INDISSOLUBILITÀ DEL MATRIMONIO E SEPARAZIONE

L’indissolubilità è dono, non imposizione: se volete amarvi per tutta la vita, Dio può aiutarvi

Immaginiamo che un medico, vedendo una persona che sanguina, si limiti a dire: “Che disastro, sangue dappertutto!”. Un medico non si limita a constatare o a dare giudizi: cura! Così dovremmo avvicinarci alle coppie in crisi, con il desiderio di aiutarle. E poi proporre la vicinanza con Gesù. L’indissolubilità non è solo un dovere degli sposi, è anzitutto un regalo di Dio.

Finché sei solo una ragazzina, vedi il divorzio da distante. Era così per me. Mi dispiaceva per le famiglie che si rompevano, ma non comprendevo tante dinamiche che oggi, da donna sposata e da madre, capisco più chiaramente. 

È diverso quando a separarsi sono i genitori della tua compagna di classe rispetto a quando questo succede, oggi, alla tua amica di infanzia. Quando a separarsi è una tua coetanea. 

Ti immedesimi di più. Capisci quali fatiche e quale dolore avrà attraversato al momento della rottura e anche prima, ti dispiaci per i suoi figli, perché una crisi coniugale ha ripercussione su tutti i membri della famiglia. 

Da quando vedo da vicino, con i miei occhi, che dietro ad un divorzio o alla fine di una convivenza c’è sempre tanta sofferenza sono molto più cauta nell’esprimermi.

Mi capita di sentire (anche dall’altare) persone che gridano all’egoismo dei genitori (“Siete concentrati solo su voi stessi, ma quando vi separate a farne le spese sono i figli!”), che attaccano la società di oggi in cui le relazioni sono fugaci e senza basi, che condannano il divorzio come il peggiore dei mali nell’era moderna, ma poi, forse, non offrono aiuto, consigli, vicinanza a chi si trova in un calvario simile.

Ogni divorzio è un lutto, certo, ogni divorzio fa soffrire anche – anzi soprattutto! – i bambini, ogni divorzio andrebbe prevenuto… Eppure, penso che non basti gridare allo scandalo, se non si offrono al contempo gli strumenti a chi si trova in difficoltà. Spesso le coppie si fanno tanto male perché non sanno come farsi del bene.

Magari ci sono ferite affettive profonde, aspettative irrealistiche sulla relazione (“Tu colmerai i miei vuoti”), problemi di comunicazione. 

“La maggior parte delle coppie si separano per problemi di comunicazione”, ho detto una volta, parlando dei miei studi con un gruppo di mamme, mentre i nostri figli giocavano assieme. “Sì, lo so, parli con una donna che ha due divorzi alle spalle…”, mi ha risposto una di loro. “Hai ragione, a volte si parlano lingue diverse…”.

E lo diceva con dolore, non certo con fierezza. Le coppie che si separano non si vantano del fallimento, anzi spesso se ne vergognano. Si era investito tanto e invece… è crollato tutto. 

Una persona vicina, una volta, mi ha detto: “Ho pianto tutte le notti per un anno, prima di prendere la decisione. Purtroppo, lui aveva delle dipendenze e non era disposto a farsi aiutare… Non ce la facevo più”. 

La torre di Babele non è caduta perché chi la costruiva voleva che cadesse, non c’era del dolo. È caduta perché ci sono stati dei problemi. Le coppie spesso incontrano problemi e non sanno risolverli. 

Non possiamo solo dire loro che sbagliano a separarsi quando la crisi è giunta al suo culmine: dobbiamo anche offrire gli strumenti (intercettiamo i fidanzati soprattutto! Inventiamoci cose nuove, lasciamoci stupire dalla creatività dello Spirito Santo per raggiungerli…) e facciamoci prossimi, in ogni modo possibile.

Immaginiamo che un medico, vedendo una persona che sanguina, si limiti a dire: “Che stupido, si è tagliato la mano!” oppure: “Che disastro! Sangue, dappertutto!”.

Un medico non si limita a constatare o a dare giudizi: un medico cura!

Proviamo a fare nostro questo atteggiamento, noi sacerdoti o sposi cristiani, di fronte a famiglie sanguinanti. E, se possibile, forniamo gli strumenti ai fidanzati perché non arrivino a farsi quelle ferite.

Leggi anche: Nel tempo della crisi coniugale serve una grande preghiera (puntofamiglia.net)

Certo, non si può essere buonisti. Il buonismo non serve. Se ti arriva in pronto soccorso una persona che perde sangue è normale che qualcosa è andato storto, lì, e bisogna prenderne atto. Si cura un male solo se lo si vede e lo si chiama per nome. Però, attenzione a non sparare a zero sulla persona. A non finire per ucciderla, infierendo, invece di aiutarla a guarire. 

Non sto dicendo che, in nome della delicatezza, noi cristiani dobbiamo tacere. Non dobbiamo stancarci di proporre il matrimonio come Dio lo ha pensato, però, accanto a questo annuncio, dobbiamo anche dire alle persone che non sono sole, che Dio si sporca le mani nel fango insieme a loro. Che noi, amici, sacerdoti, parrocchie, comunità, gruppi di famiglie, medici, psicologi siamo disposti a sporcarci le mani con loro.   

Avendo ricevuto tanti doni nel mio matrimonio, sento il dovere di condividerli. Vorrei, innanzitutto, che i futuri sposi sapessero che l’indissolubilità che la Chiesa propone non è una condanna, ma un dono. Se io e mio marito siamo stati capaci di costruire in modo solido la nostra unione non è solo per il nostro impegno o perché la Chiesa ci diceva che separarsi è peccato: la nostra casa sta in piedi soprattutto perché abbiamo con noi – sempre! -un architetto formidabile: il Signore.

Parliamoci chiaro, far durare una relazione per tutta la vita è tutt’altro che automatico, Gesù lo sa. Per questo vuole aiutarci. E lo fa, eccome se lo fa. 

Lui è fedele e permette a noi di vivere la fedeltà; Lui insegna la gratuità e ci aiuta concretamente a vincere l’egoismo; Lui è chiarezza e verità, ci aiuta a vincere le incomprensioni; Lui è maestro di perdono e ci aiuta a fare degli esami di coscienza personali prima di attaccare l’altro. 

Lui è il miglior architetto e anche il miglior personal trainer, se si vuole imparare ad amare. 

Come ogni allenatore serio, non condanna il suo allievo perché si trova ad uno scarsissimo livello in partenza, ma darà tutto sé stesso per farlo progredire giorno dopo giorno. Dunque, non diciamo alle persone che “devono stare insieme tutta la vita”, ma chiediamo loro: “Volete un amore totale, libero, autentico, che punti al per sempre? Perché se è così, se sognate questo, consociamo qualcuno che può aiutarvi… lo sta già facendo con tante altre coppie!”.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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