31 Maggio 2023
Maria, modello della donna nel cammino sinodale della Chiesa
Nelle molteplici riflessioni, convegni, cantieri che si stanno portando avanti in questo processo sinodale, credo che una grande attenzione debba essere posta al ruolo della donna nella vita della Chiesa ma non riducendo semplicemente il discorso a quale ruolo istituzionale dare alle donne o in che modo possono occupare un posto nelle scelte decisionali. È poca cosa ridurre il mistero della donna a una serie di compiti.
La donna va aiutata a recuperare la sua vocazione, la sua propria missione, di figlia, sposa e madre. Se non depuriamo la donna da tutti gli stereotipi e da tutte le ideologie culturali che negli anni hanno coperto questa precisa identità, rischiamo di non cogliere nel segno, rischiamo di depauperare la società, la famiglia e anche la Chiesa dalla ricchezza della presenza della donna. Lasciamoci aiutare da Maria, in modo particolare oggi mentre la contempliamo gravida della potenza di Dio nella casa di Elisabetta. È Lei il modello per ogni donna in questo percorso sinodale.
La Chiesa che è nata a Pentecoste ha goduto della presenza di Maria. Maria “ha reso possibile” quell’esplosione missionaria. Da allora, chi cerca Maria la trova sempre nel popolo di Dio che è un prolungamento di quella primitiva comunità. Maria è in mezzo a noi, cammina con noi, il suo cuore di madre palpita tra noi. Comprendere il ruolo di Maria in mezzo alla nostra vita illumina in modo particolare il ruolo delle donne nel popolo di Dio. Sull’esempio della Vergine, il cuore delle donne è un cuore di popolo, sensibile alla realtà nella famiglia, nella comunità, nella società.
Ne deduciamo che il contributo delle donne alla vita di popoli e, in particolare, del Popolo di Dio in questo cammino sinodale, è fondamentale quanto lo è stata la collaborazione di Maria nell’opera della salvezza. La donna, icona di Maria, trasmette propriamente alla Chiesa le caratteristiche proprie della Madre di Dio: misericordia, tenerezza, cura, ascolto, accettazione, resilienza. Quando la sua identità è chiara, illuminata da Maria in piena reciprocità con l’uomo, con il maschile, la donna porta il contributo proprio, il suo dono nella Chiesa.
Le donne che guardano a Maria vivono e camminano con Lei, si rispecchiano in Lei, sanno dare un contributo più efficace alla sinodalità nella Chiesa. Ma come? La Chiesa e la società hanno bisogno innanzitutto del femminile come esperienza feconda di comunione, come esperienza generativa nelle relazioni, come capacità di custodire l’altro con tenerezza. Così come ha fatto Maria nella casa di Elisabetta e Zaccaria.
Quando pronuncia le parole del Magnificat, Maria non esalta se stessa. Ella invita a porre lo sguardo su Dio, sulle sue meraviglie, sulla sua immensa misericordia. Non è mai Lei al centro. Maria ci insegna che nella preghiera è Dio al centro, è Lui che contempliamo, è Lui che adoriamo e in Lui riconosciamo le grandi cose che opera nella storia dell’uomo. Al tempo stesso affermando che Dio “ha guardato l’umiltà della sua serva” e che “d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”, Ella testimonia che la vera umiltà non significa considerarsi incapaci ma è umile chi riconosce che tutto viene da Dio.
Commentando questa preghiera il 15 agosto 2013 papa Francesco disse: “Il Magnificat: è il cantico della speranza, è il cantico del Popolo di Dio in cammino nella storia. È il cantico di tanti santi e sante, alcuni noti, altri, moltissimi, ignoti, ma ben conosciuti a Dio: mamme, papà, catechisti, missionari, preti, suore, giovani, anche bambini, nonni, nonne: questi hanno affrontato la lotta della vita portando nel cuore la speranza dei piccoli e degli umili”. Che bello pensare alle donne che sull’esempio di Maria sono le donne della speranza, capaci di immettere lì dove vivono, amano, lavorano, assumono un ministero, una fiducia incondizionata nel Padre celeste. E di quanta fiducia e speranza oggi il mondo ha bisogno per vincere la paura e l’incertezza del domani.
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