VITE DEI SANTI
San Massimiliano Kolbe: una luce splendeva nel buio di un lager
San Massimiliano si è fatto uccidere nel campo di concentramento al posto di un altro prigioniero, ma è morto con una pace indescrivibile. Mi ricorda che non ho scuse: non posso incolpare gli altri della mia infelicità, la vera felicità sta nell’avere un rapporto speciale con Dio e la sua dolcissima Madre. Quello nessuno ce lo può impedire: nemmeno le SS, in un campo nazista.
C’è un santo che mi colpisce e mi toglie il respiro quando ci penso, tanta è la bellezza che emana. Quando perdo la speranza, guardo un suo dipinto, penso a lui, lo prego e sento che la forza del bene torna a imporsi davanti ai miei occhi e nel mio cuore.
Sto parlando di San Massimiliano Maria Kolbe, sacerdote e francescano polacco, che si offrì di prendere il posto di un padre di famiglia, destinato al bunker della fame nel campo di concentramento di Auschwitz. Fu dichiarato santo nel 1982 da san Giovanni Paolo II.
Nella Chiesa dove faccio catechismo e dove spesso partecipo a Messa, c’è una sua immagine gigante.
Mi perdo a guardarlo, ci parlo, gli chiedo di farmi partecipe, almeno un po’, del suo segreto. Anche io voglio portare speranza in un mondo senza speranza, voglio parlare di amore in mezzo alle bruttezze di questa società. Voglio ricordare che esiste la vita eterna, per la quale vale anche la pena di perdere questa, di vita.
Oggi, 27 gennaio, è il Giorno della Memoria: una ricorrenza internazionale, celebrata ogni anno come giornata per commemorare le vittime dell’Olocausto.
È bene riflettere sulle atrocità di cui è capace l’uomo: quando è schiavo della furia satanica, diventa davvero più feroce di una bestia.
In questi giorni i documentari, i racconti dei sopravvissuti, le immagini che circolano sui social ci stanno riportando ad un periodo storico buio. Ci ricordano che milioni di uomini, donne, bambini sono stati uccisi, mentre milioni di persone si sono rese complici di un sistema di morte (no, la colpa non è mai di uno solo!).
Eppure, in mezzo a tanta crudeltà, vediamo delle luci brillare. Sono i santi. Coloro che pure nelle tempeste più forti e assurde, mantengono una letizia inspiegabile nel cuore.
Un giorno passeggiavo con un’amica. Era molto giù e si era lasciata andare a discorsi disfattisti del tipo: “In che mondo viviamo? Dove andremo a finire?”.
Avete presenti quelle giornate no, in cui vi pare di vedere solo schifo?
Ecco, per la mia amica era una di quelle. Ricordo di averle detto: “Certo, capisco, ci sentiamo tutti così a volte! Però quando mi succede, spesso penso a San Massimiliano Kolbe, mi dà la carica…”
Lei non lo conosceva, così gli ho raccontato alcuni aneddoti…
Leggi anche: Auschwitz: come è possibile che la mente umana abbia generato tanto male? (puntofamiglia.net)
San Massimiliano aveva una dolcezza unica, era legato alla Madonna (infatti faceva parte della Milizia dell’Immacolata) e aveva un carattere molto socievole.
Era un uomo molto profondo, che amava lo studio e la comunicazione. Si impegnò, attraverso la stampa e la radio, a diffondere l’amore per la Madonna, consapevole di vivere in un momento storico particolare, dove le ideologie totalitarie stavano iniziando a incutere veramente timore.
Fu missionario in vari luoghi, tra cui India, Giappone, Lettonia…
La testimonianza di fede più grande, però, la diede campo di concentramento di Auschwitz, dove venne immatricolato con il numero 16670 e addetto a lavori umilianti come il trasporto dei cadaveri. Più volte fu malmenato, ma non rinunciò mai a soccorrere e confortare gli altri compagni di prigionia. A volte celebrò la Messa di nascosto e continuò sempre ad operare come sacerdote, portando a tutti la carezza di Dio.
Un giorno, un prigioniero fuggì e i nazisti selezionarono dieci persone della stessa baracca per farle morire nel cosiddetto bunker della fame.
Uno dei dieci condannati, Franciszek Gajowniczek, scoppiò in lacrime, dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava. Kolbe, senza esitazioni, uscì dalle file dei prigionieri e si offrì di morire al suo posto. Gli fu concesso, sebbene non fosse scontato: i campi di concentramento erano infatti concepiti per spezzare ogni legame affettivo e i gesti di solidarietà non erano accolti con favore.
Kolbe venne quindi rinchiuso nel bunker. Dopo due settimane di agonia senza acqua né cibo la maggioranza dei condannati era morta di stenti, ma quattro di loro, tra cui Kolbe, erano ancora vivi e continuavano a pregare e cantare inni a Maria.
Il sacerdote aveva un volto radioso, il suo spirito era in pace: questo impressionò le SS addette alla guardia, che furono scioccate da un modo così singolare di vivere l’agonia. Come poteva essere nella gioia in quelle condizioni? Da dove veniva quella pace?
Kolbe e i suoi compagni vennero uccisi il 14 agosto 1941, vigilia della Festa dell’Assunzione di Maria, con una iniezione di veleno.
Secondo la testimonianza di Franciszek Gajowniczek, Padre Kolbe disse a Hans Bock, incaricato di effettuare l’iniezione mortale nel braccio: «Lei non ha capito nulla della vita…» e mentre questi lo guardava con fare interrogativo, soggiunse: «…l’odio non serve a niente… Solo l’amore crea!». Le sue ultime parole, porgendo il braccio, furono: «Ave Maria».
Io questo sacerdote lo amo perché mi ricorda che non ho scuse, che non posso incolpare gli altri della mia infelicità: perché la vera felicità sta nel coltivare un rapporto speciale con Dio e la sua dolcissima Madre. E quello nessuno ce lo può impedire: nemmeno una SS, in un campo nazista, nemmeno la mancanza di cibo e di acqua.
Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia
Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
Lascia un commento