Ci sono più martiri oggi che nei primi secoli: parola di papa Francesco

I martiri, secondo Papa Francesco “non vanno visti come ‘eroi’ che hanno agito individualmente, come fiori spuntati in un deserto, ma come frutti maturi ed eccellenti della vigna del Signore, che è la Chiesa”. E poi spiega che ci sono più martiri oggi che nei primi tempi della Chiesa. Ecco cosa ha detto durante l’udienza di mercoledì 19 aprile.

Parlando dell’evangelizzazione e dello zelo apostolico, dopo aver considerato la testimonianza di San Paolo, papa Francesco, durante l’udienza generale di mercoledì 19 aprile, ha rivolto lo sguardo non a una figura singola, ma “alla schiera dei martiri, uomini e donne di ogni età, lingua e nazione che hanno dato la vita per Cristo, che hanno versato il sangue per confessare Cristo”. 

Dopo la generazione degli Apostoli, secondo il pontefice “sono stati loro, per eccellenza, i testimoni del Vangelo”. 

Il primo, ricorda Francesco, fu il diacono Santo Stefano, lapidato fuori dalle mura di Gerusalemme. “La parola martirio – ha spiegato il santo Padre – deriva dal greco martyria, che significa proprio testimonianza. Un martire è un testimone, uno che dà testimonianza fino a versare il sangue. Tuttavia, ben presto nella Chiesa si è usata la parola martire per indicare chi dava testimonianza fino all’effusione del sangue”. Cioè, “dapprima la parola martira indicava la testimonianza resa tutti i giorni, in seguito si è usata per indicare colui che dà la vita con l’effusione”.

I martiri, però, secondo Francesco “non vanno visti come ‘eroi’ che hanno agito individualmente, come fiori spuntati in un deserto, ma come frutti maturi ed eccellenti della vigna del Signore, che è la Chiesa”. In particolare, “i cristiani, partecipando assiduamente alla celebrazione dell’Eucaristia, erano condotti dallo Spirito a impostare la loro vita sulla base di quel mistero d’amore: cioè sul fatto che il Signore Gesù aveva dato la sua vita per loro, e dunque anche loro potevano e dovevano dare la vita per Lui e per i fratelli”

“Sant’Agostino – ha aggiunto Francesco – sottolinea spesso questa dinamica di gratitudine e di gratuito contraccambio del dono”. 

Egli predicava in occasione della festa di San Lorenzo: “San Lorenzo era diacono della Chiesa di Roma. Ivi era ministro del sangue di Cristo e là, per il nome di Cristo, versò il suo sangue”.

Il papa non crede certo che la realtà del martirio appartenga al passato, anzi afferma che i martiri ”sono più numerosi nel nostro tempo che nei primi secoli”. Oggi “ci sono tanti martiri nella Chiesa, tanti, perché per confessare la fede cristiana sono cacciati via dalla società o vanno in carcere … Sono tanti”. 

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A questo punto il papa ha citato il Concilio Vaticano II, che ci ricorda come “il martirio, col quale il discepolo è reso simile al suo maestro che liberamente accetta la morte per la salute del mondo, e col quale diventa simile a lui nella effusione del sangue, è stimato dalla Chiesa come dono insigne e suprema prova di carità” (Cost. Lumen gentium, 42). 

I martiri, “a imitazione di Gesù e con la sua grazia, fanno diventare la violenza di chi rifiuta l’annuncio una occasione suprema di amore, che arriva fino al perdono dei propri aguzzini”. Interessante, per il pontefice, questo aspetto: “i martiri perdonano sempre gli aguzzini. Stefano, il primo martire, morì pregando: ‘Signore, perdona loro, non sanno cosa fanno’. I martiri pregano per gli aguzzini”.

Sebbene siano solo alcuni quelli a cui viene chiesto il martirio, per il papa “tutti però devono essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini e a seguirlo sulla via della croce durante le persecuzioni, che non mancano mai alla Chiesa” (ibid., 42). 

“Oggi ci sono delle persecuzioni per i cristiani nel mondo, tanti, tanti. Sono più i martiri di oggi che quelli dei primi tempi. I martiri ci mostrano che ogni cristiano è chiamato alla testimonianza della vita, anche quando non arriva all’effusione del sangue, facendo di sé stesso un dono a Dio e ai fratelli, ad imitazione di Gesù”.

A conclusione della sua catechesi il papa ha detto: “vorrei concludere ricordando la testimonianza cristiana presente in ogni angolo del mondo. Penso, ad esempio, allo Yemen, una terra da molti anni ferita da una guerra terribile, dimenticata, che ha fatto tanti morti e che ancora oggi fa soffrire tanta gente, specialmente i bambini. Proprio in questa terra ci sono state luminose testimonianze di fede, come quella delle suore Missionarie della Carità, che hanno dato la vita lì. Ancora oggi esse sono presenti nello Yemen, dove offrono assistenza ad anziani ammalati e a persone con disabilità. Alcune di loro hanno sofferto il martirio, ma le altre continuano, rischiano la vita ma vanno avanti. Accolgono tutti, di qualsiasi religione, perché la carità e la fraternità non hanno confini”. 

E poi ha ricordato dei casi precisi: “Nel luglio 1998 Suor Aletta, Suor Zelia e Suor Michael, mentre tornavano a casa dopo la Messa sono state uccise da un fanatico, perché erano cristiane. Più recentemente, poco dopo l’inizio del conflitto ancora in corso, nel marzo 2016, Suor Anselm, Suor Marguerite, Suor Reginette e Suor Judith sono state uccise insieme ad alcuni laici che le aiutavano nell’opera della carità tra gli ultimi. Sono i martiri del nostro tempo. Tra questi laici uccisi, oltre ai cristiani c’erano fedeli musulmani che lavoravano con le suore. Ci commuove vedere come la testimonianza del sangue possa accomunare persone di religioni diverse. Non si deve mai uccidere in nome di Dio, perché per Lui siamo tutti fratelli e sorelle. Ma insieme si può dare la vita per gli altri”.




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