CORRISPONDENZA FAMILIARE

La verità, nient’altro che la verità. Vincere l’ignoranza e la menzogna

30 Gennaio 2023

Nei colloqui con le donne che vogliono abortire spesso è sufficiente parlare del bambino, del “loro” bambino. Si tratta semplicemente di aiutare la mamma ad aprire gli occhi per ri-conoscere che non porta in grembo qualcosa ma un figlio, un essere piccolo e indifeso. È un servizio alla verità.

Da anni si discute di immigrazione, un fenomeno complesso che assume un ruolo sempre più rilevante perché cambia il volto della nostra società e costringe tutti a vedere l’altro con occhi nuovi. Noto però una stridente contraddizione. Da una parte, e con buone ragioni, si chiede alla politica e alla società di aprire gli spazi dell’accoglienza perché tutti hanno diritto ad avere una vita più dignitosa; dall’altra parte, in modo del tutto irragionevole e contraddittorio, si chiede di chiudere gli spazi a quei clandestini che sono già a bordo, cioè a quei bambini che, dopo essere stati invitati al banchetto della vita, sono considerati ospiti indesiderati, vengono abbandonati in mare. Eppure sono figli come gli altri, hanno gli stessi diritti. A cominciare dal diritto a nascere.

I volontari di Progetto Famiglia – Vita, un’associazione che promuove l’impegno per l’accoglienza dei bambini non ancora nati, a volte incontrano mamme che pensano di abortire. Anzi, vi sono quelle che hanno già scelto di sopprimere la vita e sono certe della propria decisione. Ritengono di avere buoni motivi per fare questo passo. A prima vista è una mission impossible. In questi casi i volontari non cercano di convincerla a cambiare idea. È sufficiente parlare del bambino, del suo bambino. Si tratta semplicemente di aiutare la mamma ad aprire gli occhi per ri-conoscere che non porta in grembo qualcosa ma un piccolo bambino. È un servizio alla verità. Dovrebbe essere naturale, quasi scontato. Se tutti i soggetti in gioco – dal medico ai mezzi di informazione – avessero il coraggio di dire la verità, pur lasciando la scelta alla coscienza della donna, penso che gli aborti sarebbero pochi. La verità, nient’altro che la verità. 

A volte la paura offusca lo sguardo della mamma e le impedisce di riconoscere che porta in grembo una creatura. E difatti non lo chiama neppure bambino, per lei è solo un problema. Non cerca di dargli un nome, rimane per lei come una cosa senza volto. Facciamo così anche noi quando vogliamo rompere i ponti con una persona, non la chiamiamo più per nome, ci limitiamo a dire quello lì, o quella là. La donna fa di tutto per staccarsi da lui, prima di giungere all’intervento che separa definitivamente madre e figlio, si è già attuato un progressivo allontanamento. La mamma alza un muro tra lei e il bambino, non lo vuole vedere né vuole sentire il battito del cuore. Un muro fatto di silenzio e di paura. Rifiuta di vedere la realtà. Si comporta come chi si chiude in casa e spranga porte e finestre per paura di essere derubato. In questo caso, però, il ladro è già entrato in casa, si è intrufolato e nascosto in un angolo. Occorre perciò mandarlo via. È questa la tragedia dell’aborto: la mamma scambia per ladro quello che invece è suo figlio, scaccia dal grembo colui che in esso aveva trovato il suo primo e unico rifugio. 

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Nella Bibbia c’è una pagina particolarmente significativa. Mosè viene alla luce nel momento peggiore, quando il Potere obbliga le donne ebree a sopprimere tutti i figli maschi. Non potendo trattenerlo presso di sé, la mamma lo mette su un cestello e lo depone nelle acque del Nilo. La Provvidenza vuole che proprio quel giorno la figlia del faraone scende nel fiume per fare il bagno e trova questo cesto galleggiante. Il racconto è commovente: “L’aprì e vide il bambino: ecco, il piccolo piangeva. Ne ebbe compassione e disse: È un bambino degli Ebrei” (Esodo, 2,6). È un bambino! Non importa a quale popolo appartiene. Non importa se la Legge ha decretato di eliminare rischi e pericoli, uccidendo i bambini nel loro primo apparire. È un bambino! Questa verità viene prima di ogni altra legge scritta dagli uomini. Il piccolo Mosè trova accoglienza e riceve la possibilità di crescere e diventare quello che Dio ha pensato per lui.

La certezza di portare in grembo un bambino vince la paura e dona il coraggio di accogliere la vita anche quando oggettivamente mancano le condizioni per accoglierla. I volontari di Progetto Famiglia – Vita ne avrebbero di storie da raccontare. Alcune più drammatiche di altre, casi in cui davvero pare che l’aborto sia l’unica soluzione per salvaguardare altri valori. Eppure, anche in questi casi, a volte, riusciamo a far vincere la vita. E sono proprio queste situazioni complesse – in cui ogni battaglia sembra persa in partenza – a farci comprendere che occorre sempre dire una parola per incoraggiare ad accogliere la vita. 

“Nessuno può vantare però diritti sulla vita di un altro essere umano, specialmente se è inerme e dunque privo di ogni possibilità di difesa” (9 gennaio 2023). Papa Francesco ha scelto la cornice più solenne, l’annuale incontro con gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, per ricordare che l’aborto non è un diritto ma un delitto. Lo ha detto con chiarezza e ha invitato i responsabili della vita politica a fare tutto il possibile per favorire la vita, in tutte le sue diverse stagioni: “Faccio, dunque, appello alle coscienze degli uomini e delle donne di buona volontà, particolarmente di quanti hanno responsabilità politiche, affinché si adoperino per tutelare i diritti dei più deboli e venga debellata la cultura dello scarto, che interessa purtroppo anche i malati, i disabili e gli anziani”. 

Continua a parlare e non tacere”, dice il Signore all’apostolo Paolo (Atti, 18,9). Un comando che vorrei consegnare al popolo della vita, a quanti credono che l’accoglienza della vita umana sia un segno di civiltà. “Cari amici, continuate a servire la vita, non importa se vi scontrate con un Potere mediatico che soffoca la verità. Non importa se talvolta anche all’interno della comunità trovate tanta indifferenza. Ricordate che siete gli ambasciatori del Dio della vita, custodi e difensori di quel bambino che non ha altra voce se non la vostra. Siate certi che i Santi che in terra hanno testimoniato l’amore per i più piccoli, dal Cielo continuano il loro impegno e intercedono per voi. Andate con il coraggio degli umili”.




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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