CORRISPONDENZA FAMILIARE

Come prepararsi e vivere nella fede il giubileo nuziale

26 Giugno 2023

Celebrare il 25° di matrimonio è un passaggio obbligato per gli sposi ma spesso si tratta solo di una festa con amici e parenti. La fede invita a vivere questo appuntamento come un’opportunità per rileggere con gratitudine il cammino compiuto e chiedere la grazia di continuare con nuovo vigore. Per accompagnare gli sposi a vivere nella fede questo momento così significativo della loro avventura nuziale, ho elaborato un itinerario che li aiuta a fare di questo anniversario un nuovo patto, un’altra tappa di quel pellegrinaggio terreno che troverà il suo sigillo – ma non la sua conclusione – quando varcheranno la soglia della vita. Al termine di questa esperienza ho consegnato questa lettera.

Carissimi sposi,

siamo giunti al termine del nostro itinerario, in questi giorni avete avuto la possibilità di rileggere il vostro cammino alla luce della Parola di Dio. Avete avuto anche la possibilità di accostarvi al Sacramento della Riconciliazione per chiedere ancora una volta la grazia di essere purificati e risanati dall’amore di Dio. Questo cammino ha trovato il suo sigillo nella celebrazione eucaristica in cui, con la stessa trepidazione ma con più intima certezza, avete rinnovato il vostro impegno nuziale. Prima di lasciarvi, desidero suggerire ancora qualche riflessione. 

Il Libro dei Salmi ha tante pagine oranti e tutte belle. Una di quelle che più mi piace racconta in forma litanica la storia d’Israele, ogni evento è accompagnato dal ritornello: “Eterna è la sua misericordia” (Sal 135). Invito anche voi a raccontare così la vostra storia, provate a rileggere ogni esperienza come un evento in cui Dio ha rivelato la sua misericordia. Il libro della memoria si riempirà di pagine e scoprirete con stupore e gioia di non avere abbastanza fogli per scrivere tutto. Provate a fare questo insieme ai vostri figli. 

In questi anni ho avuto modo di conoscere molte coppie e di parlare in tante occasioni. Consigli da dare ne avrei tanti. Mi limito a indicare alcune strade. Vi invito in primo luogo ad amare ciò che avete: non raramente capita di investire molte energie nel tentativo, generoso ma inconcludente, di raggiungere ciò che non abbiamo e che appare importante ai nostri occhi. Corriamo il rischio di inseguire illusioni e di ritrovarci, alla fine, più stanchi e delusi. Imparate ad accettare il presente con le sue asprezze: è questa la regola della santità.  

Vi chiedo anche di fare attenzione all’abitudine: l’aggettivo familiare indica qualcosa che conosciamo abbastanza bene, richiama l’intimità e la confidenza. E tuttavia, accade piuttosto frequentemente che la familiarità faccia cadere nella routine che veste di polvere la vita ordinaria e fa perdere la bellezza delle piccole cose. 

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Ultima cosa, ma non per importanza: rifiutate la tentazione di fare tutto e solo con le vostre forze: uno solo è l’Onnipotente, “l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene” (Ap 1,8). Noi invece sperimentiamo continuamente i nostri limiti. State attenti anche ad un’altra e più pericolosa tentazione, oggi molto diffusa nelle nuove generazioni, quella di fare le cose senza sforzo. Ricordate che le cose più belle non si comprano a buon mercato ma si acquistano con grande fatica e spesso richiedono anche sofferenza. 

Nei frammenti che vi ho donato ho fatto cenno alla grande avventura di Israele nel deserto, raccontata nel Libro dell’Esodo: quell’esperienza è un’icona eloquente della nostra vita. Il cammino verso la terra promessa è fin dall’inizio intessuto di prove e di tribolazioni. Da poco erano fuggiti quando si trovarono dinanzi al mare, che appariva ai loro come un ostacolo insuperabile: “Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore” (Es 14,10). Dinanzi al pericolo, Israele sperimenta la sua fragilità, non ha ancora imparato a fidarsi di Dio. E tuttavia, non è un popolo disorientato, sanno a chi rivolgersi. È vero che si lamentano con Dio e con Mosè ma nello stesso tempo invocano il Signore e chiedono di essere liberati dal male che incombe. La nostra fede è come quella di questo popolo, siamo fragili ma sappiamo anche di poter rivolgerci a Dio. Ed è proprio questa la nostra salvezza. 

Gesù non ha promesso ai suoi discepoli di liberarli dalle prove ma dalla paura: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” (Gv 14,1). Vi sono situazioni in cui Dio permette la prova, forse perché vuole fortificarci nel dolore o forse per manifestare la sua gloria. Non lo sappiamo, ma non dobbiamo maledire le prove. “La maturità è l’arte di vivere in pace con ciò che è impossibile cambiare” (A. Landerz).

Anche le donne che vanno al sepolcro il mattino di Pasqua sono avvolte dalla paura, ed è comprensibile: le parole che ascoltano e le cose che vedono superano ogni umana comprensione. E tuttavia, lo stesso Gesù, per vincere i loro dubbi, appare alle donne e le invita a vincere ogni forma di preoccupazione, l’incontro si chiude con un messaggio che non ammette indugi: “Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l’ho detto” (Mt 28,7). Sono le stesse parole che dico a voi: andate, non indugiate! Il mondo attende, tanti sposi hanno bisogno di una parola di speranza. 

Vi affido alla grazia di Dio perché porti a compimento l’opera che ha iniziato in voi. 

Vi abbraccio in Cristo Gesù, Signore nostro. 

Don Silvio




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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