Giorgia Meloni giovedì sarà a Caivano. Ad annunciarlo l’infaticabile padre Maurizio Patriciello che ha espressamente e giustamente richiesto la presenza della premier. Il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca commentando lo stupro di gruppo al Parco Verde ha detto: “Caivano è “un inferno in terra”, bisogna “istituire uno stato d’assedio vero e proprio militare”. Dello stesso parere il coordinatore locale dell’Associazione Libera che in un’intervista al Giornale Radio, riconduce il problema della violenza sessuale alla criminalità, che fa uso della forza per affermare il suo potere. Dobbiamo senz’altro dire che il degrado unito al regime criminale, che regna in questo Parco con seimila abitanti, ha un suo peso specifico ma voler interpretare tutto l’accaduto solo scaricando la responsabilità sull’abuso di potere che la criminalità mette in atto in questa zona del Sud Italia, basta? O abbiamo bisogno di andare oltre e avere il coraggio di dire qual è la causa principale di un fenomeno che è sempre più diffuso?
L’abuso di potere, prendere cioè qualcosa o qualcuno con la forza, rappresenta la modalità ma alla base di questi atti di violenza c’è una visione distorta della sessualità, una visione alimentata da una precisa cultura, da una libertà e da un mercimonio del corpo che nessuno condanna. Non mi sembra, per esempio che si muova un dito per contrastare l’uso della pornografia. Al contrario vedo che non si vuole affrontare il problema perché, anche se è evidente il danno che provoca sui giovani, gli adulti sono i primi a farne uso e non vogliono rinunciarvi.
Combattiamo sì la criminalità ma senza mettere la testa sotto la sabbia. Se tutto ciò che riusciamo a fare in termini di educazione sessuale nelle scuole è redarguire i giovani sulle malattie sessualmente trasmettibili fornendo loro le nozioni per difendersi e poi “evviva il sesso sicuro e i preservativi”, cosa ci aspettiamo? Chi si prende cura di educarli al rispetto e al valore del proprio corpo e di quello degli altri? Chi si accorge che attraverso i social, le serie televisive, gli amici, i giovani imparano a fare un uso spasmodico della pornografia, della masturbazione, dei rapporti occasionali? E sembrano degli zombie, sempre stanchi e privi di iniziativa, perché queste dipendenze assorbono tante energie fisiche e mentali.
So per esperienza che tanti giovani non sono così felici di queste esperienze. Spesso stanno male davvero, ma hanno paura di parlare, si tengono tutto dentro. Noi adulti che facciamo? Dopo esserci preoccupati di mettere il preservativo nelle loro tasche, pensiamo e ahimè spesso diciamo: “Fai le tue esperienze, divertiti ma non portare guai a casa!”. Non si tratta di essere genitori bigotti o severi, si tratta che qui la famiglia, la scuola, la comunità ecclesiale deve trovare il coraggio di denunciare ad alta voce l’ipocrisia di una società che condanna lo stupro ma mercifica il corpo attraverso messaggi consumistici e volti solo al profitto. Si tratta di metterci al fianco di quanti operano per combattere la pornografia. Si tratta di prendere le distanze da un’educazione sessuale nelle scuole che ha come obiettivo solo quello di sdoganare una sessualità libera e promiscua. Se tutto questo non arriva dalle istituzioni, è giunto il tempo che la rivoluzione cominci dal basso.
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