URAGANO IN LIBIA
Uragano in Libia: solo a Derna si temono 10mila morti
Mentre si continuano a contare le vittime del terremoto in Marocco – fino ad ora sono salite a 2800 – la Libia piange i suoi figli, sommersi da metri e metri d’acqua, a seguito di una violenta alluvione. Si pensa che le vittime possano arrivare a 10mila solo nella città di Derna.
Un forte uragano si è abbattuto la scorsa domenica sull’area orientale della Libia, in particolare sulle città costiere di Jabal al-Akhdar e Bengasi, dove è stato indetto un coprifuoco e le scuole sono state repentinamente chiuse.
A complicare la situazione a Derna è stato il crollo di due dighe sul fiume Wadi, che avrebbe «liberato oltre 33 milioni di metri cubi d’acqua che hanno generato devastanti inondazioni». Ingenti colate di fango hanno poi distrutto ponti e corroso le fondamenta di molti palazzi. Secondo il racconto della stampa locale, ancora oggi molti quartieri restano inaccessibili, mancano connessione internet e elettricità. Incalcolabili, al momento i danni, ma si stima che il 25 per cento della città sia completamente scomparso.
Il papa si è detto fortemente “rattristato”, per le calamità che hanno colpito questi nostri fratelli e sorelle.
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Se dovessimo smettere di credere in Dio per le catastrofi naturali, in questi giorni potremmo dire addio alla nostra fede.
Viene naturale guardare al Cielo e gridare “perché?”
Perché così tanta sofferenza?
Molte risposte le avremo, probabilmente, solo quando saranno portati a compimento “cieli nuovi e terra nuova” ed “Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate” (Apocalisse 21,1-4).
Fino ad allora, ci è chiesto di farci carico gli uni delle croci degli altri, come le discepole di Gesù e Simone di Cirene fecero con il Signore, sul Calvario.
È difficile capire il senso della sofferenza, ma quando pensiamo che Dio non può esistere e non può amarci perché permette tanto dolore, dobbiamo pensare che nemmeno Lui, quando ha vissuto la sua esperienza terrena, si è sottratto da questa realtà; tuttavia, l’ha fatta diventare preludio di una nuova nascita.
Non perdiamo la speranza, di fronte al male (fisico e morale) preghiamo, amiamo, aiutiamo, stringiamoci al dolore degli altri, senza mai smettere di guardare con fede al sepolcro vuoto.
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Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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