Sono trascorsi due mesi dalla notizia della morte della piccola Aurora, una bambina di appena otto settimane che viveva con i genitori a Santa Maria a Vico, in provincia di Caserta. L’autopsia e gli accertamenti del caso hanno portato ad una sola pista: i suoi genitori di 26 e 19 anni. I carnefici vivevano con lei. Non sono stupita, da giornalista so che la maggior parte delle violenze sui minori si consumano nell’ambiente domestico. Da madre sono addolorata, basita, arrabbiata.
Dalla ricostruzione è emerso che il padre ha colpito violentemente la figlia procurandole un “trauma contusivo-concussivo cranio-facciale, da cui sarebbe derivata una duplice frattura ossea e un ematoma subdurale emisferico sinistro, produttivo di encefalopatia da ipertensione endocranica”. Ma pur costatando la gravità della situazione, secondo gli inquirenti i genitori “hanno omesso di sottoporla a cure mediche cagionandone così la morte a seguito di insufficienza cardio respiratoria”. Pensavano di guarirla utilizzando applicazioni di strutto sulle ferite e le ecchimosi. Avete capito bene. Grasso animale su lividi gravissimi. Di fronte a queste notizie cosa facciamo? Ci scandalizziamo, magari ci commuoviamo, preghiamo… ma poi? Torniamo alla nostra vita, alle nostre occupazioni.
Il male si compie davanti ai nostri occhi e noi ci sentiamo impotenti e quindi meglio vivere ignorando questi fatti, meglio rifugiarsi nella nostra vita, perché abbiamo già troppi problemi, troppe paure, troppe cose a cui pensare per fare spazio anche al dolore degli altri. Mi ha sempre spaventata l’indifferenza e la superficialità. E anche in questo caso specifico mi domando: nessuno si è accorto di nulla? Non c’erano altri familiari, vicini di casa, servizi sociali…? Possibile che a nessuno sia venuto il dubbio che questi due soggetti non erano in grado di poter accudire una neonata? Bisogna avere occhi e cuore per accorgersi del disagio, della fragilità intorno a noi. È una responsabilità di tutti. È una regola del vivere comune. Mi prendo cura, mi interesso.
In una società civile come si definisce la nostra, una bambina che aveva il diritto di essere amata e curata da chi l’aveva messa al mondo, è invece stata uccisa brutalmente da adulti che pensavano di sfogare forse la loro rabbia e le loro frustrazioni. Da anni ci battiamo nella nostra associazione per fare rete intorno a questi bambini, per dare una risposta di amore e di cura. Ma non basta. Aurora poteva essere salvata? La risposta dobbiamo trovarla dentro di noi. In questa giungla dove ognuno disperatamente insegue le sue prede e i suoi progetti, insegniamo ai nostri figli la capacità di prenderci cura gli uni degli altri. A non essere concentrati sui propri interessi o sulle proprie aspirazioni.
Aurora non c’è più. Chiediamo di non rassegnarci a queste notizie. Dobbiamo fare la nostra parte. Anche per lei.
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