STORIA DI UNA RAGAZZA MADRE

“Il mio compagno mi ha lasciato quando ha saputo che ero incinta”

gravidanza

di Lisa Zuccarini

La mia amica Antonella mi confida: “Sono incinta!”. Gioisco con lei, chiedo di quanto, chi è il fortunato papà, come sta. Scopro che partorirà un maschietto a luglio e che il padre, un incredibile ingegnere di quelli dai ruoli importanti, non ha intenzione di occuparsi della faccenda… Antonella ce la farà, ha una famiglia alle spalle. Quante donne invece sono sole?

In fila alla cassa sei, ho il naso ficcato nel portafogli alla ricerca della carta fedeltà perduta, tra tessere sanitarie di prole e marito e biglietti da visita di pediatri di mezzo globo. Sento chiamarmi, all’inizio do per scontato ci siano altre Lisa attorno, poi la voce si fa insistente. Alzo lo sguardo in direzione di non so chi e vedo alla cassa quattro una donna bellissima, cappotto nero lungo, tacco sette e capello preciso, che mi fa ciao con la manina. E non ho la minima idea di chi sia. Indicandosi sussurra “sono Santa Nonna”, credo, almeno leggo dal labiale. Capisce che non ho capito e da prode donna della giungla urbana abbandona la sua postazione faticosamente conquistata e mi raggiunge seguita dal suo fedele carrellino. “Sono Antonella!”.

Oh, per la miseria! Antonella, ma certo. Non ci vediamo dai tempi dell’università e non so come abbia fatto a riconoscermi sciroccata come mi trovo. Ci abbracciamo e baciamo e al riparo da orecchie indiscrete nel reparto cibo per cani cominciamo a parlarci fitto. Antonella è un chirurgo, vive nella capitale da anni, ma torna a far visita ai suoi qui vicino quando può, non ne avevo idea. È una delle teste pensanti più in gamba che abbia conosciuto, un medico con una carriera strameritata.

Mi chiede che faccio, dove lavoro. Le riassumo brevemente le puntate precedenti, sono diventata moglie e mamma h24, il camice soppiantato dal canovaccio sporco di ragù.

“Quanti figli hai?” chiede entusiasta.

“Due”, rispondo con sospetto, perché la sua non è la reazione solita che hanno le persone quando dico che ho mandato all’aria anni di studi. Ma lei mi prende una mano e in tono cospiratorio dice: “Sono incinta!”.

“Oh, che gioia! Sono davvero felice, che bellezza!”.

Le chiedo di quanto, chi è il fortunato papà, come sta.

Scopro che Antonella partorirà un maschietto a luglio, e che il padre, un incredibile ingegnere di quelli dai ruoli importanti, non ha intenzione di occuparsi della faccenda, cioè non intende formare famiglia e avere a che fare con i retaggi di un’epoca passata, lo stare insieme perché si ha un figlio in comune e prendersi delle responsabilità verso la vita generata dal frutto dei propri lombi.
Roba da strozzarlo.

Antonella fa un cenno con la mano, come a dire che è tempo perso. 

“Speravo fosse innamorato…”, aggiunge, ma non era così. Il suo lavoro viene prima.
Lei però sta bene e il piccolo anche, lo annuncia raggiante. È felice, dice. 

Le credo, lo vedo.

Leggi anche: Donne incinte o con bimbi piccoli: quali difficoltà? Le iniziative del CAV Mangiagalli (puntofamiglia.net)

“Come farai? Hai bisogno di qualcosa? Posso aiutarti in qualche modo?”, parto in quarta, perché la mamma solidale che è in me si è coalizzata con la donna della lega contro le ingiustizie umane che le abita vicino, e insieme devono aiutare Antonella ad ogni costo, questa mamma coraggiosa che ha l’aria di portare dentro di sé un giubileo colossale.

Antonella dice che non ha bisogno di molto, per ora, ha chiesto già l’aspettativa tra molti indugi dei suoi colleghi e qualche incoraggiamento in separata sede.

“Lavorerò finché potrò, poi tornerò qui, non me la sento di fare tutto da sola, almeno non all’inizio! E chi l’ha mai visto come si cambiano i pannolini! I miei mi aiuteranno, voglio dare a questo bimbo tutti gli affetti che posso, finché loro sono in forze…”.

“E poi tornerai a Roma?”.

“Boh, vedremo. Magari apro uno studio privato qui vicino, magari torno lì, non lo so. Ho scoperto che l’idea di diventare mamma mi piace, non l’avrei mai detto!” e ride a bocca chiusa, incassando la testa nelle spalle, un po’ innocente e un po’ emozionata per l’enormità di ciò che la attende.
La abbraccio forte, e in questo abbraccio a tre sento che una mamma è nata sul serio, una donna che sta facendo spazio dentro di sé per ospitare una nuova vita, un nuovo inizio, una bellezza e il suo ignoto.

Le do il mio numero, prendo il suo. Perché le mamme vanno supportate a fatti, oltre che a parole, quindi comincio a fare la lista mentale di tutto ciò di cui avrà bisogno a giugno, e di cose ce n’è, ma taccio perché le donne vanno accompagnate e non spaventate senza motivo. Tutto si può affrontare, a tutto ci si può preparare, tanto più ad un evento vecchio come il cucco quale è la nascita.
L’importante è non lasciare soli, perché è lì che le difficoltà triplicano sopraffacendo, e il rischio di fare scelte tragiche dettate dalla difficoltà del momento aumenta spropositatamente.
Questa donna è fortunata, ha affetti che le faranno da sponda, una sicurezza economica, un posto dove stare. Nonostante tutto, può farcela benissimo, e lo sa. Penso con una stretta al cuore a tutte quelle che invece hanno scelte da fare più estreme e complesse, a quante madri si negano la maternità con dolore. 

Questa dei giorni nostri è un’ingiustizia sociale.

La felicità di madre e figlio andrebbero difese, a corpo, insieme, da tutti.

Quante vite vivrebbero, e quante donne non farebbero i conti con un dolore ancestrale!
Con Antonella ci diamo appuntamento al mese successivo quando tornerà da queste parti, devo portarla a vedere i passeggini con la navetta, e a fare training autogeno.

A maggio comincerò a preparare le provviste per quando tornerà a casa col bambino e lei e i nonni saranno assorbiti dal pupo. Le surgelerò qualche teglia di lasagna.

“Antone’, ti piacciono le lasagne?”.

“Sì perché?”.

“No niente, ne riparliamo a giugno”.




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