12 Maggio 2023
Baby gang che nascono sul web: come possiamo aiutare questi ragazzi?
Il capo della squadra Mobile di Milano, Marco Cali, spiega che su Internet si stanno formando bande violente di ragazzini minorenni. Don Claudio Burgio, il cappellano del carcere minorile “Beccaria” del capoluogo lombardo, afferma che molti di loro “sono analfabeti emotivi e hanno una sofferenza”. La domanda centrale, di fronte a tutto questo, è: cosa manca a questi adolescenti? Perché si rifugiano nella violenza? Oltre il disagio è necessaria una risposta di senso, un agire comune che chiama in causa le famiglie, la Chiesa e le istituzioni.
A Milano le “baby gang” fanno paura. Non sono i singoli ragazzini a spaventare, ma il loro agire in gruppo. Le violenze del Capodanno 2022 in piazza Duomo hanno lasciato un senso di insicurezza generale. Che cosa sono le baby gang? Una forma di devianza giovanile. Il capo della squadra mobile di Milano, Marco Cali, descrive il fenomeno in questo modo: “Parlerei più in generale di disagio giovanile profondo e diffuso, in continua evoluzione e che si sviluppa ben oltre le baby gang organizzate con riti e simbologie ben specifiche, che possiamo contare in una trentina in città. Ma è di tantissimi gruppi fluidi, non organizzati, di ragazzi che si incontrano nei social, e che anche occasionalmente manifestano comportamenti antisociali, di mala-movida, condotte illecite. Come le rapine compiute ai danni di vittime occasionali anche loro, senza avere la consapevolezza del disvalore di quello che stanno facendo, senza rendersi conto che si sta compiendo un reato. Anche grave”.
È triste pensare che nell’età in cui si dovrebbero investire le migliori energie per dare alla propria esistenza una narrazione di speranza, non sia qualcuno a condurli, a prenderli per mano, a far vedere loro che esiste un altro modo di stare al mondo. E che questo modo non è la violenza, non ho la forza. Lo sapevano bene santi come Filippo Neri o Giovanni Bosco: hanno passato la loro vita a “raccogliere dalla strada” giovanissimi sbandati, che, senza chiederlo a parole, imploravano aiuto, cercavano amore e attenzioni. E come adulti non solo sono stati presenti, si sono preoccupati a educarli, a pensare e ad offrire loro un metodo di crescita fatto di cura della persona e delle relazioni.
Il loro desiderio di fare gruppo, di essere un “branco” se non è illuminato e raccolto da adulti che sanno dare risposte, matureranno verso forme acerbe ed efferate di violenza. Lì dove la famiglia non è in grado di farlo, la scuola, la parrocchia, i centri sportivi dovrebbero quantomeno collaborare in un’ottica di sinergia. È molto triste pensare a questi giovani come a dei baby-delinquenti senza un futuro e senza nessuno che si prenda cura di loro e soprattutto li ami.
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