Direttiva contro la violenza sulle donne: perché l’aborto è promosso come un traguardo?

Si è consumata in questi giorni, precisamente il 10 luglio scorso, l’approvazione, senza voto, del Parlamento Europeo, riunito in plenaria, della Direttiva per combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica. Purtroppo, però, ha vinto l’ideologia, almeno in tema di aborto. Vediamo di seguito perché…

Il testo della Direttiva per combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica. (https://www.europarl.europa.eu/plenary/it/infos-details.html?id=1071&type=priorityInfo), approvato il 10 luglio scorso è sensibilmente diverso da quello approvato dal Consiglio Europeo solo il 16 giugno scorso, frutto di un lungo lavoro, partito l’8 marzo 2022, del Parlamento Europeo, e di altre istituzioni europee (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=consil%3AST_9305_2023_ADD_3).

Questa Direttiva poteva essere un bella occasione per difendere le donne, tutte, dalla violenza. Invece ha vinto l’ideologia, sacrificando le donne.

Secondo la Direttiva non tutte le donne vengono protette dalla violenza. Di fatto è stata introdotta una discriminazione per età e per credo ideologico. Le bambine nel grembo materno per lo più non vengono protette. Allo stesso modo non vengono protette le donne che non desiderano abortire anche in seguito a violenza. Un fatto senz’altro grave.

Secondo la Direttiva è violenza “prevenire o il tentativo di prevenire l’interruzione volontaria di gravidanza”, nonostante le donne subiscano spesso pressioni per “scegliere” di rinunciare al proprio figlio con l’aborto. Le donne che sono costrette a “scegliere” di abortire perché sono sole, perché lo vuole il partner, il datore di lavoro, la famiglia, gli amici, lo stato, la società, perché non hanno denaro, rischiano di non poter trovare accoglienza e aiuto da tutte quelle realtà che si mettono a disposizione per poter dare un’alternativa concreta a rinunciare al proprio figlio/a, attraverso l’aborto.

La direttiva inoltre prevede che tra le cure mediche predisposte in seguito a violenza e violenza sessuale debba essere compreso l’accesso “all’aborto sicuro e legale”, “alla contraccezione d’emergenza” e alla “salute sessuale e riproduttiva”. Di fronte all’atto orribile della violenza sessuale, che va senz’altro punita, il bambino o la bambina concepiti sono essi stessi vittime, perché non proporre anche per loro un percorso di assistenza per la violenza subita? L’aborto procurato non è la soluzione alla violenza sessuale.

Si segnala, tra l’altro, la fortissima deriva gender, del testo della direttiva.

Il testo della Direttiva però fino a fine giugno non era così. Il 28 giugno scorso, il testo (https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/A-9-2023-0234_EN.htmlf), dopo essere passato alla Commissioni Femm (Commissione per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere) e Libe (Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni), ha stravolto il senso e il contenuto della Direttiva stessa.

Anche la procedura è stata adeguata alle necessità ideologiche antifemminili.

Il voto nelle commissioni FEMM e LIBE, la mancanza di trasparenza (i documenti sono stati resi pubblici solo all’ultimo momento prima del voto), il dibattito pubblico affrettato e compromesso, hanno portato alla mancanza di trasparenza del voto del 28 giugno e forse ad una mal informata accettazione nella plenaria del 10 luglio nel Parlamento Europeo (la discussione non era nell’ ordine del giorno!). 

Dopo l’approvazione senza voto della Direttiva, il testo andrà direttamente alle cosiddette “negoziazioni inter istituzionali”, cioè tra Parlamento, Commissione e Consiglio Europeo.

“Una procedura ideologica e non trasparente” l’ha definita la Federazione One of Us, secondo cui “Questo modo di lavorare del PE è in realtà un tentativo camuffato di legiferare su un settore totalmente al di fuori delle competenze dell’UE”.

C’è da sperare che dal confronto delle tre istituzioni UE riemerga un testo equilibrato, democratico, non ideologico e che difenda le donne dalla violenza.

Essendo una Direttiva, il testo definitivo approvato sarà obbligatorio per gli Stati.

Leggi anche: In Italia l’aborto è un diritto? Vediamo cosa dice la legge 194 (puntofamiglia.net)

I numeri della violenza dimostrano come il fenomeno abbia un impatto devastante anche in UE.

Una donna su tre ha subito violenza fisica o sessuale, una donna su due ha subito molestie sessuali, come riporta la Commissione Europea (https://www.consilium.europa.eu/it/policies/eu-measures-end-violence-against-women/).

Ancora, una donna su quattro è vittima di una forma di violenza in gravidanza e le violenze domestiche sono la seconda causa di morte in gravidanza, secondo WHO (Organizzazione Mondiale della Sanità).

L’aborto è una violenza di genere che ha causato, secondo Lancet, in uno studio del 2021 (https://www.thelancet.com/journals/langlo/article/PIIS2214-109X(21)00094-2/fulltext), la morte di 13.5 milioni di bambine nel grembo materno nella sola India tra il 1987 e il 2016, e di circa 30 milioni di bambine nel mondo tra il 1980 e il 2010. Come non ricordare a questo proposito lo scandalo delle Missing Girls lanciato nel 2010 dall’Economist (https://www.economist.com/leaders/2010/03/04/gendercide).

Perché la direttiva non tiene conto e non si preoccupa della violenza che viene perpetrata sulle bambine nel grembo materno?

La Federazione One of Us si schiera a fianco di tutte le donne di tutte le nazioni, fin da quando sono bambine nel grembo materno, e si schiera contro ogni violenza sulle donne; fa presente che l’aborto non è un diritto, ma è piuttosto un atto violento contro la donna che viola il suo corpo e la sua intimità; esprime la sua forte preoccupazione per la deriva antidemocratica di questa direttiva, che manipolando il delicato tema della violenza sulle donne, obbliga gli stati ad introdurre l’aborto senza limiti nelle proprie legislazioni, violando la stessa legislazione UE; fa notare, infine, che questo articolato introduce pericolose discriminazioni nei confronti delle donne, dei bambini concepiti, di tutte quelle associazioni per la vita che aiutano le donne.

One of Us, ricordando che il numero di assistenza telefonica dell’UE per le donne vittime di violenza è 116 016, ribadisce che le donne hanno il diritto di vivere libere dalla violenza, compresa quella dell’aborto procurato.

Marina Casini, presidente di One of Us e del MpV Italiano, è fortemente impegnata nella lotta contro ogni forma di violenza contro le donne. Tuttavia, sottolinea la necessità di non utilizzare questa direttiva come mezzo per promuovere agende ideologiche che non riflettono il consenso generale all’interno della società europea, in particolare per quanto riguarda l’interruzione della vita dei figli non ancora nati. Casini sottolinea anche l’importanza di liberare le donne dai vincoli e dalle pressioni che le portano a scegliere l’aborto. Secondo molte donne che lo hanno sperimentato l’aborto è visto come una sconfitta per la donna stessa. La Presidente di One of Us e del MpV Italiano chiede un’attenta analisi della direttiva per garantire che rimanga fedele al suo obiettivo iniziale e rispetti i valori democratici su cui si basa l’Unione europea.




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