Alla fiaccolata per Giulia c’era anche Nicola, il papà di Filippo Turetta. Qualche fonte racconta che lontano dalle telecamere lui e Gino, il papà della ragazza uccisa barbaramente e buttata in un fosso dal figlio 22enne, si siano abbracciati. Non ne siamo certi ma la sola presenza indica una vicinanza doverosa. Ai giornalisti papà Nicola ha dichiarato: “Io da padre ho pensato che fosse un figlio perfetto, perché non mi aveva dato mai nessun problema, né a scuola né con i professori, mai un litigio con qualche compagno di scuola o che altro. Mai. Con il fratello più piccolo, neanche una baruffa. Trovarmi con una cosa del genere, voi capite che non è concepibile, ci dev’essere qualcosa che è entrata in lui”.
Un padre che aveva cercato di dare tutto ad un figlio, si sveglia un giorno e non lo riconosce più. Quel figlio ora è definito da tutti un mostro, un assassino, un prepotente maschilista. Il linciaggio mediatico che si attua in queste circostanze è terribile. Rispondere alla violenza inconcepibile e brutale di Filippo nei confronti di Giulia con la stessa violenza verbale è sintomo di una incapacità di affrontare la realtà. Comprendo che abbiamo bisogno di dare un volto a tanta brutalità ma la denuncia e l’indignazione si deve tradurre in una precisa consapevolezza della realtà e in un cambiamento di rotta.
Sono anni che inneggiamo contro il maschio violento e sopraffattore ma intanto quali azioni si mettono in campo? La politica risponde a modo suo, c’è bisogno di leggi più severe e di inasprire la pena. D’accordo. Le agenzie educative come la scuola riconoscono che l’educazione affettiva e sessuale deve cominciare fin dalla scuola primaria. D’accordo. Ma qual è esattamente il fenomeno culturale che si vuole contrastare?
Si inneggia al maschio violento e possessivo. Ma i maschi non sono tutti così. Generalizzare è sbagliato e controproducente. Piuttosto dovremmo riconoscere con grande onestà che negli ultimi decenni abbiamo uomini sempre più fragili e deboli. La maggior parte di coloro che si suicidano sono maschi. Cosa è accaduto? Individuo diversi fattori che hanno un comune denominatore: la solitudine generata dal narcisismo, la tecnomediazione della relazione, l’amicizia light, a portata di “click” e di Facebook, le relazioni virtuali nelle loro varie declinazioni ambigue, l’ipersessualizzazione dell’infanzia e il mostruoso incremento della cyberpornografia, intere generazioni crescono con i video games, la ricerca di emozioni forti, la velocità estrema. Ma a questo mix va aggiunta la spinta a rinunciare ad una identità stabile, per entrare nell’unica dimensione possibile secondo i guru della postmodernità: quella della liquidità, ovvero quella dell’identità mutevole, difforme, dissociata e continuamente ambigua di chi è e al tempo stesso non è.
La crisi dell’identità maschile ha una enorme conseguenza. Se all’uomo d’oggi è precluso il raggiungimento di una identità stabile, che si articola e si declina nelle varie dimensioni, come in quella psicoaffettiva e psicosessuale, la conseguenza prima è che l’“esserci-con” (per esempio la coppia) assume nuove e multiformi manifestazioni, fino a dissolversi impietosamente. L’“esserci-con” non è più il reciproco relazionarsi fra identità complementari sul quale costruire dimensioni progettuali ma si riduce all’occasionale incontro tra bisogni individuali che vanno reciprocamente a soddisfarsi, per un tempo minimo, al di là di impegni reciproci e di progetti che superino l’istante. È il trionfo dell’individualismo.
In tutto questo chi insegna al figlio maschio il senso del limite, la capacità di sacrificio, la fortezza d’animo? Il padre. Purtroppo viviamo in una società senza padri. Il padre ha la funzione di consegnare le regole della vita sociale, i limiti entro i quali muoversi e, in questo senso, anche gli spazi di libertà consentiti. Il figlio ha bisogno del “no” del padre perché la sua crescita si ordini sulla realtà, rallentando così la corsa adolescenziale del “tutto è possibile”. La mancanza della figura paterna genera maschi insicuri e incapaci di gestire i propri desideri e le proprie pulsioni. Tutto questo purtroppo non si insegna con una lezione a scuola. Abbiamo bisogno di recuperare l’autorevolezza paterna. Basta con papà concentrati sul proprio divertimento, sulla forma fisica, o sulla mutevolezza dei sentimenti. Non voglio generalizzare ma certamente abbiamo molto da lavorare e da riflettere se davvero vogliamo dare una risposta sociale a tanto dolore.
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1 risposta su “Filippo, i maschi e i nostri figli orfani di padri”
Gentile Dott. Giovanna Abbagnara , solo ora ho letto il suo bell’articolo e mi permetto di inviarle un mio commento pubblicato il 23/11/23 sul giornale “IL GOLFO” di ischia: Grazie, cordialmente
GIUSEPPE AMALFITANO
Ho letto che finalmente il Mostro è stato catturato. Dopo una lunga fuga, dopo tanta angoscia e tante trasmissioni TV e tanti articoli sui giornali, che descrivevano minuziosamente tutte le possibili soluzioni del caso,, ormai siamo al finale che più brutto non poteva essere. Una ragazzina, bella e pulita e perbene e anche felice, perché arrivata ad una prestigiosa laurea in Ingegneria e perché innamorata di un bellissimo ragazzo coetaneo, ha chiuso la sua vita nel peggiore dei modi: picchiata e accoltellata e gettata via ,proprio dal suo innamorato, che invece era un Mostro. E tutti siamo rimasti sconvolti e inorriditi e auguriamo al Mostro una fine simile e anche peggiore. perché questa ragazzina poteva essere una nostra figlia che, come lei, avrebbe potuto avere un triste destino. E quindi il Mostro deve pagare. Ma, pensandoci bene, anche il Mostro poteva essere nostro figlio. Diceva il Professor Malagoli, grandissimo e amatissimo Maestro al liceo, che non possiamo dividere con precisione il Bene dal Male e in ognuno di noi c’è l’uno e l’altro. Ed anche alle lezioni di Catechismo (che si tenevano nella chiesetta del Cierco) ricordo che sul libretto c’era raffigurato un bambino che aveva su una spalla un Angioletto e sull’altra un Diavoletto.
Per frenare questo “femminicidio” ormai quotidiano ( pochi giorni fa ho già scritto un articolo simile che riguardava un’altra donna uccisa) non basta aumentare i castighi e le pene e anche le panchine e le scarpette rosse. Leggo che il Governo si sta muovendo bene e giustamente si proporranno a Scuola lezioni e seminari su comportamenti corretti e positivi ma credo che anche questo progetto è certamente importante e necessario ma non sufficiente perché l’Amore come l’Odio (e il Bene e il Male) sono Sentimenti e i Sentimenti nascono e crescono in noi in maniera spontanea e ignota, ma credo che siano influenzati anche dalle parole e principalmente dagli esempi e dalle buone compagnie. E concludo come sempre, affermando che stiamo vivendo un’Epoca davvero pericolosa, perché oltre le guerre e i terremoti purtroppo sono scomparse le famiglie di una volta, quando si cresceva assieme a fratelli e sorelle e cugini e si imparava a comportarsi bene e a rispettare gli altri. Oggi, ci sono tanti figli unici (ormai stregati da telefonini e computer), e si cresce avendo “Internet” come insegnante e custode e che purtroppo si sta rivelando un cattivo maestro. Sarebbe utile e necessario, credo, che le donne riscoprano il Ruolo più bello e importante che ci sia : essere chiamati dottore o professore è certamente piacevole e gratificante, come tanti altri titoli, ma essere chiamati “MAMMA” supera e cancella tutti gli altri. Spero che qualche Politico influente possa leggere questa mia lettera e magari proporre un Bonus o magari una Pensione per tutte le Mamme che così, liberate da necessità economiche, potranno anche essere libere di scegliere il loro destino e il loro futuro.