“Quando mi confesso riesco ad amare di più la mia famiglia”

di Francesco Arnaldi

Siamo in tempo di Quaresima ed è molto importante ritornare alla confessione, che non significa “andare a parlare con un prete”, ma ricevere il perdono che Gesù ha offerto ad ognuno di noi in Croce. Non è una pratica sterile e inutile: sapete, da marito e da padre mi accorgo che la confessione mi avvicina molto di più alla mia famiglia.

L’altro giorno mi sono confessato, e per la prima volta dopo tre anni ho potuto farlo dentro ad un confessionale! Già, perché dopo il Covid i confessori della chiesa in cui andiamo di solito, giustamente, evitavano gli spazi chiusi, e quindi ci si confessava su due sedie poste una di fronte all’altra nella navata laterale. Adesso, si è ritornati alla normalità. 

E così, sono entrato nel confessionale, dove al di là della grata mi aspettava il solito sacerdote. All’inizio è stato strano, per un semplice motivo: non mi ha riconosciuto! Sono anni che mi confesso sempre da lui: mi conosce per nome, conosce la mia famiglia, è anche venuto a benedire la nostra nuova casa quando ci siamo trasferiti. 

Questo rapporto, seppur bellissimo, a volte mi provocava qualche problema durante la confessione. Perché, non dimentichiamocelo, durante il sacramento della confessione il sacerdote si presenta a noi in Persona Christi. Per quel breve (o lungo) lasso di tempo lui non è più don Tal dei Tali, ma è Cristo. Cosa decisamente più difficile da tenere a mente se con il sacerdote in questione hai un rapporto personale, se prima di iniziare ti chiede come stanno moglie e bambini e se alla fine dopo l’assoluzione ti blocca per quattro chiacchiere su come va il lavoro. 

Questa esperienza di anonimato che ho vissuto l’altro giorno è stata da un lato molto strana (sentirmi chiedere se sono sposato da uno che è addirittura venuto a trovarci in casa è stato decisamente bizzarro!) ma dall’altro lato mi ha ricordato chi ho davanti quando mi confesso. Ho davanti Gesù. I miei peccati non li sto dicendo a un sacerdote, li sto dicendo a Gesù. 

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Per questo non bisogna confondere la direzione spirituale con la confessione. Se nella direzione spirituale ho di fronte a me un sacerdote che, con la sua esperienza e la grazia che ha ricevuto, mi aiuta a progredire nella vita interiore, nella confessione ho davanti Cristo che ascolta i miei peccati, ascolta il mio pentimento, mette da parte il giudizio e mi concede il Suo perdono e la Sua misericordia. 

Siamo in tempo di Quaresima, ed è molto importante ritornare alla confessione, ricordandosi la potenza che ne scaturisce. Senza confessione vanifichiamo il sacrificio di Cristo in croce. Morendo, Gesù ci ha offerto la grande grazia del perdono e della salvezza, ma non l’ha fatto in automatico. Bisogna chiederla, questa grazia. Dobbiamo chiedere a Dio di essere salvati. E il modo più alto per farlo è il sacramento della riconciliazione, che ci avvicina nuovamente a Lui e rimuove tutti gli ostacoli che il peccato ha frapposto fra di noi.

E quando rimuoviamo gli ostacoli ci accorgiamo che questi non mi stavano solo tenendo lontano da Gesù, ma anche dalle altre persone. Anche da mia moglie. Per questo, a tutti coloro che stanno vivendo un momento difficile in famiglia, problemi coniugali, problemi con i figli, il mio consiglio è: confessatevi! 

No, non dovete confessarvi perché questi problemi sono solo colpa vostra o dipendono esclusivamente da voi. Magari sì, magari no. Ma il punto è un altro: confessatevi perché solo un’anima riunita con Gesù può guardare le altre persone con lo stesso sguardo di misericordia e di perdono con cui sono stati guardati da Dio.

Ci stiamo preparando alla Pasqua. Ci stiamo preparando a celebrare la nostra salvezza. E allora chiediamola, questa salvezza. Chiediamola spesso. Non vanifichiamo il sacrificio della Croce.




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