SANTITÀ
Tu puoi diventare santa, santo: ci hai mai pensato?
I ragazzi sanno che possono diventare santi? Per mia esperienza purtroppo no, anche se frequentano il catechismo. Durante un incontro su Carlo Acutis con una prima superiore ho chiesto: “E voi? Potete diventare santi?”. La domanda li ha spiazzati. È un po’ come chiedere: “Qualcuno di voi andrà sulla luna?”. E invece la santità è una chiamata per tutti! Diciamolo!
Un po’ di tempo fa mi hanno invitata a parlare di Carlo Acutis a trenta ragazzi di prima superiore che si stavano preparando a ricevere la Cresima.
Mentre riflettevo su cosa dire, prima di recarmi nel bellissimo monastero dove si trovavano per il ritiro, ho pensato: “È giusto parlare di Carlo e proporre la sua esperienza come esempio di vita cristiana, ma qualcuno avrà detto mai a questi ragazzi che possono diventare santi pure loro? Non possiamo limitarci a osannare Carlo: non è questo lo scopo. Le testimonianze devono muovere altri verso Dio…”
Volevo capissero che i santi non sono alieni. Sono persone normali, fragili come tutti, che però hanno fatto spazio alla grazia.
A volte forse non ci pensiamo, pure se siamo cristiani, ma tutti siamo dei santi in potenza, e non bisogna essere “strani” o “troppo seri” per diventarci.
“Cosa significa essere santi?”, ho domandato ai ragazzi.
Mettendo insieme le loro risposte e facendo un breve riassunto è venuto fuori che i santi sono:
Gentili
Buoni
Generosi
Pazienti
Mi è parso un buon punto di partenza: significa che nel loro immaginario collettivo c’è l’idea che il santo sia una persona buona, che fa del bene.
Subito dopo ho chiesto loro: “E voi? Potete diventare santi?”
La domanda li ha spiazzati. Fatela ai vostri figli, ai vostri ragazzi a catechismo… vedrete che espressione faranno! È un po’ come chiedere: “Qualcuno di voi andrà sulla luna?”
Purtroppo, pochi avranno detto loro che è la santità è la priorità e la vocazione di ogni essere umano, la fonte della vera felicità.
Dopo un attimo di sorpresa, però, molti – con mio stupore – hanno detto di sì (“Carlo ci è riuscito, perché io non dovrei riuscirci?”), qualcun altro ha detto “Non lo so”, qualcun altro, infine, ha detto di no (“Non penso di avere le caratteristiche per diventare santo”).
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A quel punto ho chiesto: “Come si diventa santi?”
Quasi tutti hanno risposto: “Con l’impegno” e “con la buona volontà”. E qui è cascato l’asino: nessuno mi ha dato la risposta che volevo. Ovvero che santi non si diventa da soli, per bravura o per delle doti eccezionali.
“Se vi dicessi che la santità si fa in due? Uno siete voi, l’altro chi è?”, ho domandato.
Due o tre, in coro, mi hanno detto: “Dio”.
Lì volevo arrivare…
“Ecco: voi ci mettete il vostro impegno, la buona volontà, la disponibilità… ma c’è qualcuno che vi guida, che vi sta vicino. Potete diventare santi se decidete di essere amici di Gesù… Carlo ha deciso di esserlo: ecco qual è stato il suo segreto!”
Solo allora ho potuto parlare di quel loro coetaneo, oggi chiamato “beato” e patrono di Internet, che ha vissuto una vita normale e originale al tempo stesso, ma soprattutto felice, perché spesa per gli altri.
Ho raccontato alcuni aneddoti, anzitutto per spiegare come Carlo si accostava a Gesù (Eucaristia, lettura del Vangelo, preghiera) e in quali modi poi diffondeva l’amore di Dio agli altri, a partire dalla sua famiglia, dai compagni, fino ad arrivare ai più poveri e dimenticati, come i senzatetto del suo quartiere.
“Una volta ha svuotato il suo salvadanaio per comprare un sacco a pelo ad un senza tetto; spesso aiutava la ragazza che veniva a stirare a casa sua a piegare i panni, perché così poteva finire prima e andare dai suoi figli. Sono piccoli gesti, ragazzi, ma fatti con amore. Gesti che possiamo fare tutti!” ho spiegato a quei cresimandi che mi stavano di fronte.“Basta posare lo sguardo sulle persone che abbiamo vicino! Non pensate che i santi sono esseri superiori, non è così… sono stati umani e deboli come voi, hanno avuto il solo merito di essere umili e lasciarsi fare da Dio!”
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