CORRISPONDENZA FAMILIARE

Guerra Ucraina e Russia: le ragioni della pace

27 Febbraio 2023

In un mondo in cui tutti fanno a gara a mostrare i muscoli, dichiarando che sono pronti ad andare “fino in fondo”, il Papa ha mostrato che il processo di pace inizia quando qualcuno è disposto a chinarsi “fino a terra”, mettendosi in ginocchio. Dinanzi a Dio e agli uomini. Nel gesto del Papa s’intravede l’icona evangelica di Gesù che lava i piedi degli apostoli per annunciare che l’umiltà è la chiave che apre molte porte.

Ha ragione il cardinale Zuppi quando dice che la pace non coincide con la vittoria di una delle parti. Ha ragione Tarquinio, direttore di Avvenire, quando scrive che la guerra è l’abdicazione della politica. Hanno ragione quelli che dicono che se l’unico linguaggio è quello delle armi, richieste da una parte e date dall’altra, non c’è alternativa alla guerra. Ha ragione Papa Francesco quando ribadisce che è necessario deporre le armi per non allungare ulteriormente la lista dei lutti e delle rovine. 

Hanno tutti ragione ma nessuno dice quali sono i passi da fare per fermare il conflitto e aprire il tavolo della trattativa. Non intendo mettere sullo stesso piano i due Paesi belligeranti. In questa drammatica vicenda è giusto riconoscere una fondamentale differenza tra chi aggredisce e chi viene aggredito. Da una parte c’è un Paese distrutto e una popolazione che vive nell’angoscia di ricevere altre e più gravi ferite. E dall’altra un Paese che non è stato affatto toccato dalla guerra e non sa cosa significa essere colpiti da armi devastanti. Gli unici morti russi, e sono migliaia, sono i soldati inviati a combattere per una causa che forse non comprendono e/o non condividono. 

Tener presente questa fondamentale distinzione non è propaganda bellica ma una tragica fotografia della realtà. Usare questa distinzione per amplificare le proprie ragioni è una miopia politica e rischia di alimentare un ulteriore e imprevedibile allargamento del conflitto. Se la guerra continua a seminare morte, vuol dire che le strategie utilizzate fino a questo momento sono state disastrose. È chiaramente fallita il disegno di chi pensava di chiudere rapidamente il conflitto e annettere un altro pezzo dell’Ucraina. Ma è fallita anche la risposta politica dell’Occidente che non è riuscita né a fermare l’aggressore né a creare ostacoli insormontabili sul piano economico. La realtà dei fatti impone di cercare altre vie. 

Un anno fa, nei giorni immediatamente successivi all’invasione dell’Ucraina, con un gesto inusuale ma di grande umiltà, Papa Francesco si recò a incontrare l’ambasciatore russo presso la Santa Sede, presentò una supplica per la pace e dichiarò la disponibilità a incontrare personalmente Putin. Gli fu risposto che non era possibile. È passato un anno. Niente di nuovo sul fronte Est. Eppure in questi mesi la diplomazia vaticana, senza suonare la grancassa, si è mossa con prudenza per favorire una possibile riconciliazione. Malgrado tutto, le uniche voci sono ancora e solo quelle della guerra. 

Sicuramente non è stato fatto abbastanza per creare un corridoio per la pace. Da poche settimane Papa Francesco è tornato dal Sud Sudan, un Paese martoriato da una guerra civile che ha imperversato per anni lasciando sul campo migliaia di morti. Una situazione orribile. La Santa Sede, in comunione con la Chiesa anglicana, ha lavorato a lungo per una soluzione pacifica del conflitto. Un lavoro paziente, iniziato nel 2016, fatto di incontri e colloqui e che ha trovato il suo sigillo nel 2019 quando i leader dei due schieramenti avversi si sono incontrati in Vaticano. In quell’occasione, con un gesto che ha sorpreso e commosso tutti, il Papa si è inginocchiato e ha baciato i piedi dei Capi politici fieramente divisi tra loro e supplicandoli di impegnarsi per la pace.

In un mondo in cui tutti fanno a gara a mostrare i muscoli, dichiarando che sono pronti ad andare “fino in fondo”, il Papa ha mostrato che il processo di pace inizia quando qualcuno è disposto a chinarsi “fino a terra”, mettendosi in ginocchio. Dinanzi a Dio e agli uomini. Nel gesto del Papa s’intravede l’icona evangelica di Gesù che lava i piedi degli apostoli per annunciare che l’umiltà è la chiave che apre molte porte. 

La pace non è dettata dalla vittoria di una parte ma è il frutto maturo di una politica che usa il potere non per servire i poteri forti e le lobby economiche – a cominciare dall’industria bellica – ma per difendere la povera gente, quella che, dopo aver perso tutto, rischia di veder naufragare anche la speranza. Le ragioni della politica dovrebbero coincidere con quelle della gente che, in Ucraina come in Siria o nello Yemen, non chiede altro che di vivere in pace. 

Nel consueto dialogo con i giornalisti, nel viaggio di ritorno dal Sud Sudan (5 febbraio 2023), Papa Francesco ha ribadito che è disponibile ad incontrare entrambi i Presidenti, spiegando che non ha accettato l’invito di andare a Kiev proprio e solo per tenere aperta la porta del dialogo con Mosca. Incontrarsi è un buon punto di partenza. È questo il ruolo della politica, far tacere le armi e creare le condizioni per un incontro in cui le ragioni della pace zittiscono le voci della guerra. La preghiera custodisce e alimenta la speranza.




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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