Ho cominciato a capire davvero l’importanza della Confessione quando ho preso l’impegno della Messa quotidiana. Credo di aver fatto in quel primo anno un corso accelerato di umiltà. Pensavo di essere brava a incastrare bene tutte le cose della mia giornata: la Messa, la famiglia, gli impegni lavorativi e proprio in quel tempo mi rendevo conto che il buon Dio mi sospingeva nel deserto della mia miseria.
Paradossalmente più mi avvicinavo al fuoco ardente più mi sentivo piccola e inadeguata, più le mie debolezze venivano a galla, i fallimenti del mio essere moglie, madre, amica. Come si può ricevere ogni giorno l’Eucaristia senza sentire di essere inadeguati davanti a quell’amore così grande, così immenso, così gratuito? Ho sperimentato che la Confessione è lo spazio in cui il buon Dio mi dice: “Non avere paura, non temere di consegnare a me tutto ciò che di te stessa ti scandalizza, non avere paura di chiamare per nome i tuoi peccati”.
Molto spesso quando ci andiamo a confessare speriamo di trovare il sacerdote che magari parla un’altra lingua il polacco, il russo, il turco. Oppure pensiamo di dover giustificare i nostri peccati con le colpe degli altri. Specialmente noi donne siamo molto avvezze a fare questo: ho peccato perché mio marito mi ha spinto… mio figlio mi ha fatto perdere la pazienza… quella sorella si è rivoltata contro di me con ira…Imparare a dire i propri peccati nudi e crudi, senza fronzoli, senza giri di parole, senza scuse, senza fraintendimenti è un grande esercizio di umiltà e di libertà. Alla confessione si va per mostrare a Dio le proprie ferite nude e crude con la consapevolezza che Lui solo ha la capacità di sanare quelle ferite. Chi varca la soglia del confessionale è già un santo diceva qualcuno perché è uno che mendica, è uno che sa che quello che può trovare lì non lo può trovare altrove, è un atto audace, secondo quella prospettiva così cara alla mia Teresa di Gesù Bambino.
La confessione inizia con il segno della croce. Lì c’è già tutto c’è il nostro battesimo, c’è il principio della soluzione: “Io ti assolvo nel nome del Padre…”. Tutto si compie in Dio. Tutto ha in Dio il suo principio e in Lui il suo compimento. Entriamo dunque nel mistero. Non è un esercizio psicologico, né un medicamento solo sintomatico. È molto di più, è la possibilità di entrare in una relazione più intima con Dio. È smetterla di girare intorno come le trottole alla ricerca di qualcuno o di qualcosa che possa donarci la pace e la serenità. La confessione non è una condivisione, non è una chiacchierata, è una questione d’amore.
Quando vado a confessarmi dunque la prima cosa che faccio è inginocchiarmi. Anche i gesti del corpo hanno un loro significato e poi dopo l’introduzione del sacerdote dico: “Signore tu sai tutto, tu sai che ti amo… voglio chiederti perdono perché…”. In questo modo noi esprimiamo la coscienza di essere davanti a Gesù ma con la veste di figli. Parto da una dichiarazione d’amore perché ho imparato che il perdono è sostanzialmente questo: rinnovare l’amore, essere riabilitato ad amare. Prima di tutto il male di cui siamo capaci dobbiamo anteporre una certezza: Dio ci ama e noi lo amiamo. E ci aspetta per donarci il suo perdono. Non possiamo auto assolverci. Non possediamo questa capacità. È Lui che raccoglie il nostro grido d’amore e ci riabilita.
“Da quanto tempo non ti confessi?” Se non me lo chiedono i confessori, lo dico io. Perché? Perché l’amore è fatto di tappe, di soste, di eventi. Essere assidui nella Confessione esprime il desiderio autentico di lasciare a Gesù il timone della nostra vita. Non possiamo sprecare l’occasione della confessione. Non possiamo pensare di vivere con superficialità questo sacramento perché ne giova proprio la nostra vocazione. Quando facciamo una buona confessione, una pace immensa scende nel nostro cuore. Lì davvero noi facciamo esperienza della salvezza, della felicità. Il male è subdolo e ci inietta un anestetico per addormentare le nostre coscienze. Se vogliamo salvare il nostro matrimonio, dare una svolta alla nostra unione, anche a quella sessuale, se cerchiamo un metodo per essere dei buoni genitori, per avere il coraggio di fare quella scelta di carità, corriamo da Gesù, corriamo a chiedere il suo perdono per poi correre insieme, più speditamente nelle vie di Dio. Il confessionale è lo spazio in cui si rinasce continuamente. Gesù ci vuole con sé.
Se proprio non possiamo inginocchiarci per tutta la confessione, facciamolo almeno nel momento dell’assoluzione. Quell’atteggiamento del corpo esprime il sincero pentimento e proprio quella disponibilità che Gesù consacra, la rende cioè la fonte per portare Vita nella nostra vita. In questo tempo in cui ci prepariamo all’alleanza pasquale è bene riscoprire questa intimità con Lui attraverso la Confessione. Fare esperienza delle viscere della sua misericordia è quello di cui abbiamo veramente bisogno.
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