In Italia l’aborto è un diritto? Vediamo cosa dice la legge 194
3 Novembre 2022
La legge 194 sull’aborto riconosce la tutela del concepito. Lo Stato, le regioni e gli enti locali sono impegnati ad adottare altre iniziative necessarie “per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite”. L’aborto è permesso per ragioni gravi (di salute e di natura psicologica), ma non è garantito per legge come diritto. Ecco cosa si scopre andando alle fonti.
«…ha fondamento costituzionale la tutela del concepito, la cui situazione giuridica si colloca, sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie, tra i diritti inviolabili dell’uomo riconosciuti e garantiti dall’art. 2 della Costituzione, denominando tale diritto come diritto alla vita, oggetto di specifica salvaguardia costituzionale […] Di più, l’art. 1 della legge n. 194 del 1978 afferma che l’interruzione volontaria della gravidanza… non è mezzo per il controllo delle nascite [e che] lo Stato, le regioni e gli enti locali sono impegnati… ad adottare altre iniziative necessarie “per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite”. In dette proposizioni… è ribadito il diritto del concepito alla vita».
Sono passi tratti dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 35 del 30/1/1997, redattore Giuliano Vassalli, che respingeva un referendum richiesto dai radicali per una maggiore liberalizzazione dell’aborto rispetto a quanto previsto dalla 194, la quale lo aveva depenalizzato nel 1978.
È sempre istruttivo andare alle fonti, tanto più dinanzi alle argomentazioni urlate di questi tempi da coloro che si schierano per il “diritto all’aborto”.
Ebbene, le fonti ci dicono che tale diritto semplicemente NON ESISTE, poiché la legge si limita ad ammettere l’aborto a precise condizioni (pericolo per la salute fisica o psichica della madre) ma invitando a superare le “cause che potrebbero indurre” una donna a questa scelta così dolorosa.
Lo spirito, insomma, era quello espresso in un manifesto dai sostenitori della legalizzazione dell’aborto nel referendum del 1981: “Se sei davvero contro l’aborto, vota no” (all’abrogazione della legge). L’onorevole Antonello Trombadori, comunista che è stato a lungo collaboratore di Togliatti, disse chiaramente in una trasmissione radiofonica che “l’aborto è un crimine…sopprime un innocente, ma va legalizzato per impedire almeno che anche le madri muoiano” (a causa delle dolorose pratiche clandestine esercitate dalle ‘mammane’).
Lo stesso Enrico Berlinguer arrivò a scrivere, nero su bianco, sull’Unità (l’organo ufficiale del Partito comunista) le testuali parole: “Nessuno – io credo – che sia sano di mente può ritenere l’aborto un bene, un valore da perseguire, un diritto da conquistare” (cfr. L’Unità, 7 aprile 1981).
Insomma, c’è dell’ignoranza dietro al grido “diritto all’aborto”. Non si sa di cosa si sta parlando. Così come è una mistificazione della realtà dire che (come sosteneva pochi giorni fa in TV l’onorevole Zan) in certe regioni l’aborto sarebbe impraticabile per colpa dei medici obiettori. Basterebbe leggere l’ultima relazione al Parlamento del Ministro della Salute Roberto Speranza (ideologicamente non certo contrario all’aborto) per rendersi conto che si tratta di una vera e propria panzana.
Le cose sembrano dunque abbastanza chiare. Significa allora che noi siamo favorevoli alla legge? Diciamo che, a differenza di un incauto prelato, non la riteniamo un “pilastro” del nostro ordinamento, ma che è irrealistico pensare di abrogarla. Come ho già detto un’altra volta, poco prima dell’approvazione della 194 il Movimento per la vita presentò una proposta di legge di iniziativa popolare che, di fatto, depenalizzava l’interruzione di gravidanza (chi vuole sbattere in galera una povera donna che abortisce?) prevedendo tutta una serie di iniziative per la prevenzione di questa pratica, che era ed è – tra il resto – una vera piaga sociale.
La sentenza della Corte Costituzionale del 1997, sopra citata, va proprio in questa direzione, irrobustendo la parte preventiva della 194 e, di fatto, imponendo l’attuazione degli “speciali interventi” previsti dalla legge. Una sentenza che non a caso nomina più volte il “concepito”.
Si potrà mai arrivare a una pace sociale su questo tema che continua a lacerare le coscienze? La soluzione potrebbe proprio essere un aiuto sociale alla maternità: come dimostra l’azione dei CAV (Centri di Aiuto alla Vita), se una donna trova sostegno e amicizia può decidere di scegliere la vita. E c’è qualcosa di male nell’aiutarla?
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1 risposta su “In Italia l’aborto è un diritto? Vediamo cosa dice la legge 194”
Molto bello. Grazie.
Davvero chi (stra)parla di aborto come diritto non sa di cosa sta parlando. Il prof. Mussini dovrebbe andare in Televisione adire quello che ha scritto. Almeno su TV2000.