GIOVANI E ORATORIO
Sempre meno adolescenti negli oratori estivi: che fare? La parola a don Alberto Ravagnani
Le scuole chiudono fino a settembre, così molti bambini e ragazzi saranno impegnati in attività estive. “Attività preziosissime per le famiglie, – sottolinea don Alberto Ravagnani – tanto attese dai bambini quanto accuratamente preparate dagli animatori. Attività che, però, come tutto nella Chiesa, devono anch’esse sempre rinnovarsi. La logica del ‘si è sempre fatto così’ non vale”.
“Si è sempre fatto così: ecco la morte della Chiesa, della parrocchia, dell’oratorio. Ogni volta che si rifugia in questa logica la Chiesa si ammala, perché rimane bloccata su sé stessa, si appesantisce e, alla fine, invecchia, non riuscendo più a risultare attraente per i giovani”: è con queste parole, forti, dure, ma profondamente vere, che don Alberto Ravagnani apre una sua riflessione, pubblicata su Avvenire domenica 11 giugno.
Poi spiega che a pensarla in questo modo è anche il papa, il quale afferma: “La Chiesa deve andare avanti, deve crescere continuamente, così rimarrà giovane”.
Se da una parte si devono offrire dei validi servizi ai bambini e alle loro famiglie, dall’altra è fondamentale “andare incontro ai nuovi bisogni dei ragazzi, in particolar modo degli adolescenti”.
Il giovane sacerdote e educatore sa che ancora molti ragazzi delle superiori sceglieranno, durante queste vacanze, di dedicare tempo ed energie ai bambini dell’oratorio estivo, impegnandosi come animatori, ma “sono sempre di più quelli che scelgono di non farlo”. Ciò, a suo avviso, rappresenta la perdita di una bella occasione, per la Chiesa (che ha bisogno delle loro energie), ma anche per i ragazzi stessi: “Sia chiaro: ci si può salvare anche senza l’oratorio. – sottolinea – Tuttavia, è innegabile che vivere una forte esperienza di fraternità e servizio durante l’adolescenza possa rappresentare una svolta capace di orientare la vita intera”.
Di fatto, dopo il Covid molti adolescenti si sono ritirati dagli oratori. Per don Alberto “Da una parte il lockdown ha fiaccato la loro capacità di relazionarsi, dall’altra la Dad li ha abituati a stare comodi a casa e li ha disabituati alla fatica”. Secondo il sacerdote “fare l’animatore all’oratorio è sicuramente bellissimo, ma anche molto impegnativo. Per alcuni fin troppo” e “non tutti gli adolescenti di oggi siano disposti – o pronti – a questo tipo di impegno”.
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Di fronte a questo infiacchimento dei giovani, però, non ha senso puntare il dito contro di loro. A tal proposito dice: “Mi sforzo di comprendere le loro ragioni e mi interrogo sui loro bisogni. In quanto prete e educatore, il mio compito è capire cosa fare con loro e per loro”.
La Chiesa non può limitarsi ad osservare i problemi: “Sarebbe troppo semplice liquidare la questione dicendo che non possiamo farci niente e che dobbiamo comunque essere grati per quegli adolescenti che hanno scelto di occuparsi dei più piccoli. Se la maggior parte degli adolescenti stanno fuori dagli oratori dobbiamo trovare dei modi per raggiungerli lì dove sono, oppure dobbiamo inventarci una proposta estiva in grado di coinvolgerli”.
Questo perché i ragazzi hanno il diritto, per don Alberto, di “sperimentare l’Amore che salva”.
Troppi di loro sono tristi, tendono a isolarsi – fa notare il sacerdote – e cercano di “compensare in maniera disordinata le loro mancanze affettive”. Troppo spesso abbiamo “ragazzi arrabbiati che gridano il loro disagio a un mondo adulto troppo sordo per ascoltarli”. Il problema è che molti “non possono nemmeno contare su adulti affidabili o amici veri per cercare aiuto”.
Che fare, dunque? Secondo don Alberto, un primo passo per avvicinare i lontani è “offrire ai ragazzi la possibilità di frequentare l’oratorio estivo pur senza svolgere per forza il servizio di animatori. Non per forza tutti gli oratori, ma almeno uno per città potrebbe offrire agli adolescenti della zona una proposta loro dedicata senza chiedere immediatamente una prestazione in contraccambio”. Secondo lui, è bene far sì che i ragazzi trovino un posto che possano sentire “casa”, affiancandosi a “adulti credibili”, “che diventino come padri e madri, amici che si compromettano con loro come fratelli e sorelle”.
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