MUSICA TRAP E VIOLENZA
Cristina Capotondi sulla musica trap: parole violente, che non rispettano le donne
“Ma l’avete ascoltata la musica trap, che ascoltano gli adolescenti? – si domanda l’attrice Cristina Capotondi – Di che ci sorprendiamo se un giovane di 22 anni considera una donna come un oggetto?”. La musica trap è molto seguita dai giovanissimi. E no, non è solo musica, le parole plasmano la realtà e il modo di pensare…
Lo scorso sabato si sono svolte varie manifestazioni contro la violenza sulle donne. Tali eventi rischiano di non essere sufficienti se non si va alla radice dei problemi che portano a vedere la donna come un oggetto nella nostra società.
Qualche giorno fa è uscita su Punto Famiglia l’intervista realizzata ad Antonio De Rosa, sul tema della virilità, si sono mostrate le differenze tra essere “maschio” e “uomo”, evidenziando inoltre i rischi di una mentalità pornografica sempre più penetrante.
La commercializzazione e la strumentalizzazione del corpo femminile è un problema che si presenta a vari livelli. Spesso, i nostri ragazzi respirano una sorta di veleno, senza quasi rendersene conto, che intossica sempre più le relazioni tra uomini e donne.
Di recente, alcune voci si stanno levando contro tutte quelle “manifestazioni artistiche” che non rispettano la donna nella sua dignità, in quanto alimenterebbero proprio la sopraffazione e la violenza dell’uomo su di lei. Un esempio? La musica trap.
A farsi portavoce di questo pensiero è stata, ad esempio, l’attrice Cristina Capotondi.
Ospite della trasmissione “In altre parole”, condotta da Massimo Gramellini su La7, Capotondi ha affrontato il tema della rappresentazione della donna nella musica trap, mostrando preoccupazione per il modo in cui questo genere musicale – seguito dai giovanissimi, in età di formazione! – apostrofa il genere femminile.
Si domanda, incredula: “Ma l’avete ascoltata la musica trap, che ascoltano gli adolescenti? Come viene trattata la donna nella musica trap? Di che ci sorprendiamo se un giovane di 22 anni considera una donna come un oggetto”.
La Capotondi non è l’unica ad essere di questo avviso.
Leggi anche: Il paradosso italiano: Ciao Darwin e la giornata contro la violenza sulle donne (puntofamiglia.net)
“Ci sono dei testi della trap che sono indicibili, inascoltabili”, ha affermato Caterina Caselli, affermando, però, che la censura non basta: “dobbiamo cercare di capire perché questi ragazzi dicono quelle cose”.
In effetti, sono tanti i perché che dovrebbero assillarci. I numeri sul gradimento di queste performance sono da far accapponare la pelle.
Tuttavia, fare di più perché certi contenuti non raggiungano i nostri giovani proprio quando si stanno affacciando alla vita adulta dovrebbe essere un impegno imprescindibile. Mentre si discute di educazione sentimentale e affettiva nelle scuole, come non pensare, da adulti, al fatto che i ragazzi si riempiono la testa – e si rovinano l’anima! – con certe schifezze per molte ore al giorno?
Quel linguaggio maschilista aberrante entra nel loro vocabolario quotidiano e si insinua nel loro modo di guardare la persona. No, non è solo musica, non è solo un passatempo. Le parole plasmano la realtà, scavano dentro, creano mondi, modificano anche il modo di pensare.
Come possiamo restare indifferenti davanti al successo di Sfera Ebbasta, che è diventato milionario appellando continuamente, nei suoi testi, le donne come prostitute che non valgono nulla?
Non stiamo parlando di un fenomeno di nicchia: costui è il primo italiano a entrare nella Top 100 mondiale della piattaforma di streaming Spotify. Nel 2020 è risultato essere l’artista ad aver venduto più dischi in Italia nel decennio 2010-2019. Al 2023 detiene il record del maggior numero di brani piazzati al primo posto della Top Singoli.
Basta leggere uno solo dei suoi testi – che non riportiamo per decenza – per comprendere quale visione degradata emerga della figura femminile. Solo un ingenuo può credere che questi modelli non abbiano alcun legame con la violenza di genere. Solo un ingenuo… oppure qualcuno che ha troppi interessi economici per ammetterlo e per evitare che la sua “musica” entri nelle case, nelle camere, nei cuori dei nostri giovani.
Diciamo “Stop alla violenza”, sì, ma non solo nelle piazze: diciamolo sempre e ovunque, a partire dalle scelte quotidiane, affianchiamo i ragazzi e insegniamo loro che esistono altri modi per trascorrere il tempo libero.
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