24 Novembre 2023
“Tu conosci i comandamenti”: chi educa alla fatica di amare?
All’inquietudine del giovane ricco che chiede al Maestro il segreto della felicità, Cristo risponde con la Parola racchiusa nei comandamenti. Richiede con determinazione una condotta di vita secondo la Legge. La fede non può essere relegata in uno spazio della mia giornata o della mia settimana. La fede illumina in modo particolare la relazione con l’altro, dà spessore e misura al desiderio di ricercare la volontà di Dio. Leggiamo: «Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza» (Mc 10,19-20).
I comandamenti vogliono accompagnare l’uomo e, per quanto il relativismo oggi li vorrebbe già sepolti da tempo, restano dei punti di riferimento essenziali nell’esperienza della vita di un cristiano. Davanti a quelle dieci parole comprendiamo noi stessi e gli orizzonti verso cui procedere. Attraverso i comandamenti, Dio ci chiama ad un amore concreto in cui sia coinvolto il nostro cuore al cento per cento, in cui decidiamo non solo di rispettare il prossimo ma di amare in Lui, il Signore della storia.
Quale ardire l’uomo manifesta con la sua risposta! «Maestro, queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Ha osservato una legge, non ha incontrato l’amore, ha risposto ad un comandamento, non all’esigenza che nasce in chi si sente figlio prediletto. A che serve osservare una norma se il cuore è lontano? A che giova tenere a mente la Scrittura, ripeterla sette volte al giorno come ogni pio israelita, se poi il Dio che invochiamo non è il motivo del nostro canto, la ragione della nostra vita, la forza del nostro impegno tra i fratelli?
Ancora una volta, l’uomo presenta la dinamica del fare, dell’osservare, dell’essere giusti. La fede piomba nella nostra vita come qualcosa imposta dall’alto. Gesù sta parlando, ma il suo dire non lo scalfisce, la sua parola non lo converte. Non capita anche a noi? Andiamo in chiesa, leggiamo la Scrittura ma ciò che leggiamo non incide sulla nostra vita, non crediamo che dalla Parola, letta, meditata, fatta scendere nel cuore, fluisce lo Spirito della Vita nuova.
Quell’uomo ha obbedito fin dalla giovinezza alla Legge ma non cambia la sua vita davanti all’invito di Gesù. Si sente giusto, già arrivato, pieno delle sue idee e delle sue convinzioni. Sentirsi giusti è la malattia che spesso inquina i nostri rapporti, che ci fa chiudere a Dio e al fratello pensando di non meritare difficoltà, ingiustizie e incomprensioni. Spesso utilizziamo anche questo filtro per giudicare l’altro senza chiederci la motivazione per cui si comporta male. Mai credere di essere a posto perché tutti conserviamo nei riguardi degli altri un debito difficilmente condonabile – non abbiate nessun debito con nessuno se non quello di un amore vicendevole (Rm 13,5). Tutti siamo chiamati quotidianamente a far quadrare il cerchio tra la gratuità a noi offerta da Dio e quella vissuta con i fratelli.
Santa Teresa di Gesù Bambino aveva una piena consapevolezza di quanto i comandamenti – specie quello della carità – avessero in sé la forza di convertire il cuore dell’uomo. Dopo aver capito quanto essi siano contrari ai sentimenti della natura, aggiunge: «Senza il soccorso della sua grazia sarebbe impossibile non solamente metterli in pratica, bensì anche capirli»(Santa Teresa di Gesù Bambino, Manoscritto C, 301).
I comandamenti sono una strada di felicità. Chi si prende la responsabilità e la fatica di educare i nostri figli a percorrere questa strada? Forse noi stessi ci siamo allontanati lasciandoci sedurre dalle mode culturali? Mentre l’anno liturgico volge al termine, ci sono domande profonde che vale la pena porsi nuovamente.
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