Angri, 29 gennaio 1967 in una stanza al secondo piano dell’edificio che lui stesso aveva costruito insieme agli operai e ai suoi ragazzi, moriva improvvisamente raggiunto da una leucemia fulminante, don Enrico Smaldone, sacerdote della Diocesi di Nocera Inf. – Sarno e fondatore della Città dei ragazzi. Un luogo dove accogliere ragazzi orfani e bisognosi di tutto, un “monumento di amore e segnacolo di civiltà per il nostro paese” come lui stesso la definì nel manifesto che annunziava alla città di Angri la nascita di questa realtà.
La folla accorsa per il suo funerale già lo considerava un santo. E certamente eroica e audace è stata la vita di questo semplice e umile uomo di Dio. Nel 1949 dopo la visione di un film che raccontava l’esperienza di padre Edward J. Flanagan, che fondò nel 1917 un orfanotrofio per ragazzi in una casa a Omaha, nello Stato americano del Nebraska, don Enrico si sentiva chiamato a fare lo stesso. Mentre meditava su questo progetto una mattina “picchia alla porta un bimbo di otto o nove anni. Lacero, sporco, coi capelli arruffati, portava in viso i segni della sofferenza. Gli offrii l’altra metà del caffè che stavo sorbendo e lo invitai a parlare”, racconta don Enrico. Fu il segno decisivo. Comincia da quel momento a spendere tutte le sue energie per realizzare il sogno della Città dei ragazzi, un luogo che ha offerto a centinaia di ragazzi di poter essere accolti, amati, nutriti, istruiti e dove hanno imparato un mestiere per la loro vita.
Non è stato certamente semplice realizzarlo. Con l’ostinazione dei santi ha bussato a tante porte e scritto innumerevoli lettere per chiedere aiuto o per ringraziare delle offerte ricevute. Tra queste una missiva davvero commovente scritta ad una bambina italoamericana, Adele, che aveva mandato la sua piccola offerta:
“Cara Adeluccia, un umile sacerdote che ama tanti i bambini, ti scrive commosso per il tuo gesto. Non posso nasconderti che l’arrivo del tuo vaglia ha infuso nella mia anima, spesso tante volte così sola, un profondo conforto, pensando alla bontà del tuo piccolo cuore e al pensiero di me, sconosciuto Sacerdote, che ti ha spinto all’atto così amorevole e generoso. Ricorda, piccolo angelo, che vi è nel Paradiso un libro d’oro, in cui gli Angeli scrivono le nostre opere di bene. Tu hai ad Essi offerto l’occasione di scrivere per te a caratteri d’oro la più bella pagina, perché la carità che si fa ai più bisognosi, è la più gradita a Dio, che sulla terra per i fanciulli ebbe le più grandi tenerezze. Tu hai fatto brillare un raggio di conforto negli occhi languidi e un dolce sorriso sulle labbra dei bimbi, cui non sorride più una mamma e che sono privi della protezione del padre…”.
Oggi la Città dei ragazzi, affidata da Mons. Illiano nel 2009 alla Fraternità di Emmaus, un movimento ecclesiale fondato da don Silvio Longobardi, anch’egli sacerdote angrese della Diocesi di Nocera-Sarno e curatore della raccolta degli Scritti di don Enrico (L’audacia della carità, Gutenberg, 2010) continua ad essere un luogo di carità. Certamente non con le finalità del tempo di don Enrico perché ai ragazzi orfani e bisognosi di tutto, oggi si sono sostituite le nuove povertà: i bambini non ancora nati salvati dall’aborto e le loro mamme accolti e custoditi da famiglie che presso la Cittadella della carità “don Enrico Smaldone”, vivono stabilmente insieme ai loro figli.
Il Caffè sospeso...
aneddoti, riflessioni e storie di amore gratuito …quasi sempre nascoste.
Il caffè sospeso è un’antica usanza a Napoli. C’è chi dice che risale alla Seconda Guerra Mondiale per aiutare chi non poteva permettersi nemmeno un caffè al bar e c’è chi dice che nasce dalle dispute al bar tra chi dovesse pagare. Al di là delle origini, il caffè sospeso resta un gesto di gratuità. Nella nuova rubrica che apre l’anno 2024, vorrei raccontare storie o suggerire riflessioni sull’amore gratuito e disinteressato. Quello nascosto, feriale, quotidiano che nessuno racconta, che non conquisterà mai le prime pagine dei giornali ma è quell’amore che sorregge il mondo, che è capace di rivoluzionare la società dal di dentro. Buon caffè sospeso a tutti!
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