La tragedia
Giulia uccisa con il suo bambino: quale speranza rimane?
Cosa scatta nella testa di un uomo, tanto da poter togliere la vita ad una ragazza e al proprio figlio? Ci sono situazioni umanamente incomprensibili e, diciamocelo, praticamente imperdonabili. Cosa possiamo dire a questi genitori, che hanno perso in un attimo la loro amata ragazza e la nipotina in arrivo? Esiste rimedio a un male così grande?
La storia di Giulia e del bambino che portava in grembo ci ha tenuti col fiato sospeso per cinque giorni. Ricerche estuanti, interrogatori, ipotesi fatte, stravolte, riformulate. È sparita da sola? Ha preso un volo? Qualcuno le ha fatto del male? È stata rapita? Si è suicidata?
La donna, incinta al settimo mese, aveva scoperto che il fidanzato teneva in piedi una storia parallela. Anche l’altra donna era stata incinta, ma l’uomo l’aveva spinta ad abortire.
Dopo la scoperta delle bugie del fidanzato, Giulia è scomparsa e sono apparsi annunci ovunque, in tv, sui social per cercarla.
Poi l’epilogo: il fidanzato confessa. L’ha uccisa lui. Conduce i carabinieri e i genitori, ovviamente disperati, nel luogo dove ha occultato il cadavere.
Chi non ha vissuto un dramma indicibile come questo non può comprendere cosa stia passando quella famiglia, adesso; ma possiamo immaginare quali stati d’animo li attraversino. “A che serve andare avanti, adesso? Non resta più nulla”. E poi la rabbia. Rabbia per quell’omicida, che ha agito in modo spregiudicato, con una lucidissima mente criminale.
Cosa scatta nella testa di un uomo, tanto da poter togliere la vita ad una ragazza incinta di suo figlio?
Com’è possibile che Satana arrivi a corrompere ed a ingannare l’animo umano fino a questo punto?
Ci sono situazioni umanamente incomprensibili e, diciamocelo, praticamente imperdonabili.
Cosa possiamo dire a questi genitori, che hanno perso in un attimo la loro amata ragazza e il nipotino in arrivo? Esiste rimedio a un male così grande?
La tentazione di non trovare alcun motivo di speranza, in questi casi, colpirebbe chiunque.
Siamo fragili, con una visione che spesso si ferma al tempo presente. E il tempo presente ci offre l’immagine di due vite innocenti stroncate in modo prematuro e brutale. L’ennesimo femminicidio, aggravato dalla morte di un bimbo. Un duplice omicidio, a tutti gli effetti.
Ho letto, questa mattina, in ogni dove, insulti verso l’assassino e commenti disfattisti di vario generale. Sono reazioni più che comprensibili. Sono reazioni umane.
La prima riflessione che dovrebbe nascere in noi, però, se siamo cristiani, è che Dio ha uno sguardo più ampio di quello che ci offre il mondo. Il che non significa chiudere gli occhi o non riconoscere l’orrore che ha toccato queste vite. (Il male è male. Senza eufemismi, senza buonismo. La libertà usata male porta a delle tragedie immani).
Significa, però, continuare a sperare, anche dove le speranze umane finiscono (Come hanno fatto Maria e Marta davanti al sepolcro di Lazzaro, come hanno fatto le donne portando fiori a Gesù la domenica dopo la sua morte) e chiedere a Dio una consolazione e una resurrezione – del cuore prima di tutto! – che solo lui può dare.
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Da chi andremo? Solo Gesù, davanti alla morte, può ricordarci che siamo stati creati per l’eternità.
E Lui è stato chiaro, quando ha detto che la morte è anzitutto quella dell’anima. (“Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccider l’anima; temete piuttosto colui che può far perire e l’anima e il corpo nella geenna” – Matteo 10, 28). Ricordiamoci che anche Gesù è stato ucciso. Ma vive, in eterno.
Altra cosa utile – molto più utile che diffondere negatività – è restare in silenzio di fronte al dramma e pregare.
Pregare perché Giulia veda la luce, insieme al suo bambino.
Pregare per la conversione del carnefice (impossibile per noi, forse, ma non per Dio).
Pregare perché il Signore doni “occhi nuovi” ai famigliari che ora sono accecati dal dolore, perché possano vedere viva la loro ragazza e la sua bambina in modo nuovo.
Pregare perché, in modo a noi ignoto ma noto a Dio, tutto questo male si converta in bene.
Infine, chiediamoci come fare perché simili storie non si ripetano.
Non ci stancheremo mai di ripetere, tra le pagine di questo Magazine, che occorre educare i giovani sin dalla preadolescenza ad una sana affettività. Ad amare in modo generoso, non possessivo ed egoista.
Aiutiamo i ragazzi a capire che “virilità” è avere cura della donna, non sedurla e dominarla.
Aiutiamo le ragazze a riconoscere che meritano rispetto. A smascherare le bugie. A rendersi conto di quei segnali che mostrano dove l’altro non è autentico, sincero, onesto.
Qualche tempo fa, una ragazza che mi legge mi ha scritto un messaggio privato. Era confusa perché il suo ex diceva di “essere cambiato” e di volerci riprovare con lei. Si diceva pentito per il male commesso, diceva di aver affrontato un percorso di maturazione. Ha iniziato a corteggiarla.
Lei, indecisa, mi chiedeva consiglio. Io non conoscevo né lei, né quell’uomo, ma, dopo un po’ che parlavamo, le ho detto semplicemente: “Guarda come si comporta nella vita, non tanto con te…”.
Lei si è recata sulla tomba di Santa Gianna Beretta Molla. Ci ha pregato su. E l’indomani mi ha risposto: “Nella vita si dimostra una persona poco seria, ho scoperto che due giorni fa ha pubblicato sui social una foto con la ragazza che stava frequentando. Con sua madre si comporta in modo strano, litigano sempre. Ha un figlio, ma a lui non è interessato e quando stanno insieme fa quello che vuole, non quello che sarebbe meglio per il figlio. Comunque ti ringrazio, perché mi hai aiutato ad ampliare lo sguardo, a vedere meglio la realtà e penso che per me sarebbe meglio non frequentarlo, anche se lui dice di essere innamorato. È un uomo instabile”.
Aiutiamo i giovani a diventare uomini che sanno proteggere e assumersi vere responsabilità.
Aiutiamo le giovani donne a cogliere quei segni di instabilità, di non-trasparenza, di vigliaccheria, in quegli uomini che sono bravi a parole, ma poi, nei fatti, rovinano la vita.
Genitori, parrocchie, scuole: facciamo di più per educare al rispetto di sé, dell’altro, e pensiamo a qualcosa di serio nell’ambito dell’affettività. I fatti di cronaca nera – ma anche realtà più vicine a noi – ci dicono che è davvero urgente. Non possiamo sottrarci.
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Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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