede come qualcosa di secondario rispetto a ciò che si ha dentro.
In questa visione, il corpo sarebbe soltanto un involucro, pura materia, una “macchina con tutti i suoi accessori”, ma senza chissà quale dignità.
Una volta ho chiesto a dei ragazzi di terza media se il loro corpo avesse “valore”. Mi hanno risposto di no.
C’è perfino chi sorride al sentire termini come “sacralità del corpo”. Il corpo si cura, si va in palestra, si cerca di renderlo “bello”, lo si “idolatra” addirittura (come si può idolatrare una Ferrari), ma non lo si vede come qualcosa da custodire perché “tempio del nostro cuore”. Mi dicono: “il corpo è uno strumento, ci fa stare nel mondo, ma non conta quanto i sentimenti”.
All’estremo opposto troviamo quelli che pensano che l’anima sia così preziosa che bisogna tenersi il più possibile “distaccati dal proprio corpo”, perché assecondando il corpo si finisce per fare cose non buone (come usare sostanze, avere rapporti sessuali solo “per istinto”): se il corpo ci fa commettere azioni che il nostro cuore non vorrebbe, allora meglio prendere le distanze da questa “macchina difettosa” e concentrarsi solo sull’anima. Se i primi vedevano il corpo come una Ferrari, questi lo vedono come una vecchia Cinquecento da rottamare.
La concezione che proponiamo qui si discosta da entrambe le visioni: vediamo il corpo come qualcosa di buono e inevitabilmente in relazione con il nostro cuore.
Ogni persona è un’unica realtà di corpo/mente/spirito e si vive bene quando queste tre parti di noi sono in equilibrio, in una armoniosa relazione tra di loro.
Il corpo non è né un involucro privo di valore, né un trofeo da esibire, né una macchina rotta e quindi da buttare: è la finestra sul mondo della nostra interiorità.
Leggi anche: Si può recuperare la purezza? Storia di Clare Crockett: dai festini alla vita da suora (puntofamiglia.net)
Questo è il punto da cui partiamo: tu non hai un corpo come avessi una padella, un cellulare, un letto. Tu sei un corpo, il corpo ha una dimensione personale per natura. Vivi in mezzo agli altri grazie al corpo e ciò che senti, fai, trasmetti con il corpo esprime ciò che hai nel cuore.
Il nostro corpo, poi, è un corpo sessuato.
È innegabile che, man mano che si cresce e si sviluppa, il corpo ci parla attraverso delle “pulsioni”.
Che cosa significa avere delle pulsioni sessuali? In che modo corpo, mente e spirito trovano armonia nella sfera della sessualità? Perché non possiamo vivere solo seguendo l’istinto e assecondando ogni pulsione?
Facciamo un esempio: ci sono persone che adorano volare nel vuoto, perché questo fa vivere sensazioni uniche. Se non usassero la testa, però, si lancerebbero nel vuoto senza considerare i pericoli. Un conto è salire sulle montagne russe, dove si presuppone che tutto sia in sicurezza, altro conto è lanciarsi nel vuoto ovunque capiti, senza alcuna precauzione e senza essersi accertati che non sia pericoloso.
La sessualità è una sfera importante della nostra vita, le pulsioni non sono “un male in sé”, ma ci facciamo male e ne facciamo agli altri se le assecondiamo senza ragionare.
Secondo la “teologia del corpo” (ovvero la visione della sessualità proposta da Gesù e dalla Chiesa) abbiamo un corpo per amare. Il nostro corpo è dono per qualcuno (quindi non oggetto di qualcuno, è ben diverso!).
Ci sono modi diversi di attuare il dono di sé.
C’è la carità, che è preoccuparsi per il prossimo e impegnarsi perché chi ci passa accanto sia più felice di quando lo abbiamo incontrato. La carità si può vivere verso tutti: dal vicino di casa al povero che non ha nulla e al quale posso offrire la mia solidarietà.
C’è l’amicizia, che risponde alla domanda: “A chi voglio bene? Chi cammina al mio fianco nei sentieri di questa vita?”. Poi c’è l’intimità di tipo “sponsale” (matrimonio). Riguarda la ricerca di una persona con cui condividere tutto, tanto da diventare un corpo solo con lei e risponde alla domanda: “A chi voglio donare la mia vita?”.
In ogni caso, si vive nella pienezza quando il corpo realizza amore. come aveva capito bene Padre Raimondo Bardelli: abbiamo un corpo per amare.
E voi ci avevate mai pensato? E avete mai parlato di queste cose con i vostri figli, al catechismo, o in un ambito dove avete un ruolo educativo con i ragazzi?
Per approfondire, un libro scritto per gli adolescenti: Amore, sesso, verginità (famiglia.store)
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