STRAGE DI MESTRE

La strage di Mestre: i pompieri restano oltre l’orario di lavoro per aiutare

21 morti a Mestre, per un incidente in pullman, forse causato dal malore dell’autista. Ci sono stati pompieri che hanno rinunciato a delle ore di riposo, altri che sono rimasti anche alla fine del proprio turno, pur di vedere l’operazione di salvataggio conclusa. Non è forse questo il vero volto dell’umanità, quello che vorremmo vedere sempre, anche al di fuori di contesti tragici? 

Ieri sera, 3 ottobre, a Mestre un pullman ha sbandato, finendo contro il guardrail. Sfondandolo, l’autobus, pieno di turisti (tedeschi, spagnoli, ucraini, austriaci, croati) sarebbe precipitato giù dal cavalcavia, facendo un volo di 15 metri.

Il mezzo si sarebbe poi incendiato, richiedendo operazioni di salvataggio delicatissime per tutta la notte.

La città di Mestre ha dichiarato oggi lutto cittadino, per rispetto delle 21 vittime, quasi tutte giovanissime. Tra di loro, anche bambini. 

Cosa c’è di più innaturale? Come non provare una stretta al cuore, davanti a simili notizie?

Non tutte le vittime e non tutti i feriti, inoltre, sono ancora stati riconosciuti. A rendere complicata questa operazione, la provenienza estera dei passeggeri e la difficoltà di riconoscere i volti e di recuperare documenti, a causa dell’incendio.   

Lo sgomento non ha tuttavia impedito a tantissime persone di aiutare, di impegnarsi per estrarre i corpi e anche i superstiti (15 sarebbero ora i feriti recuperati e portati negli ospedali vicini). 

Ci sono stati pompieri che, per dare il loro contributo, hanno rinunciato a delle ore di riposo, altri che sono rimasti anche alla fine del proprio turno, pur di vedere l’operazione di salvataggio conclusa. 

Non è forse questo il vero volto dell’umanità, quello che vorremmo vedere sempre, anche al di fuori di contesti tragici? 

Leggi anche: Bambina morta per lo schianto dell’aereo: le ferite più grandi da sanare sono quelle del lutto (puntofamiglia.net)

Probabilmente, la causa è stata un malore dell’autista, un quarantenne trevigiano, deceduto anche lui. 

Non sempre c’è un colpevole, quando avvengono delle tragedie. La strage di Mestre – su cui tuttavia si sta indagando – dalle prime ricostruzioni sembra piuttosto ricordarci quanto fragile sia la vita umana e che la morte arriva veramente all’improvviso, senza chiedere il permesso, anche troppo presto, almeno secondo i nostri canoni.

Preferiremmo quasi che ci fosse, un colpevole, qualcuno su cui far ricadere la responsabilità dell’accaduto, così da non dover pensare a quanto impotenti ci renda, in talune situazioni, la vulnerabilità umana.

Eppure, è proprio la nostra limitatezza, è proprio la consapevolezza che non sappiamo né il giorno né l’ora in cui verremo chiamati, che dovrebbe aprirci all’infinito e all’eternità.

Mentre ci stringiamo con la preghiera al dolore dei famigliari delle persone decedute, che hanno incontrato la morte troppo presto, dopo una semplice gita a Venezia, dobbiamo ricordare che davvero in questa terra siamo solo di passaggio. E che, se non esistesse la vita eterna, nemmeno vivere qui avrebbe senso.

La morte non sia vista come uno sbarramento, come negazione definitiva della vita, ma torni ad essere percepita nella nostra società dimentica del Paradiso come un “passaggio”. San Francesco, di cui oggi ricorre la festività, la chiamava addirittura sorella, non perché fosse “bella” o gentile, anzi, ma perché, se abbiamo fede la riconosceremo come il tramite per la Vita senza fine.




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