Solo il 10% dei sacerdoti avrà meno di 40 anni (ma comunque più di 30), ci sarà una forte presenza di preti con più di 75 anni (circa il 30%), varie parrocchie condivideranno lo stesso parroco, i laici saranno sempre più coinvolti nella gestione ordinaria della vita ecclesiale. Secondo uno studio, questa sarà la Chiesa di Milano nel 2040…
Si parla sempre più spesso di “calo di vocazioni” in Italia. Andrea Bonanomi e Giulia Rivellini, docenti di demografia e statistica all’Università Cattolica, hanno però offerto un quadro dettagliato del fenomeno, nell’ambito del dossier pubblicato da “La scuola cattolica”, rivista teologica del Seminario arcivescovile di Milano. Lo studio è stato coordinato da due docenti di teologia dogmatica al Seminario: don Paolo Brambilla e don Martino Mortola.
La ricerca mostra che nel 1998 l’arcidiocesi ambrosiana poteva contare su circa 2.200 sacerdoti, numero che si è poi, col tempo, drasticamente ridotto, arrivando nel 2020 alla cifra di 1.737: quasi 500 unità in meno. E il calo non accenna a fermarsi: in soli due anni, siamo già scesi fino a 1.694. Questa realtà è certamente correlata al fatto che la popolazione riconosce alla vita religiosa in generale un ruolo sempre meno rilevante: si assiste, infatti, a un costante e progressivo calo dei battesimi (dai 35mila del 1995 ai 10mila del 2022), dei matrimoni religiosi e anche della frequenza a Messa.
I ricercatori, partendo dall’osservazione di questa realtà, hanno ipotizzato degli scenari futuri, scegliendo come termine per la loro proiezione la data del 2040. Dai loro calcoli risulterebbero quattro gli scenari possibili, legati ovviamente a differenti ipotesi evolutive. Il primo scenario, “ottimistico”, ipotizza che nella Diocesi di Milano si avranno 17 ordinazioni annue. Il secondo, “realistico”, ne prevede 12, mentre il terzo, “pessimistico”, ne indica solo 7 all’anno. Il quarto si basa su un modello statistico che si adatta all’andamento degli ultimi trent’anni, che ha visto un percorso altalenante. In ogni caso, le cifre risultano lontane anni luce dalle 77 ordinazioni del 1909, dalle 74 del 1955 o dalle 47 del 1976. Qualunque sia lo scenario scelto, di fondo resta un’amara verità: il numero dei preti ambrosiani è destinato a scendere.
Di fronte a questa fotografia delineata dagli studiosi mi sovvengono due riflessioni. La prima è antica quanto il cristianesimo: “Chiedete al padrone che mandi operai nella messe”. Quanto preghiamo per le vocazioni? In che misura restiamo in ginocchio davanti a Dio chiedendo il dono di uomini e donne a Lui totalmente donati? Nella diocesi di Jesi – mi raccontava una cara amica – da quando il vescovo ha deciso di istituire l’adorazione eucaristica perpetua per pregare per le vocazioni, sono aumentati i giovani che chiedono di entrare in seminario e gli stessi sacerdoti diocesani hanno ritrovato una nuova vitalità apostolica. Non dobbiamo smarrire la fiducia nella forza della preghiera. Ogni programma di animazione vocazionale se non è accompagnato da una instancabile opera orante, difficilmente porta frutto.
La seconda riflessione è il ruolo delle famiglie. La Chiesa ha bisogno di sposi che prendano il Vangelo sul serio e lo testimoniano con una vita fatta di scelte orientate e vissute nella fede. Lì dove Dio è amato, servito, accolto non come un’appendice ma come il Signore, il Maestro che parla, agisce, nutre, lì i giovani possono ricevere una testimonianza concreta e scegliere di aprire il loro cuore alla voce di Dio che li chiama. La famiglia dovrebbe essere per eccellenza la culla delle nuove vocazioni. Chi si occupa di accompagnare gli sposi?
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