Oggi siamo chiamati ad andare a scuola da lei, la morte. È la fede che ce lo chiede. Noi tendiamo ad esorcizzarla, a dribblarla, a derubricarla dal capitolo della nostra esistenza. Un credente sa che la vera morte da temere non è quella del corpo, non è quella del distacco, ma quella eterna. Quella che segna non un passaggio alla Vita ma il capolinea, la fine di tutto.
In questi giorni abbiamo nella mia parrocchia pregato dopo la Santa Messa la novena per i defunti. Ogni sera c’è stata una bella e sentita partecipazione. Più che una devozione, è stato un gesto di amore. Lo percepivo negli occhi e nel cuore di quanti hanno partecipato. La commozione era palpabile. Tutti i presenti avevano qualcuno o più di uno da ricordare e da pregare. Perché l’amore questo fa. Quando si ama si desidera per l’altro la felicità. E un credente sa che questa felicità si chiama Vita eterna, Paradiso. Se dunque si può fare qualcosa come pregare o celebrare una Santa Messa per intenzione, un credente lo fa. È una forma di amore e di fede.
Noi, uomini e donne moderne, abbiamo intellettualizzato la morte e guardiamo dall’alto in basso queste pratiche devozionali come qualcosa di retrogrado e formale. Certo il rischio di fermarsi alla scorza è sempre in agguato come quello di mettersi a posto con la coscienza attraverso una novena. Ma questi momenti, se vissuti con fede, costituiscono delle opportunità per riflettere sulla nostra vita. e magari cambiare direzione, alzare gli occhi, spalancarsi ad un Oltre che oggi facciamo fatica a pensare. Eppure la nostra esistenza è un continuo prepararsi a quel momento decisivo: se avessimo questa consapevolezza quante cose potrebbero cambiare!
Santa Teresa di Gesù Bambino sapeva che per guadagnarsi il Paradiso bisognava essere santi. Nel suo Manoscritto scrive: “Ho sempre desiderato essere una santa, ma – ahimé – ho sempre accertato, quando mi sono paragonata ai santi, che tra essi e me c’è la stessa differenza che tra una montagna la cui vetta si perde nei cieli e il granello di sabbia oscura calpestato sotto i piedi dei passanti”. Teresa sa che c’è una sproporzione tra la nostra vita e quella che anela al Cielo ma non si scoraggia anzi ella sa che: “Il buon Dio non può ispirare desideri inattuabili, perciò posso, nonostante la mia piccolezza, aspirare alla santità”.
Così si mette a “cercare il mezzo di andare in cielo per una via ben dritta, molto breve, una piccola via tutta nuova”. Cerca e scopre nella Parola il segreto: “l’ascensore dì che deve innalzarmi fino al cielo sono le vostre braccia, Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, al contrario bisogna che resti piccola, che lo divenga sempre più”. Teresa ha fiducia che chi resta unito a Gesù non deve temere la morte perché avrà la Vita. Chiediamo questo: amore e fiducia. La via sicura e diritta per il Cielo.
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