CORRISPONDENZA FAMILIARE di Silvio Longobardi L’amore è sempre fecondo 11 Dicembre 2023 Il Vangelo di Luca inizia presentando una coppia di sposi che sperimenta l’angoscia della sterilità: “Non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni” (1,7). Questa coppia porta nel cuore una grande tristezza che, nei momenti più acuti, viene percepita con maggiore angoscia. I figli rappresentano il futuro e danno forza per vivere il presente. La presenza dei figli non è un elemento accessorio ma uno dei pilastri della vita familiare. La mancanza dei figli è percepita come un limite grave, appare talvolta come un muro insormontabile. Questa vicenda è un’icona eloquente che parla al cuore di tanti sposi che vivono il medesimo dolore. Il Vangelo di Luca inizia presentando una coppia di sposi che sperimenta l’angoscia della sterilità: “Non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni” (1,7). Questa coppia porta nel cuore una grande tristezza che, nei momenti più acuti, viene percepita con maggiore angoscia. I figli rappresentano il futuro e danno forza per vivere il presente. La presenza dei figli non è un elemento accessorio ma uno dei pilastri della vita familiare. La mancanza dei figli è percepita come un limite grave, appare talvolta come un muro insormontabile. Questa vicenda è un’icona eloquente che parla al cuore di tanti sposi che vivono il medesimo dolore. Conosco storie dolorose in cui la diagnosi della sterilità ha innescato una dinamica colpevolizzante che ha finito per dissolvere la comunione coniugale. La sterilità è solo una condizione fisica, non una condanna, è certamente un limite ma non pregiudica la vita e non impedisce alla coppia di vivere la fecondità dell’amore. Se invece la sterilità viene rifiutata, se all’accettazione realistica subentra la ribellione si apre una voragine che inghiotte i desideri di una vita a due. L’amore inizia a franare fino all’inevitabile decisione di riprendersi e dare all’altro la propria libertà. Storie dolorose che purtroppo rischiamo di aumentare perché viviamo in un tempo in cui la sterilità cresce in maniera vertiginosa senza che qualcuno ci dica perché tutto questo accade. E senza cercare altri rimedi se non quello che offre il business della fecondità artificiale. Una comoda scorciatoia che non sempre risolve i problemi, anzi il più delle volte lascia tanta amarezza. È un capitolo della vita coniugale che non riceve un’adeguata attenzione da parte della società civile, come se fosse un problema marginale. Anche la comunità ecclesiale non dedica tempo ed energie a quello che la maggior parte degli sposi vivono come un vero dramma. E così accade che queste coppie portano da sole un peso che appare più grande delle loro forze. Leggi anche: Ascolta il podcast: Fecondità nell’infertilità “Siate fecondi”: stando alla Genesi, sono queste le prime parole, accompagnate dalla benedizione, che Dio rivolge all’uomo e alla donna, considerati nella loro unità. La fecondità è dunque la prima e fondamentale opera che Dio affida all’essere umano, il primo ministero che la coppia è chiamata ad esercitare. La tradizione rabbinica legge in questo versetto l’obbligo di sposarsi e di fare figli. Nella concezione biblica l’uomo non può sottrarsi a questa scelta, verrebbe meno alla sua fondamentale vocazione. Accogliere un figlio significa non vivere più per se stessi ma mettersi al servizio di qualcun altro. Gli sposi lo sanno bene. Se fossero egoisti, farebbero volentieri a meno. Eviterebbero pensieri e preoccupazioni. E invece, nel nostro codice genetico c’è un interiore orientamento a generare vita per fare della propria vita un dono. Il legittimo desiderio di un figlio mette nel cuore degli sposi un’attesa fiduciosa. In alcuni casi, tuttavia, la fiducia si trasforma in amarezza. Quando il desiderio di pienezza viene costantemente contraddetto, l’iniziale speranza lascia il posto ad una cocente delusione. Questi sposi sono l’icona di quell’umanità che sperimenta l’incapacità di dare un senso pieno alla vita. Siamo immersi in una storia in cui i desideri di bene si scontrano con la realtà. La pace viene calpestata dai rumori della guerra. L’amore viene ferito dall’odio. La comunione è costantemente minacciata dall’egoismo. Se il figlio è un segno della benedizione di Dio, a Lui dobbiamo chiederlo come un dono. Questa particolare intenzione non coinvolge solo gli sposi ma tutta la comunità ecclesiale. Zaccaria ed Elisabetta ricevono il figlio quando ormai avevano perso ogni speranza. La lunga attesa ha scavato pozzi di delusione. Il dono inaspettato colma il cuore ogni oltre umana attesa. Il buon Dio non condanna gli sposi alla sterilità, dona a tutti la possibilità di fare del loro amore una sorgente di fecondità. Se il figlio è un dono, non importa se arriva attraverso l’amore carnale oppure attraverso i canali della Provvidenza. Siamo abituati a pensare che l’adozione sia un ripiego, una sorta di extrema ratio quando tutte le altre strade sono precluse. E purtroppo avviene così per tanti sposi. Dovremmo invece pensare che generare nella carne e adottare un bambino sono due modalità complementari dello stesso amore, due modi di esprimere la fecondità dell’amore. Ad essere precisi, la seconda è quella che maggiormente rivela la gratuità dell’amore genitoriale perché si tratta di accogliere come figlio una creatura che altri hanno concepito e generato. Un gesto che appare nella sua genesi un segno forte di quella solidarietà che, in altri ambiti della vita sociale, invochiamo come un criterio decisivo del nostro agire, anzi come un segno manifestativo di quella dignità che ogni uomo dovrebbe esprimere. Serve un cambio di passo, un modo diverso di pensare e vivere la genitorialità. Serve una cultura che vive l’amore non come il luogo dell’avere ma la casa in cui impariamo la difficile arte dell’accoglienza e del dono di sé. Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia Cari lettori di Punto Famiglia, stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11). CONTINUA A LEGGERE Tag Fecondità, genitori, sposi, Sterilità Silvio Longobardi Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”. Visualizza archivio → ANNUNCIO Lascia un commento Annulla rispostaIl tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *Commento Nome * Email * Sito web Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy. 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