Papa Francesco: “Non si può parlare con una persona ammalata di superbia”

Parlando del vizio della superbia, il papa ha spiegato che il superbo è altero, ha una “dura cervice”, cioè, ha “un collo rigido, che non si piega”. Inoltre, “è un uomo facile al giudizio sprezzante: per un niente emette sentenze irrevocabili nei confronti degli altri, che gli paiono irrimediabilmente inetti e incapaci”. Con una persona malata di superbia non si può parlare.

Nel suo percorso di catechesi sui vizi e le virtù, nella mattinata di mercoledì 6 marzo, Papa Francesco, durante l’Udienza generale, ha toccato l’ultimo dei vizi: la superbia. “Gli antichi greci la definivano con un vocabolo che si potrebbe tradurre eccessivo splendore”, ha spiegato il pontefice, per poi proseguire: “In effetti, la superbia è autoesaltazione, presunzione, vanità. Il termine compare anche in quella serie di vizi che Gesù elenca per spiegare che il male proviene sempre dal cuore dell’uomo (cfr Mc 7,22). Il superbo è uno che pensa di essere molto più di quanto sia in realtà”.

Il superbo, inoltre, è “uno che freme per essere riconosciuto più grande degli altri, vuole sempre veder riconosciuti i propri meriti e disprezza gli altri ritenendoli inferiori”.

La scorsa settimana il Santo Padre aveva preso in esame il vizio della vanagloria. Perciò, ha voluto mettere a confronto questi due limiti della persona: “se la vanagloria è una malattia dell’io umano, essa è ancora una malattia infantile se paragonata allo scempio di cui è capace la superbia. Analizzando le follie dell’uomo, i monaci dell’antichità riconoscevano un certo ordine nella sequenza dei mali: si comincia dai peccati più grossolani, come può essere la gola, per approdare ai mostri più inquietanti. Di tutti i vizi, la superbia è gran regina”.

Francesco ha voluto citare anche uno dei classici più importanti della letteratura, la Divina Commedia, dove “Dante la colloca proprio nella prima cornice del purgatorio: chi cede a questo vizio è lontano da Dio, e l’emendazione di questo male richiede tempo e fatica, più di ogni altra battaglia a cui è chiamato il cristiano”.

È dentro alla superbia, d’altronde che “si nasconde il peccato radicale, l’assurda pretesa di essere come Dio”. Il papa si riferiva al peccato dei nostri progenitori, raccontato dal libro della Genesi (Gen 3,5).

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Quali i sintomi che rivelano il cedimento di una persona al vizio della superbia?

Secondo Francesco, si riconosce sa questo: “il superbo è altero, ha una “dura cervice”, cioè, ha un collo rigido, che non si piega. È un uomo facile al giudizio sprezzante: per un niente emette sentenze irrevocabili nei confronti degli altri, che gli paiono irrimediabilmente inetti e incapaci. Nella sua supponenza, si dimentica che Gesù nei Vangeli ci ha assegnato pochissimi precetti morali, ma su uno di essi si è dimostrato intransigente: non giudicare mai”. Il superbo, poi, non accetta critiche, nemmeno quelle costruttive. Anche di fronte ad una “osservazione del tutto innocua”, egli “reagisce in maniera esagerata, come se qualcuno avesse leso la sua maestà: va su tutte le furie, urla, interrompe i rapporti con gli altri in modo risentito”.

Ha poi proseguito: “C’è poco da fare con una persona ammalata di superbia. È impossibile parlarle, tantomeno correggerla, perché in fondo non è più presente a sé stessa. Con essa bisogna solo avere pazienza, perché un giorno il suo edificio crollerà”.

A questo punto il pontefice ha citato un proverbio che recita: “La superbia va a cavallo e torna a piedi”. Gesù stesso nella sua vita ha avuto a che fare con tanta gente superba, e “spesso è andato a stanare questo vizio anche in persone che lo nascondevano molto bene”.

Ad esempio, “Pietro sbandiera la sua fedeltà a tutta prova: ‘Se anche tutti ti abbandonassero, io no!’ (cfr Mt 26,33). Presto farà invece l’esperienza di essere come gli altri, anche lui pauroso davanti alla morte che non immaginava potesse essere così vicina. E così il secondo Pietro, quello che non solleva più il mento ma che piange lacrime salate, verrà medicato da Gesù e sarà finalmente adatto a reggere il peso della Chiesa”. Dunque, persino il primo papa “sfoggiava una presunzione che era meglio non sbandierare; ora invece è un discepolo fedele che, come dice una parabola, il padrone può mettere ‘a capo di tutti i suoi averi’ (Lc 12,44)”.

Il Pontefice allora avverte che “la salvezza passa per l’umiltà, vero rimedio ad ogni atto di superbia. Nel Magnificat, Maria canta il Dio che con la sua potenza disperde i superbi nei pensieri malati del loro cuore. È inutile rubare qualcosa a Dio, come sperano di fare i superbi, perché in fin dei conti Lui ci vuole donare tutto”.




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