16 Giugno 2023
Un padre davanti alla salma del figlio di cinque anni. Adulti: fatti non parole
Manuel Proietti aveva 5 anni ed era appena uscito dall’asilo dove la mamma con l’altro fratellino di tre anni lo aveva prelevato per tornare a casa. Sedeva sul seggiolino di sicurezza quando un Suv Lamborghini Urus azzurro preso a noleggio, dalla corsia opposta ha travolto la smart uccidendolo e provocando ferite gravi alla mamma e al fratello più piccolo. A bordo del mezzo di grossa cilindrata vi erano i The Borderline, un gruppo di 5 ragazzi che da due giorni si filmavano per le strade con il mezzo di lusso, per postare i video sul loro canale seguito da 600 mila iscritti e con oltre 152 milioni di visualizzazioni dal 2020. Alla guida un ventenne risultato poi positivo al test della cannabis. L’incidente si è verificato a Casal Palocco, un quartiere di Roma sud. Questi i fatti, nudi e crudi.
La riflessione potrebbe essere fatta a più livelli. Senza cadere nel paternalismo sui giovani di oggi o al contrario in esternazioni di odio verso questi ragazzi sottoposti ad un vero linciaggio mediatico inconcludente, come adulti forse è il caso di farci due domande. Il gruppo, tutti ragazzi tra i 20 e i 23 anni, organizza sfide online con votazioni e clic a pagamento. Tra queste anche il fatto di restare in auto 50 ore di fila. Anche quel viaggio sul suv rientrava in questa sfida come si evince dal video che hanno postato pochi minuti prima dell’incidente. Scrivono sulla loro pagina: “Non siamo ricchi ma ci piace spendere per farvi divertire a voi! Tutto quello che facciamo si basa su di voi, più supporto ci date più contenuti costosi e divertenti porteremo, tra sfide, challenge e scherzi di ogni tipo cercheremo di strapparvi una risata in ogni momento”. La frase davvero inquietante è questa: “tutto quello che facciamo si basa su di voi”. Il pensiero unico di questi giovani è rispondere ad una domanda di mercato con un’offerta pericolosa sia per la propria vita che per quella degli altri.
La domanda che mi pongo è drammatica: adulti dove siamo? È facile cadere nella retorica che oggi i giovani non sono più quelli di una volta. Non è vero che abbiamo giovani peggiori degli adulti. Nelle dinamiche intergenerazionali, gli adulti si arrogano il diritto della giustezza e i figli quello della creatività e dell’innovazione. I conflitti non sono necessariamente il segno di una distanza, anzi. Se un genitore e un figlio non si capiscono, specialmente quando il figlio è adolescente, significa che il giovane sta crescendo bene. Cerca la sua autonomia, verifica fino a che punto potrà spingersi riuscendo ad esistere con le sue sole forze, con la sperimentazione delle proprie idee, nella convinzione giovanile di essere originale ed importante per gli altri.
Ma tutte queste cose sono possibili se ci sono adulti che si sono presi la responsabilità di parlare, di stare, di correggere, di fornire loro scalpello e martello per fare della loro vita un capolavoro, indicando una possibile loro utilizzazione, ma lasciando che siano solo i giovani a dare il nome giusto ai sogni e al domani. Un nome che è frutto non degli algoritmi del mondo, dei social, dei click su YouTube ma davvero un ideale per cui dare la vita.
Questi ragazzi è da tempo che hanno questo canale, che si sottopongono a sfide borderline, che filmano tutto anche i loro pensieri, Possibile che nessun adulto se ne sia accorto? Possibile che nessuno abbia considerato il rischio dei loro comportamenti? Possibile che facciamo spallucce e pensiamo “Che c’è di male?” si divertono soltanto senza pesare le conseguenze? La giustizia farà il suo corso ma noi adulti se non riprendiamo il ruolo di guide e testimoni rischiamo davvero che il volante ci sfugga di mano. Intanto un padre ha dovuto ieri mattina riconoscere la salma del proprio figlio di cinque anni che stava spensieratamente tornando a casa dopo la scuola. Fatti non parole.
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