Il conflitto
La testimonianza di Pizzaballa. Ad Hamas: “Prendete me, lasciate i bambini”
In un’intervista, il Cardinal Pizzaballa ha dichiarato di essere pronto a offrire la sua stessa persona come merce di scambio per il rilascio dei bambini ostaggio di Hamas, pur di riportarli a casa. Un uomo di Dio, che sente sulle sue spalle la paternità verso la comunità al punto da poter dare la vita per i propri figli. Questa è libertà assoluta: la capacità di disporre pienamente della propria vita fino a offrirla senza esitazione.
Un’angoscia sorda attraversa in questi giorni la mente e il cuore di moltissimi di noi, ascoltando e leggendo le notizie che ci raggiungono dai luoghi che hanno ospitato la vita terrena di Gesù, trasformati ancora una volta in scenari di morte e odio.
Israele e Palestina sono avvinghiate in un dolore profondo e comune per la perdita di tante vite umane, e per una guerra orfana di risoluzioni da troppi decenni. Questi territori sembrano afflitti da un desiderio di pace incompiuto, e a farne le spese come la storia insegna puntualmente sono principalmente gli innocenti, i senza colpa.
Bambini, madri, ragazzi, uomini che vorrebbero provvedere al pane quotidiano per la propria famiglia. Gente che vorrebbe vivere senza conflitti, nella terra dei propri padri. E si trova invece a fuggire al suono degli allarmi antiaerei, o sotto le bombe.
A chi sopravvive non resta che contemplare la disumanità lasciata indietro dal passaggio dei carri armati, delle stragi violente, dei missili.
Ogni guerra è una sconfitta per l’intera umanità, ogni volta, ovunque. Ogni conflitto presente nel mondo, in questo momento, è una violenza che rende la pace più lontana per tutti, portando frutti di odio nelle generazioni future che di guerra crescono e si cibano.
Ma ciò che probabilmente turba oltre l’ammissibile è l’incertezza per la sorte dei bambini. Una sorte che si teme atroce.
Da una parte o dall’altra del conflitto israelo-palestinese, passando per quello tra Russia e Ucraina, ricordando la Siria e gli innumerevoli scontri in atto sulla faccia della terra in questo momento, quale che sia la loro religione o paese, ci sono bambini che subiscono l’orrore. Bambini identici ai nostri. Piccoli, indifesi, uguali tra loro nel bisogno di essere accolti, accuditi, rassicurati. E amati.
Purtroppo, restiamo perlopiù impotenti di fronte a notizie terribili, umanamente difficili anche solo da immaginare, che vedono proprio i bambini quali vittime inconsapevoli di un’ingiustizia più grande di loro.
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Da genitore, da madre, sento viscerale il richiamo alla difesa di questi figli, figli di genitori morti o imprigionati o depauperati di tutto, impossibilitati a difenderli.
E vivo la frustrazione di non possedere strumenti sufficienti per salvarli.
Per questo forse la dichiarazione del cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, mi ha fatto sentire riconoscente oltre misura.
Quest’uomo (cardinale, certo, ma comunque prima ancora uomo) in un’intervista rilasciata online con i giornalisti dell’associazione Iscom, ha dichiarato di essere pronto a qualsiasi cosa, di essere disposto a offrire la sua stessa persona come merce di scambio per il rilascio dei bambini ostaggio di Hamas, pur di riportarli a casa.
Dunque, il cardinale Pierbattista, senza pensarci, ha messo a disposizione la sua vita se servisse per salvarne altre indifese.
Ho trovato questa risposta autentica, niente a che fare con esternazioni emotive senza fondamenti concreti. Ho percepito nelle parole di quest’uomo un vero coraggio, la risposta di un cardinale che sente sulle sue spalle la paternità verso la comunità al punto da poter dare la vita per i propri figli.
Questa libertà assoluta, la capacità di disporre pienamente della propria vita fino a offrirla senza esitazione, mi ha dato un certo sollievo, da una parte. Perché finché nel mondo ci saranno uomini pronti a dare la propria vita per amore, sarà reale e presente una salvezza a forma di Croce.
D’altra parte, le parole del cardinale sono una provocazione per ciascuno di noi. Per chi vive una genitorialità di carne o chi semplicemente è chiamato a essere responsabile del fratello più piccolo e debole.
Dare la vita per amore probabilmente è la strada per la pace, ovunque, a partire dalle nostre case.
Se ciascuno di noi si sentisse profondamente libero di compiere un atto del genere, totalmente rivoluzionario e superiore a qualsiasi logica di conflitto, la pace nel mondo tornerebbe a regnare, con vastità assoluta, nel giro di cinque minuti.
Preghiamo dunque per la pace, ma anche perché nasca in noi il desiderio definitivo di fare della nostra vita un dono, a partire dai piccoli atti quotidiani, in nome dell’unico Amore che salva.
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