Vorrei ricevere una risposta esaustiva dagli otto sindaci che si sono opposti al divieto del ministro dell’Interno di riconoscere questi bambini: Roberto Gualtieri a Roma, Beppe Sala a Milano, Gaetano Manfredi a Napoli, Stefano Lorusso a Torino, Matteo Lepore a Bologna, Dario Nardella a Firenze, Antonio Decaro a Bari, Mario Conte a Treviso.
Chi conosce un po’ di geografia politica può subito ravvisare che non ci sono solo esponenti del Partito Democratico, anche se sono la maggioranza. Lo dico perché sono stufa di leggere editoriali o commenti sul fatto che questa battaglia è di destra, della maggioranza sull’opposizione. È piuttosto una battaglia culturale che vuole cambiare la grammatica dell’antropologia umana e cristiana a partire dai diritti degli adulti.
Prendiamo in esame una delle storie simbolo di questa lotta che solo da lontano si presenta essere condotta nell’interesse dei minori. Aurora (nome di fantasia) ha cinque anni e vive con una coppia di fatto a Genova: Maria e Paola. Paola è la madre biologica, la piccola è nata con la Procreazione medicalmente Assistita in Spagna. Suo padre dunque è un donatore. Dopo la nascita la coppia è venuta in Italia e ha cercato di registrare Aurora al comune con il riconoscimento della doppia maternità ma, come disposizioni legislative nel nostro Paese, le è negato. La coppia non si arrende, porta l’amministrazione in Tribunale e come purtroppo accade in molti casi – dove i giudici pensano di poter riscrivere i fondamenti etici anche andando contro la legge – vince nel 2019. Il sindaco impugna la decisione del Tribunale e il 10 giugno 2020 la Corte di Appello revoca la precedente decisione disponendo la rettifica dell’atto di nascita. Comincia l’iter per l’istituto della stepchild adoption.
A questo punto la lamentela: «La nostra casa è attraversata da assistenti sociali, carabinieri e magistrati. Sono dei professionisti, non c’è dolo ne colpa nei loro confronti, tuttavia, avere degli stranieri in casa che giudicano il rapporto che abbiamo con nostra figlia che è nostra figlia dalla nascita non può che metterci a disagio». Queste persone non giudicano un bel niente, tutelano Aurora come in ogni situazione di adozione, in coppie omo e in coppie etero. Non c’è discriminazione, c’è solo la necessità di garantire un iter che è stato pensato da decenni per tutelare i diritti dei minori.
Piuttosto la domanda nasce spontanea, come si pensa di tutelare Aurora dalla notizia che il padre biologico è un donatore di una banca dati di un Paese estero? E ai sindaci favorevoli alla trascrizione dei figli nati con utero in affitto, in che modo pensano di fare gli interessi del minore? Avallando un diritto delle coppie a scegliere un figlio su un catalogo, esprimere una preferenza sull’altezza e il peso della gestante, quale attività sessuale e quale dieta alimentare lei debba seguire per nove mesi, quale debba essere il colore della sua pelle optando fra 20 tipi diversi di pigmentazione, un po’ come si sceglie la tinta dei capelli dal parrucchiere?
Comprendiamo che il divieto non impedirà ad Aurora di essere privata della presenza di Paola, la compagna della madre, perché in Italia questi bambini saranno tutelati dall’istituto dell’adozione ma solo di evitare che su questa crepa si favorisca la pratica dell’utero in affitto? Comprendiamo che questa battaglia contro il divieto alla trascrizione tiene conto solo dei diritti degli adulti e non dei bambini coinvolti?
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