EDUCAZIONE DEI FIGLI

“Non gli ho dato limiti da bambino, oggi ho paura di mio figlio”: la storia di Pietro

Oggi la testimonianza di un papà: “Siamo arrivati in Italia senza nulla. Io avevo tanta voglia di rimboccarmi le maniche, per dare alla famiglia un futuro migliore. Abbiamo fatto tanti sacrifici. Col secondo figlio, però, abbiamo sbagliato. Volevamo evitargli la fatica. Gli abbiamo permesso tutto… Oggi non lavora e fa uso di droghe…”.

Durante un viaggio in treno ho avuto occasione di conoscere un uomo nato e cresciuto in un paese della ex Jugoslavia, lo chiameremo Pietro per tutelare la sua privacy. Pietro vive in Italia dall’età di 26 anni e ora ne ha quasi 60. È padre di due figli e ha fatto una vita di duri sacrifici. 

Mia moglie ha partorito la prima volta nei sotterranei di un ospedale, mentre fuori impazzava la guerra… e io ero fuori, in quel momento, non vicino a lei come avrei voluto, per dare una mano al mio popolo. Speravo di veder crescere mia figlia, ma ogni giorno avevo paura di morire e di lasciarla orfana. Ho visto andarsene tanti amici in modo disumano.

Le sue parole mi sono suonate terribilmente attuali, pensando ai racconti che ci giungono dalla martoriata Ucraina.

Siamo arrivati in Italia senza nulla. Io, però, avevo tanta voglia di rimboccarmi le maniche, per dare alla mia famiglia un futuro migliore. Ho fatto ogni tipo di lavoro, pur di potermi permettere un affitto e di veder crescere serena la mia bambina. Anche mia moglie ha fatto qualunque cosa: pulizie, cameriera. Sempre lavori precari, ma non ha mai rifiutato nulla e non è stata mai senza far qualcosa. Eravamo qui da soli, senza parenti che ci aiutassero, è stata un’impresa con la bimba piccola… quando magari si ammalava… ma ce l’abbiamo fatta, con l’aiuto di vicini di casa che sono stati angeli… Hanno visto la nostra fatica, il nostro bisogno e ci hanno alleggerito ogni volta che potevano. Siete davvero un popolo accogliente, lo sai?

Sorrido, aspettando che continui la sua storia. 

Poi, quando abbiamo iniziato a respirare, quando la vita era ormai più tranquilla, abbiamo accolto il nostro secondo figlio. Non so cosa abbiamo sbagliato con lui, forse tutto.

Si fa cupo in volto.

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Volevamo che i nostri ragazzi avessero più di noi, che non dovessero faticare come somari, che avessero una vita più appianata. La vita era stata troppo dura con noi, volevamo che loro fossero tranquilli, ma forse, il secondo figlio, lo abbiamo protetto ancora di più della prima. Lo abbiamo viziato, coccolato. Lo sgravavamo di ogni peso. Eravamo abituati a faticare ed eravamo disposti anche a farlo al posto suo. La ragazza più grande è molto responsabile, è sposata, mi ha fatto diventare nonno… Lavora, cura la casa, fa scelte oculate. Ha capito che nella vita si va avanti solo facendo sacrifici e inseguendo dei sogni… Il fratello, invece, non ha preso nulla da lei. E nemmeno da noi…

Si interrompe, sospira.

Sto tornando a casa, ora, dopo essere andato a parlare in una comunità per tossicodipendenti. Mio figlio ha lasciato il lavoro, gioca ai videogame tutto il giorno e ha la dipendenza dalla droga. Ci sembrava di avergli dato tutto. E sai qual è la verità? Che gli abbiamo dato troppo.

Sono rimasta senza parole al sentire il racconto di Pietro. Lui, da ragazzo, non ha avuto nulla e si è rimboccato le maniche anche solo per sopravvivere. Il figlio, nato e cresciuto in una terra molto più prospera, in un momento in cui la famiglia si era ormai stabilizzata, in tutti i sensi, non ha saputo diventare grande, non si è accorto dei sacrifici dei genitori, e ora sta buttando la sua vita.

Perché?

È vero che l’uomo tante volte nella prosperità non comprende, ma questa storia ha dell’incredibile e come madre mi interpella. 

No, non serve la guerra per crescere dei figli responsabili. Pietro lo sa.

Non gli abbiamo mai detto dei no. Tutto ciò che voleva noi glielo davamo… se andava male a scuola non ci arrabbiavamo. Avevamo visto molto di peggio di un cinque su un foglio, non riuscivamo ad arrabbiarci. Ci dicevamo che sarebbe cresciuto, non davamo peso. Non davamo peso alle scaramucce coi compagni, o quando le maestre ci dicevano che era un po’ bulletto. Crescerà… crescerà… crescerà… ed è cresciuto… ma ciò che non abbiamo corretto allora, adesso si è ingigantito… è stato fermato due volte dai carabinieri.

Pietro, con le lacrime agli occhi, perfettamente consapevole dei suoi errori e lucido come pochi altri nella sua situazione, mi ricorda che l’abbondanza e l’iper-protezione possono fare danni. Che i “no” servono, servono come il pane per crescere. Che un figlio senza limiti, penserà di poter fare, nella vita, tutto quello che vuole. I genitori stessi diventeranno suoi ostaggi. La forza fisica diventa brutalità, non fortezza che protegge. 

Abbiamo paura di nostro figlio, vorremmo tagliare i viveri, per scuoterlo, ma abbiamo paura.

Sono passati sei mesi da quando ho parlato con Pietro. Non so cosa sia accaduto a lui e alla sua famiglia, nel frattempo. Ma non mi sono mai dimenticata di quel sabato pomeriggio in treno e da allora mi sono ripromessa di pregare per lui e, da madre, di fare tesoro del suo doloroso racconto.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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