PERDERE UN FIGLIO

Bimbo muore schiacciato dalla madre che lo allatta: si può trovare un senso a tanto dolore?

statua angelo

Bimbo di tre giorni muore in ospedale a Roma, schiacciato dalla madre che lo allatta. La donna è sotto shock, il padre è arrabbiato con il personale sanitario. Siamo vicini al dolore profondo della famiglia e nel rispetto del dramma cerchiamo di offrire una luce, raccontando la storia di Lucia: lei si è perdonata e ha ritrovato sua figlia in modo nuovo, affidandosi a Dio.  

Roma, 8 gennaio. È notte, in un ospedale una donna stremata dal parto si addormenta sopra al figlio di tre giorni mentre lo allatta, il piccolo muore. Si apre ora un’inchiesta. La madre è sotto shock, il padre accusa il personale sanitario: perché nessuno ha controllato che il bambino fosse rimesso in culla? Perché proprio a loro? Perché le regole anti-covid non permettono ancora ai famigliari di assistere le neo mamme – che dopo 17 ore di travaglio possono non essere lucide e in forze?

Tante domande, tanti perché senza risposta, tanti rimpianti per una vita spezzata troppo presto e nel modo più doloroso possibile. 

Mentre cerco di raccogliere le idee per scrivere uno dei pezzi più difficili della mia vita, alzo gli occhi verso il crocifisso, e chiedo: “Gesù, cosa diresti tu a questa mamma?”

Subito vedo Maria. La vedo lì, sotto alla croce di questa donna. E chiedo proprio alla Madonna di asciugarle le lacrime, di portarla oltre la morte.

Il marito di Chiara Corbella, Enrico, dopo aver vissuto la dolorosa esperienza della perdita di due figli, deceduti entrambi poche ore dopo il parto, risponde così a chi vorrebbe che lui e Chiara si chiudessero alla vita: “Noi siamo chiamati a generare per la vita eterna. Ci chiede questo il Signore… e io che faccio, gli dico di no?”.

Certo, il dolore, pur credendo nella vita eterna, può essere lacerante e ha bisogno di tempo per essere lenito. Perché quando un figlio muore, manca nella carne. Tantopiù se ci si sente responsabili della sua perdita. In certi casi, l’anima è così straziata che sembra non servire nulla: l’amore dei famigliari, degli amici.

Non so cosa direi a questa mamma, se non che sento il suo dolore in ogni fibra del mio essere e che le sono vicina, ma poiché so di non poterla comprendere appieno, né di poterla consolare come vorrei, lascio la parola a chi una sofferenza simile l’ha vissuta.

La testimonianza di Lucia, orfana di sua figlia

Lucia è una donna che ha dovuto salutare la sua bambina subito dopo averla conosciuta e che, pur non essendo direttamente responsabile della sua morte, si è sentita a lungo in colpa per la patologia che le ha trasmesso e che non ha permesso alla piccola di sopravvivere.

Leggi anche: Lutto perinatale: un dolore poco riconosciuto nella nostra società (puntofamiglia.net)

Lucia si sentiva sbagliava e i primi tempi dopo la morte della bimba viveva con il cuore spaccato in due: da un lato era grata per averla avuta, dall’altro logorata per il fatto di non averla più.

I primi mesi sono stati per lei i più difficili e dolorosi: la sofferenza si imponeva con la forza di un uragano e la sbatteva a terra senza pietà.

Lucia ha accolto i suoi stati d’animo, li ha attraversati, e ha gridato a Dio. Avrebbe potuto chiudersi, odiare quel Dio che aveva permesso una morte tanto ingiusta, ma non lo ha fatto. Anzi, ha cercato di avvicinarsi a lui, per vedere le cose dalla sua prospettiva. In questo modo ha capito che ogni volta che affidava a Dio il suo dolore, lì ritrovava sua figlia. 

Sentiva, nel profondo di sé, che solo con Dio un peso simile era sopportabile. E solo con Dio è riuscita a perdonarsi.  

Poi, la luce per Lucia è iniziata a sorgere durante un pellegrinaggio. 

Col marito, infatti, ha scelto di percorrere la via inglese del cammino di Santiago de Compostela. Un’esperienza che le ha dato tanto: un viaggio dell’anima, oltre che un viaggio esteriore. Ogni passo compiuto, ricorda, ha innescato un cambiamento nel suo cuore. Lì, la sua maternità “si è conclusa”, ha lasciato andare la parte più “fisica”. In quei giorni è riuscita anche a riscoprire il rapporto con il marito: “Se fino a quel momento pensavo che dopo la perdita di nostra figlia la mia vita non poteva trovare senso in altre cose, arrivati a Santiago e ritirata la Compostela vicaria per Gioia (la loro bambina), iniziai a sentire nel cuore che il nostro dolore era redento e che insieme a Carlo la mia vita aveva comunque uno scopo e mi resi conto di come indissolubile era diventata la nostra unione”.

Lucia non nasconde il suo travaglio, si è fatta aiutare molto da una psicologa, ha intrapreso un cammino spirituale intenso (io l’ho conosciuta in un ritiro dai frati), ma spiega che: “Abbracciare la propria croce e mettersi in cammino è accettare il dolore ed iniziare a guarire, ma per far questo bisogna innanzitutto fidarsi, anche di ciò che non si vede e non si capisce immediatamente, perchè lì dove pensavi ci fosse solo disgrazia è nascosto anche un misterioso senso di Vita”.

Gioia è stata desiderata per esser il frutto dell’amore tra lei e il marito, – racconta, con un sorriso che finalmente riappare sul suo volto – invece ora sono lei e il marito ad essere il frutto del suo amore. 

Lucia sta per dare alla luce due gemelline; la patologia non si è ripresentata e sa che non sarebbe la stessa donna, e nemmeno la stessa mamma, oggi, se non avesse accolto prima la loro sorellina volata in Cielo, che le ha spezzato e dilatato il cuore al tempo stesso.

Alla mamma e al papà di Roma, che si trovano nella fase inziale del lutto, vogliamo far arrivare la nostra solidarietà e assicurare le nostre preghiere.

Auguriamo loro che dopo questo momento di dolore accecante possano, come Lucia e suo marito, perdonarsi e ritrovare quel figlio vivo, in modo nuovo. Scoprire che lui vuole bene a entrambi e li attende in Cielo. E che li accompagna in ogni passo che sono chiamati a fare ancora qui, sulla terra.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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