L’accademia di ginnastica di Desio, cittadina della Brianza è stata commissariata dopo le denunce di abusi da parte di atlete e genitori. L’accusa parla di pressioni psicologiche e vessazioni durante gli allenamenti, soprattutto in merito al mantenimento del peso piuma.
Sono state le madri di due ex atlete a presentare ad agosto un esposto alla procura della Repubblica di Brescia denunciando (senza però fare nomi) presunti abusi psicologici subiti dalle ragazze che si allenavano a Desio per mantenere il peso, vedendosi imposte diete molto ferree, oltre ad umiliazioni davanti alle altre ragazze. Anche tre atlete si sono unite denunciando pesantissime vessazioni psicologiche proprio legate a diete rigidissime.
Le testimonianze che in questi giorni i tg nazionali ci presentano proprio da parte delle atlete sono davvero molto forti e ci spingono a fare delle riflessioni. Lo sport a livello agonistico è faticoso e impegnativo. Lo scrivo da mamma con esperienza. Mio figlio ha praticato la disciplina del karate in un’accademia fin da piccolo partecipando anche ad alcuni europei e ai mondiali fino alla scelta universitaria. Si allenava con costanza e disciplina anche tutti i giorni prima di una gara importante ed era molto attento all’alimentazione in quei frangenti. A lui piaceva molto allenarsi, nonostante i sacrifici e lo studio spesso rimandato a sera tardi. Abbiamo litigato spesso per le priorità ma onestamente come genitori abbiamo visto tutti i benefici di quella disciplina sulla sua vita e sul suo modo di pensare.
Lo sport forgia molto l’io interiore oltre che il corpo e forma la capacità di ascoltare se stessi e di imparare cosa significano il sacrificio e le rinunce per raggiungere qualcosa di grande. I figli imparano che nella vita si raggiungono gli obiettivi insieme ad altre persone, imparano che vincere è bello, ma che vincere le proprie paure e riconoscere le proprie capacità ed i propri limiti è ancora più bello e più utile per la vita di ogni giorno. E poi c’è l’aspetto relazionale: con lo sport un figlio fa molte amicizie “sane”, aggiungo io.
In quegli anni ho anche compreso meglio l’importanza dei ruoli nella vita dei figli: il ruolo del “maestro” (detto così nel karate o allenatore in un altro sport), il ruolo dei professori, il ruolo dei catechisti… Insomma tutte le figure di riferimento impegnate nel raggiungere il traguardo della crescita dei nostri figli. È chiaro che il collante tra tutti devono essere i genitori chiamati a vigilare e garantire l’armonia del percorso.
Il problema è che spesso si assolutizza uno di questi riferimenti e nel caso dello sport agonistico si finisce che l’allenatore diventa quasi un dio assoluto, si crea un rapporto di dipendenza che non sempre è orientato al bene e alla crescita del figlio. Ecco perché è molto importante vigilare, pesare le rinunce richieste e soprattutto non essere tra quei genitori che spingono i loro figli a raggiungere traguardi che loro non hanno potuto o saputo realizzare. Bisogna insegnare loro che la vittoria ha lo stesso valore di un ultimo posto, se hai la consapevolezza di avercela messa tutta, sia in gara che in allenamento. Una metafora che vale nello sport come nella scuola o in altri percorsi.
L’agonismo, la competizione, il sacrificio sono tutti atteggiamenti sani quando non sconfinano nella mancanza di rispetto per se stessi, il proprio corpo (per cui abbiamo atlete spesso eteree, anoressiche o bulimiche…) e quello degli altri. È questo che dovremmo insegnare loro fin da piccoli. Lo sport è una disciplina per crescere ed essere persone migliori.
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