9 Maggio 2023

Michela Murgia, la morte e la salvezza eterna

Michela Murgia, scrittrice, in una lunga intervista a firma di Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, parlando del suo libro in uscita, Tre ciotole (Mondadori), annuncia a tutti di avere un tumore: carcinoma renale al quarto stadio «da cui non si torna indietro», dice la scrittrice. Non è operabile, perché ha già metastasi alle ossa, ai polmoni e al cervello. Aveva dei sintomi, ma li ha trascurati come tantissime persone che non hanno potuto accedere ai controlli medici durante la pandemia di Covid19. È un’intervista che ha mi ha molto inquietata, fatta riflettere e anche addolorata.

Michela racconta con grande lucidità del suo dolore. Spiega che, a differenza di Oriana Fallaci che lo definiva «l’Alieno», non combatte il suo tumore come una «guerriera» utilizzando un «registro bellico». L’obiettivo non è sradicare il male, è tardi, ma guadagnare tempo. Mesi, forse molti», dice.

Parlando poi di un racconto del libro in cui tre ragazzi uccidono un topo, Michela spiega che la violenza si impara, sia che tu sia la vittima e te la trasmetta un padre, come è successo a lei: «Io ho avuto un padre violento, come si fa del male lo impari anche quando lo fanno a te», sia se sei un ragazzo che non è mai stato picchiato dal padre, ma lo hai appreso altrove e sai «benissimo come si fa».

Il racconto personale si intreccia con le battaglie che da sempre porta avanti: parla della sua famiglia queer, «un nucleo familiare atipico, in cui le relazioni contano più dei ruoli. Parole come compagno, figlio, fratello non bastano a spiegarla»; poi dice che sta per sposare il suo compagno, perché lo ama e anche perché lo Stato ha bisogno di un «nome legale che prenda le decisioni» (fa riferimento al suicidio assistito), ma «poteva essere una donna, dice. Che non sopporta i bambini ma di avere quattro figli «d’anima»: «la filiazione d’anima in Sardegna esiste da sempre, anch’io ho avuto due madri e due padri di fatto. È insensato dire che di madre ce n’è una sola, una condanna per la donna e anche per chi le è figlio». E ancora: «Odio sentir parlare di “utero in affitto”, di “maternità surrogata”. Odio la retorica della maternità biologica; meno figli si fanno, più si misticizza la maternità. Forse un giorno nasceremo tutti da un utero artificiale».

Insomma un’intervista che mi ha rattristata. Con il cuore ho pensato subito a santa Teresa di Gesù Bambino e al suo “primo figlio” come lei stessa definì, l’uomo più disperato che si poteva trovare, un criminale condannato alla pena di morte e impenitente, ghigliottinato il 31 agosto 1887. Sono andata a rileggere queste pagine in cui Teresa racconta: “Sentii parlare di un grande criminale che era appena stato condannato a morte per dei crimini orribili: tutto faceva credere che sarebbe morto nell’impenitenza. Volli ad ogni costo impedirgli di cadere nell’inferno; allo scopo di riuscirvi usai tutti i mezzi immaginabili: capendo che da me stessa non potevo nulla, offrii al Buon Dio tutti i meriti infiniti di Nostro Signore, i tesori della Santa Chiesa; infine pregai Celina di far dire una messa secondo le mie intenzioni. […] Sentivo in fondo al cuore la certezza che i nostri desideri sarebbero stati esauditi; ma allo scopo di darmi coraggio per continuare a pregare per i peccatori, dissi al Buon Dio che ero sicurissima che avrebbe perdonato al povero disgraziato Pranzini, che l’avrei creduto anche se non si fosse confessato e non avesse dato alcun segno di pentimento, tanto avevo fiducia nella misericordia infinita di Gesù, ma che gli domandavo soltanto “un segno” di pentimento per mia semplice consolazione… La mia preghiera fu esaudita alla lettera!”.

Quello che mi ha sempre molto colpita di questa santa è la sua sconfinata fiducia, la speranza certa del suo cuore nella Misericordia infinita di Gesù. La stupenda certezza di Teresa riguardo alla salvezza di Pranzini si trova nelle sue parole: “Tanto avevo fiducia nella Misericordia Infinita di Gesù”. Facendo celebrare per Pranzini il Sacrificio della Messa e pregando intensamente per lui, Teresa aveva la certezza di metterlo realmente a contatto con il Sangue del Redentore e di ottenere sicuramente la sua salvezza. Teresa fa così un’esperienza particolare, diventa madre di un uomo salvato da Cristo, unico Redentore di tutti.

Lungi dal paragone delle storie in questione, credo che davanti all’esperienze degli altri noi cristiani, evitando lo stucchevole tentativo di ribattere alle istanze ideologiche, dovremmo solo pregare e offrire qualche sacrificio, così come i santi ci hanno insegnato. La strada dell’amore è sempre la risposta più efficace.


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Giovanna Abbagnara

Giovanna Abbagnara, è sposata con Gerardo dal 1999 e ha un figlio, Luca. Giornalista e scrittrice, dal 2008 è direttore responsabile di Punto Famiglia, rivista di tematiche familiari. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato: Il mio Giubileo della Misericordia. (2016), Benvenuti a Casa Martin (2017), Abbiamo visto la Mamma del Cielo (2016), Il mio presepe in famiglia (2017), #Trova la perla preziosa (2018), Vivere la Prima Eucaristia in famiglia (2018), La Prima Comunione di nostro figlio (2018), Voi siete l'adesso di Dio (2019), Ai piedi del suo Amore (2020), Le avventure di Emanuele e del suo amico Gesù (2020), In vacanza con Dio (2022).

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