Dal 24 febbraio 2022, giorno dell’inizio della guerra, sono morti in Ucraina 478 bambini. Oltre 960 sarebbero invece stati feriti, alcuni dei quali gravemente. I numeri sono stati forniti dal procuratore generale ucraino. Sarebbero invece 19.514 i bambini ucraini deportati illegalmente in Russia secondo il Ministero della reintegrazione ucraino.

Se una società non è in grado di difendere e custodire i propri figli, i bambini, quale civiltà potrà mai costruire? Se non siamo in grado di proteggere i bambini dall’orrore della guerra, che adulti siamo? So che sono domande retoriche che si innalzano inutili tra gli interessi politici ed economici in gioco ma scusate se non riesco proprio a rassegnarmi a questo continuo bollettino di morte.

Vedo i miei nipoti dalla finestra mentre scrivo, giocano spensierati in giardino dopo la fine della scuola e non posso fare a meno di pensare a quei bambini invece che si sono abituati ai boati delle bombe e degli spari, a vivere in alloggi fortuiti e a sperare che i loro papà tornino presto dalla battaglia.

È arrivato a Kiev con le prime luci dell’alba del 5 giugno il cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI. È stato mandato dal Papa in modo particolare per la liberazione degli oltre 20 mila bambini ucraini deportati in Russia. Tutto fa credere che la sua sia una missione impossibile. «Io però ai miracoli ci credo» aveva detto proprio Zuppi alla vigilia del suo viaggio. Dovrebbe dopo Kiev, volare anche a Mosca ma è tutto un’incognita. Sia Zelensky che le autorità russe sembrano non voler nessuna mediazione.

Il Vaticano, attraverso un comunicato, ha scritto che «si tratta di una iniziativa che ha come scopo principale quello di ascoltare in modo approfondito le autorità ucraine circa le possibili vie per raggiungere una giusta pace e sostenere gesti di umanità che contribuiscano ad allentare le tensione». Parole condivisibile e diplomatiche che tutti speriamo nascondano l’intenzione concreta di aiutare i bambini deportati in Russia e per i quali già Putin è stato condannato dalla Corte Penale Internazionale.

Cosa possiamo fare? Accompagnare questo viaggio con una più intensa preghiera. I miracoli si compiono se un popolo credente si mette in ginocchio. La settimana scorsa mi sono fermata su una foto che girava sui social di un nonno che piange la nipotina morta. La didascalia ci dice che la bambina ha 9 anni e si chiama Vika. Il nonno è seduto, piegato davanti a quel telo che nasconde il corpo della sua nipotina, piegato davanti al dolore che lo ha annientato, a quella bomba che esplodendo ha portato via il suo futuro, il suo cuore, la sua gioia. È un’immagine eloquente di tutto il dramma di questa guerra assurda e devastante. Per lei, per gli altri 478 bambini sia invocata la pace, presto.

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