NUOVI ORIZZONTI
Chiara Amirante, l’impegno per gli “scartati” e la comunità Nuovi Orizzonti
di Emanuela Molaschi
Chiara Amirante racconta: «Quanti fratelli disperati con le lacrime agli occhi mi hanno abbracciato chiedendomi: “Ti prego, Chiara, portami via da questo inferno!” … e che dolore non riuscire a trovare un posto dove portarli. Mi sentivo troppo piccola, fragile, impotente dinanzi al grido lancinante del popolo della notte… Per loro non c’era posto». È dal dolore e dal desiderio di fare qualcosa per loro che nasce la comunità di Nuovi Orizzonti.
Chiara Amirante, la fondatrice della Comunità Nuovi Orizzonti, racconta la sua storia.
«I miei genitori erano anticlericali e agnostici, ma sempre alla ricerca di risposte sul senso della vita e del dolore. Il gesuita padre Riccardo Lombardi, soprannominato “il microfono di Dio” per la foga oratoria che metteva nelle sue trasmissioni radiofoniche, parlò loro dei focolarini. A un raduno conobbero la fondatrice Chiara Lubich. Anziché sulla via di Damasco, caddero folgorati a Fiera di Primiero, in Trentino. Ero nella pancia della mamma quando fui portata nella basilica di Santa Maria Maggiore e consacrata alla Madonna.
Il suo destino era segnato. «Appena laureata – dice – davo una mano al Ceis di don Mario Picchi. Allora manco mi rendevo conto che esistessero le tossicodipendenze. Accorrevo fra i derelitti della stazione Termini dalle 19 alle 3 di notte, senza dirlo ai miei: tossicomani, alcolisti, vagabondi, malati di Aids, schiave del sesso, ex detenuti, ragazze madri, bambini di strada, giovani disorientati e senza speranza. «Gli scarti», come li chiama il suo amico papa Francesco. A chi dice che era sola a fare tutto, risponde: «No, si sbaglia: avevo Gesù al mio fianco».
«La Caritas ci vietava di frequentare i sottopassaggi della metro. Troppo pericolosi, erano il Bronx di Roma, il cuore dell’inferno». Tuttavia, lei non ascoltava e andava proprio a cercare chi era lì. All’inizio li avvicinava da incosciente e rischiava anche la vita.
Alla terza notte trascorsa a Termini, infatti, una ragazza impasticcata le si avventò contro, urlando: “Ti scanno!”. Pensava che volesse rubarle “il moroso” che stava assistendo. Fortunatamente, la trascinarono via, prima che l’altra squarciasse la gola di Chiara con il coltello.
Uno dei primi a convertirsi grazie a Chiara, fu un uomo. Una notte del 1991, un furgone le tagliò la strada mentre rincasava in motorino. La via era deserta. Il marcantonio alla guida manifestò le sue intenzioni. Alle parole «Sono la persona sbagliata, ho consacrato la mia vita a Dio», lo dissuase. Si tramutò in un agnellino. Egli le chiese: “Ma davvero? Non ci posso credere. Una ragazza così bella…”. Dopo anni, riconosciutosi nel libro “Solo l’amore resta”, ovviamente di Chiara Amirante, aveva deciso di raccontarle la sua vita. In una lettera, le racconta di aver cambiato strada: dopo essere stato tradito dalla donna che amava immensamente, si era fatto frate.
«Poi ho capito che erano solo assetati d’amore. Nessuno li aveva mai guardati. Cominciò a spargersi la voce della pazza che andava a trovarli». Le persone che aiutava le chiedevano «come fosse possibile che una ragazza di buona famiglia andasse a rischiare la vita fra gente come loro». Chiara rispondeva: «È possibile perché anch’io ho sofferto un dolore terribile come voi, ma Gesù ha dato la vita per me e mi ha permesso di non sprofondare nella disperazione».
Disposta a raccontarlo anche ai giornalisti che la intervistano, Chiara spiega: «In sette mesi, nonostante le iniezioni di cortisone negli occhi, avevo perso otto decimi della vista per un’uveite correlata con la sindrome di Behçet, una malattia rara, autoimmune, dolorosissima, che ti uccide lentamente. Mi fu diagnosticata dopo 30 giorni di ricovero al Policlinico Gemelli. Non riconoscevo più le persone a un metro di distanza, ero condannata alla cecità, però avvertivo una pace e una gioia irragionevoli, al punto che mio padre sbottò: “Chiara, ma l’hai capito o no che cosa ti attende?”. Di qui il desiderio di non tenere questa grazia per me. -Andrò a cercare i più sfortunati – mi dissi. – Non chiesi al Signore di guarirmi, ma solo di mettermi nelle condizioni minime per esaudire questo folle desiderio. A questo punto, Chiara racconta anche il miracolo che ha ricevuto per riuscire nella sua missione.
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«Pregai così la sera. La mattina dopo, in modo misterioso per chi non ha fede e miracoloso per me, ero perfettamente guarita. La professoressa Paola Pivetti Pezzi, luminare nel campo delle uveiti, concluse: “Vada ad accendere tutti i ceri che può. Questa cosa non è scientificamente spiegabile”. Da allora ho un visus di 11 decimi, superiore al normale».
«Quanti fratelli disperati con le lacrime agli occhi mi hanno abbracciato chiedendomi: “Ti prego, Chiara, portami via da questo inferno!” … e che dolore non riuscire a trovare un posto dove portarli. Mi sentivo troppo piccola, fragile, impotente dinanzi al grido lancinante del popolo della notte… Per loro non c’era posto». Chiara paragona la situazione dei suoi giovani a quella di Maria e Giuseppe a Betlemme, ponendo la domanda retorica: «Chi mai avrebbe dato una casa a delle prostitute?».
Anche la Caritas poteva offrire loro un pasto, un vestito, un letto per una notte, ma poteva farsi completamente carico di persone giovani morte dentro?
Eppure, Chiara non voleva arrendersi. Finalmente ci fu un raggio di luce: l’Amore è più forte, l’amore vince. L’Amore fa miracoli, perché Dio è Amore!
«Mi è venuta così l’idea di una comunità di accoglienza dove proporre un percorso di conoscenza di sé, di guarigione del cuore e di rigenerazione psico-spirituale, l’arte di amare» dice Chiara.
Nel marzo del ’94 Chiara apre a Trigoria (Roma) la prima comunità di accoglienza Nuovi Orizzonti, dove centinaia di giovani, provenienti da esperienze estreme, iniziano a ricostruire sé stessi attraverso il programma terapeutico riabilitativo da lei ideato.
La risposta dei ragazzi accolti è fin dal primo momento davvero sorprendente ed entusiasmante.
Nel maggio del ’97 si apre a Piglio, in provincia di Frosinone, una Comunità di formazione e di accoglienza che diverrà la sede centrale di Nuovi Orizzonti.
Dal 1998 si moltiplicano le iniziative di solidarietà, le comunità di accoglienza, i centri di formazione e di reinserimento, i progetti sociali e le iniziative di promozione umana, i progetti in paesi in via di sviluppo.
In breve tempo la comunità si trasforma in una vera e propria ‘factory dell’amore’, un colosso della solidarietà e dell’accoglienza. Infatti, gli stessi ragazzi accolti, dopo un periodo trascorso in Comunità, sentono l’urgenza di impegnarsi in prima persona in azioni di solidarietà a sostegno di chi è in grave difficoltà.
Nuovi orizzonti, attualmente, costa circa 20.000 euro al giorno. Non ha entrate fisse, vive di carità.
Il Papa ha a cuore sia Chiara che il suo progetto. Il 24 settembre 2019 si presentò in segreto alla Cittadella del cielo di Frosinone. Le aveva concesso di avvisare solo gli amici più cari. Arrivò in auto alle 9.30 e si trattenne fino a dopo le 16. In quel periodo Chiara meditava di dimettersi, dato il suo stato di salute, ma il Papa le chiese di rimanere come punto di riferimento per i ragazzi. Chiara racconta che il Papa le telefona qualche volta, facendole delle sorprese. Lei non si permetterebbe mai, però gli scrive spesso.
Quando, durante una intervista, il giornalista le ricorda che lo scrittore Antonio Socci l’ha paragonata a Caterina da Siena e Madre Teresa, Chiara ride e replica: «Mi pare fuori luogo. Loro erano giganti, io una poveraccia. Come la santa di Calcutta, mi sento solo una matita nelle mani di Dio».
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