CORRISPONDENZA FAMILIARE

Dedicato agli sposi che attendono un figlio…

4 Dicembre 2023

Il tempo di Avvento è come una freccia che conduce rapidamente al Natale, celebriamo la nascita di un Bambino, in apparenza uno tra i miliardi di bambini che sono venuti al mondo, in realtà unico e irripetibile perché è Dio stesso che assume la condizione umana. Vivere l’Avvento significa mettersi in cammino verso Betlemme. Vorrei accompagnare questo tempo liturgico proponendo una serie di riflessioni sul senso e sul valore della maternità. 

L’attesa della nascita sottolinea maggiormente la maternità ma dobbiamo sempre includere la paternità. Un bambino è sempre il frutto di un incontro tra l’uomo e la donna; e cresce all’ombra dell’amore coniugale. “Sono in attesa”, annuncia la donna. È vero ma… sarebbe meglio dire: “Siamo in attesa”. Eh sì, perché ad attendere sono in due e tutti e due vivono con diversa e comune trepidazione l’avventura della vita che cresce e viene alla luce. La donna porta un peso maggiore, d’altra parte gravidanza viene dal latino “gravis” che significa appunto “pesante. E tuttavia l’uomo non è – né deve rimanere – uno spettatore neutrale ma fin dall’inizio partecipa attivamente al cammino della vita. Quei primi mesi di vita – così dobbiamo pensare la gravidanza – sono assai preziosi per imparare ad esercitare la paternità.

Leggi anche: Si può trasmettere la fede in gravidanza?

Questo articolo riporta alcuni frammenti di una più ampia condivisione con una giovane coppia di sposi che vive l’ultimo tratto della gravidanza. Sono parole che nutrono la fede e hanno lo scopo di rendere i genitori ancora più consapevoli del grande mistero che, nella sia bontà, il Signore ha affidato nelle loro mani. In questo tempo, in cui tanti pensano che possiamo a fare a meno di Dio, a me sembra che sia sempre più urgente rimettere la fede al centro della vita come luce che illumina ogni cosa. 

Carissimi Myriam ed Emanuele, 
si avvicina il tempo del parto, non avete ancora sigillato il primo anniversario nuziale e siete già pronti ad accogliere un bambino. Lo avete accolto come una grazia che veniva a sigillare la vostra unità. Man mano che vi avvicinate al traguardo la gioia s’intreccia con una coscienza più acuta della responsabilità. Accanto alla preghiera per voi, vorrei accompagnarvi consegnandovi ogni giorno alcune parole che vi aiutano a vivere nella fede questo tempo così luminoso ma anche così impegnativo. Sono parole da meditare e da tradurre in preghiera. Affidatevi con il Rosario alla Vergine Maria: vi insegnerà a vedere nel bambino che sta per nascere un altro Gesù.

Don Silvio 
1.
“Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù” (Lc 1,31). La maternità di Maria è il modello di ogni altra maternità: contemplando il Mistero che in Lei si è fatto carne possiamo comprendere qualcosa di quel che accade ogni volta che una coppia si apre alla vita. L’accoglienza di un bimbo è certamente la prima e la più importante opera che Dio compie nella vita degli sposi. Un figlio porta in sé qualcosa di grande, di straordinario che nessuno strumento potrà misurare. Ogni mamma può dire: questo bambino prima non c’era o era solo nei miei pensieri, adesso c’è, è qui, lo posso abbracciare. 

Anche chi non crede percepisce il mistero racchiuso in ogni figlio. Ma per il credente tutto assume un significa ancora più pregnante. Ogni figlio è un dono di Dio, non solo perché viene da ma perché porta Dio nella vostra casa, non dimenticate le parole di Gesù: “E chi accoglie un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me” (Mt 18,5). È Gesù che voi accogliete! Bisogna rovesciare la mentalità dominante che presenta un figlio come un problema: accogliere un bambino, prima che un onere è un onore, un dono inestimabile.

2.
Il buon pastore dà la propria vita per le pecore” (Gv 10,11). La maternità di Maria è un’icona per la vita e il ministero sacerdotale. Ogni sacerdote dovrebbe acquisire la spiritualità di una madre di famiglia. Una madre che vive con fedeltà la sua missione non ha il tempo per sé e mette volentieri in secondo piano le sue esigenze perché è protesa a dare agli altri ciò di cui hanno bisogno. Tra maternità e servizio non c’è solo uno stretto contatto ma una piena coincidenza. Dal punto di vista culturale la maternità contrasta radicalmente l’ideologia dell’individualismo che oggi domina nella vita sociale. Per un genitore dare la vita non significa soltanto generare ma prendersi cura, accompagnare e seguire i figli in ogni stagione della vita, anche quando sono ormai adulti. Essere genitori non è un ministero ad tempus ma un compito che entra nelle fibre dell’essere e accompagna tutti i giorni della vita. 

3.
Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto” (Rm 8,22). L’apostolo Paolo paragona la storia umana all’esperienza del parto. È un’immagine piena di speranza, mostra infatti che vi è un dolore necessario, la vita nasce attraverso la sofferenza. Sì, proprio quella sofferenza che tutti vogliono evitare a tutti i costi. In ogni parto si compie questo mistero che attraversa tutta la storia e trova nella Pasqua la sua pienezza: amore e dolore s’intrecciano in una misura inestricabile. Solo l’amore per la vita, per quel figlio ancora nascosto, può dare la forza per affrontare la fatica e il dolore. Il parto è il trionfo della vita. È un piccolo segno e un frammento dell’alleanza nuova e definitiva, è immagine della resurrezione che vince la morte e diventa principio di una storia nuova.

4.
Vi farò diventare pescatori di uomini” (Mc 1,17). Accettare la sfida della fede ci carica di responsabilità. Avere un figlio significa riempire la vita di preoccupazioni. A ben vedere, se vissuto con responsabilità, ogni legame affettivo arricchisce la vita ma la rende anche più complicata. Tanto più quel particolare legame che nasce dalla generazione. Quando nasce un figlio – e spesso prima ancora che venga alla luce – cambia l’agenda della vita, tutto è pensato a partire e in vista del bene del bambino. È una tragedia per chi è stato abituato a pensare sempre e solo a sé stesso ma… c’è anche un’altra prospettiva. Avere un figlio significa incontrare il sorriso del bambino quando si sveglia, significa vederli crescere e poco alla volta fare le loro piccole e grandi conquiste, dai primi passi alle prime parole. Chi può misurare la gioia che tutto questo può dare! E cosa importa se poi la casa è sempre in disordine, se i giocattoli dei bambini diventano la tappezzeria, se le mura sono segnate dalla creatività dei figli... Impariamo così che le cose perdono valore, ciò che importa è che i figli crescano bene. Ma questa cultura non contrasta con quella che mette al centro le cose?

NB
Il piccolo Pietro ha visto la luce nella tarda serata di sabato 2 dicembre.




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

ANNUNCIO


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.