Cosa significa aprirsi all’affido?

affido familiare

di Monica Vacca

“Abbiamo avuto la possibilità di prendere parte ad un incontro con una psicologa dei Servizi Sociali. Il tema era quello dell’affido. Guardai mio marito e gli dissi: ‘Vogliamo partecipare?’”. Da lì è iniziata l’avventura di Giulia e di tutta la sua famiglia. Un’avventura fatta di sorprese e fatiche, gioie e dolori, come ci raccontano loro stessi…

«La famiglia insegna a non cadere nell’individualismo e ad armonizzare “l’Io” con il “noi”. È lì che il “prendersi cura” diventa un fondamento dell’esistenza umana e un atteggiamento morale da promuovere attraverso i valori dell’impegno e della solidarietà». Sono le parole pronunciate da Papa Francesco in occasione di un convegno pastorale ed esprimono un messaggio ben chiaro: aprirsi al prossimo e prendersene cura. È sulla scia di queste ultime che oggi voglio raccontarvi la storia di Sofia e Giada − nomi di fantasia −, due sorelline che sono nate, per la seconda volta, quando hanno incontrato Giulia e suo marito.  

«Il nostro primo percorso di accoglienza − mi racconta Giulia − è nato a seguito di un cammino spirituale intrapreso con le suore della Sacra Famiglia. Un cammino da cui abbiamo imparato tanto, che ci ha trasmesso valori importanti e ricordato cosa vuol dire essere una famiglia cristiana. Abbiamo compreso il significato del “fare famiglia” e, soprattutto, del “dono”: bisognerebbe donarne una a chi ne è privo». 

Durante quel periodo, tuttavia, Giulia e il marito non erano ancora pronti all’accoglienza seppur, in cuor loro, nutrivano il desiderio di poter aiutare dei bambini in difficoltà: «È una di quelle cose che si custodiscono nel proprio cuore e a cui, presi da altro, non ci si pensa più».

«Successivamente − proseguono −, abbiamo preso parte ad un evento tenutosi a Spoleto. In quell’occasione abbiamo assistito alla testimonianza di una famiglia che aveva iniziato da poco un percorso di affido. Non eravamo a conoscenza di questa possibilità… ai nostri occhi si è aperto un orizzonte totalmente nuovo, che avremmo sicuramente potuto prendere in considerazione in un futuro».  

«Ed è successo, alla fine», afferma sorridendo Giulia: «Abbiamo avuto la possibilità, grazie alla nostra parrocchia, di poter prendere parte ad un incontro con una psicologa dei Servizi Sociali del nostro paese. Il tema era quello dell’affido. Guardai mio marito e − volgendo realmente lo sguardo verso di lui − gli dissi: “Vogliamo partecipare?“. La sua risposta fu positiva, così come quella dei miei figli, all’epoca di 13 e 15 anni».   

A seguito di questi incontri, questa splendida famiglia ha avuto la possibilità di poter accogliere Giada, una ragazzina di 14 anni con una lieve disabilità intellettiva, la prima di tre fratelli. 

Leggi anche: Una famiglia su cui contare… (puntofamiglia.net)

«Prima di conoscerla − continua a raccontarmi Giulia − abbiamo fantasticato molto sul suo aspetto, su come potesse essere. Devo ammettere che, però, la realtà non corrispose alle nostre aspettative. Ricordo che quando vedemmo Giada per la prima volta, indossava un cappotto che le andava piccolino, era molto trascurata».

«Durante il suo primo weekend trascorso a casa nostra, ha iniziato a parlarci delle sue abitudini, molto diverse dalle nostre… ma ciò non ci ha scoraggiato, infatti abbiamo continuato a viverci. Ricordo, poi, che ci parlò della sua sorellina Sofia, di 8 anni, che lasciava in lacrime ogni volta che veniva a casa nostra. Non ci pensammo due volte − affermano all’unisono −, ci rendemmo disponibili ad accogliere anche lei. I Servizi Sociali approvarono. Durante l’estate si stabilirono da noi».

«Ammettiamo − mi racconta Giulia − che il percorso non è stato per niente facile, anzi. È stato difficile, a tratti faticoso, soprattutto con Giada. A Sofia, invece, abbiamo dovuto spiegare che non eravamo i suoi genitori. Abbiamo preferito essere chiari, per non creare loro illusioni ed ulteriori sofferenze. Dopo i primi tre mesi, la situazione è comunque migliorata. Giada, grazie all’amore e all’affetto ricevuto, ha iniziato finalmente a prendersi cura di sé stessa. Era molto bella». 

Il percorso di affido di Giada e Sofia, sorelle legatissime, è durato 3 anni. Ogni 15 giorni, venivano accompagnate dai loro genitori ma ciò segnava molto le bambine, in modo negativo. Ogni progresso diventava vano.

«Ad oggi abbiamo la consapevolezza di aver aiutato quella famiglia − afferma dolcemente Giulia, con gli occhi quasi lucidi −, di aver fatto tutto ciò che era nelle nostre possibilità. Tuttavia, a volte ciò non basta. Il Giudice ha dichiarato il loro stato di adottabilità, ma solo Sofia ha trovato un’altra famiglia. Giada − quasi maggiorenne − ha raggiunto una sua parente al Nord Italia e ha proseguito lì la sua vita». 

«Abbiamo instaurato un buon rapporto. Le sentiamo regolarmente. Tornassimo indietro, sì… rifaremmo tutto da capo − i loro sguardi fieri confermano senza dubbio quanto stanno affermando −.  Consiglierei, tuttavia, a chi volesse intraprendere un cammino di accoglienza, un breve periodo di formazione, soprattutto quando i bambini hanno delle problematiche. A noi ha aiutato tanto la fede. Questo percorso richiede un pizzico di incoscienza e anche un po’ di pazzia… una pazzia d’amore! È stato bellissimo vedere la rinascita delle due bambine. Aggiungo che quest’esperienza non è stata l’unica: la nostra casa è grande, ciò significa che deve essere messa a disposizione degli altri!».

Se questa testimonianza ha smosso il tuo interesse verso l’Affido familiare e vuoi saperne di più o se desideri dare la tua disponibilità per donare una chance ad un bambino, chiamaci al numero verde 800.66.15.92 oppure clicca qui.




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