UDIENZA DEL PAPA
Papa Francesco: riconoscere la vera consolazione di Dio e la finta consolazione del diavolo
Durante l’udienza di mercoledì 30 novembre, il Papa ha proseguito la sua riflessione sul discernimento, e in particolare sull’esperienza spirituale chiamata “consolazione”. Francesco si è chiesto: “Come riconoscere la vera consolazione?”. Esiste, infatti, anche una “finta consolazione”, che viene dal demonio. Come distinguere tra le due?
Una domanda molto importante per un buon discernimento, secondo papa Francesco, per non essere ingannati nella ricerca del nostro vero bene, è questa: “Come riconoscere la vera consolazione?”
Se lo è chiesto, davanti ai pellegrini, durante l’Udienza del mercoledì in Piazza San Pietro.
Poi, ha offerto alcuni criteri, che si trovano in un passo degli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola: “Se nei pensieri tutto è buono – dice Sant’Ignazio – il principio, il mezzo e la fine, e se tutto è orientato verso il bene, questo è un segno dell’angelo buono. Può darsi invece che nel corso dei pensieri si presenti qualche cosa cattiva o distrattiva o meno buona di quella che l’anima prima si era proposta di fare, oppure qualche cosa che indebolisce l’anima, la rende inquieta, la mette in agitazione e le toglie la pace, le toglie la tranquillità e la calma che aveva prima: questo allora è un chiaro segno che quei pensieri provengono dallo spirito cattivo” (n. 333).
Il papa non ha dubbi: “C’è una vera consolazione, ma anche ci sono delle consolazioni che non sono vere. E per questo bisogna capire bene il percorso della consolazione: come va e dove mi porta? Se mi porta a una cosa che va meno, che non è buona, la consolazione non è vera, è ‘finta’, diciamo così”.
Cosa significa, però, che il principio è orientato al bene? Il papa suggerisce alcuni spunti per capire meglio: “se ho il pensiero di pregare, e noto che si accompagna ad affetto verso il Signore e il prossimo, se invita a compiere gesti di generosità, di carità: è un principio buono. Può invece accadere che quel pensiero sorga per evitare un lavoro o un incarico che mi è stato affidato: ogni volta che devo lavare i piatti o pulire la casa, mi viene una grande voglia di mettermi a pregare! Succede questo, nei conventi. Ma la preghiera non è una fuga dai propri compiti, al contrario è un aiuto a realizzare quel bene che siamo chiamati a compiere, qui e ora”.
C’è poi il mezzo, poiché, appunto, Sant’Ignazio diceva che il principio, il mezzo e il fine devono essere buoni. “Se comincio a pregare e, come fa il fariseo della parabola (cfr Lc 18,9-14), tendo a compiacermi di me stesso e a disprezzare gli altri, magari con animo risentito e acido, allora questi sono segni che lo spirito cattivo ha usato quel pensiero come chiave di accesso per entrare nel mio cuore e trasmettermi i suoi sentimenti. Se io vado a pregare e mi viene in mente quello del fariseo famoso – “ti ringrazio, Signore, perché io prego, non sono come l’altra gente che non ti cerca, non prega” – lì, quella preghiera finisce male. Quella consolazione di pregare è per sentirsi un pavone davanti a Dio. E questo è il mezzo che non va”.
Leggi anche: Che cos’è la “consolazione spirituale” e quando si prova? Papa Francesco risponde (puntofamiglia.net)
E poi c’è il fine: “Dove mi porta un pensiero? Per esempio, dove mi porta il pensiero di pregare. Ad esempio, qui può capitare che mi impegni a fondo per un’opera bella e meritevole, ma questo mi spinge a non pregare più, perché sono indaffarato da tante cose, mi scopro sempre più aggressivo e incattivito, ritengo che tutto dipenda da me, fino a perdere fiducia in Dio. Qui evidentemente c’è l’azione dello spirito cattivo. Io mi metto a pregare, poi nella preghiera mi sento onnipotente, che tutto deve essere nelle mie mani perché io sono l’unico, l’unica che sa portare avanti le cose: evidentemente non c’è il buono spirito lì”.
Papa Francesco ci mette in guardia: “Lo stile del nemico – quando parliamo del nemico, parliamo del diavolo, perché il demonio esiste, c’è! – il suo stile, lo sappiamo, è di presentarsi in maniera subdola, mascherata: parte da ciò che ci sta maggiormente a cuore e poi ci attrae a sé, a poco a poco. Il male entra di nascosto, senza che la persona se ne accorga. E con il tempo la soavità diventa durezza: quel pensiero si rivela per come è veramente”.
Il pontefice invita allora ad “apprendere dalle esperienze, da quello che ci capita, per non continuare a ripetere i medesimi errori. Quanto più conosciamo noi stessi, tanto più avvertiamo da dove entra il cattivo spirito, le sue “password”, le porte d’ingresso del nostro cuore, che sono i punti su cui siamo più sensibili, così da farvi attenzione per il futuro. Ognuno di noi ha i punti più sensibili, i punti più deboli della propria personalità: e da lì entra il cattivo spirito e ci porta per la strada non giusta, o ci toglie dalla vera strada giusta”. “La consolazione autentica è una sorta di conferma del fatto che stiamo compiendo ciò che Dio vuole da noi”. È fondamentale conoscersi e riflettere su sé stessi: “bisogna capire, andare avanti nel capire cosa succede nel mio cuore. E per questo ci vuole l’esame di coscienza, per vedere cosa è successo oggi. ‘Oggi mi sono arrabbiato lì, non ho fatto quello …’: ma perché? Andare oltre il perché è cercare la radice di questi sbagli. ‘Ma, oggi sono stato felice ma ero noioso perché dovevo aiutare quella gente, ma alla fine mi sono sentito pieno, piena per quell’aiuto’: e c’è lo Spirito Santo. Imparare a leggere nel libro del nostro cuore cosa è successo durante la giornata. Fatelo, – si raccomanda Francesco – solo due minuti, ma vi farà bene, ve lo assicuro”.
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